Vittorio Lussana

Intervista all’imprenditrice culturale, giornalista e scrittrice alla ricerca di un nuovo equlibrio nei rapporti di genere all’interno della nostra società

Per fortuna, a qualcuno ogni tanto viene un’idea. E’ stato questo il nostro primo pensiero, ripensando a quel bisogno di dialogo che la realtà di tutti i giorni ci detta. E così, nei giorni della Festa del cinema di Roma, il Museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ha ospitato un evento speciale ideato da Claudia Conte, giornalista, scrittrice e imprenditrice culturale, promosso da Ferrara Film Festival e dalla commissione Cultura della Camera dei deputati. Una bella riflessione collettiva, che ha cercato di porre in evidenza il contributo storico delle donne nella società italiana di oggi e nel panorama cinematografico, promuovendo un dialogo aperto su parità, rappresentazione e inclusione. Il confronto è stato moderato dalla stessa Claudia Conte, da sempre attivista nella promozione del talento delle donne e condirettrice artistica del Ferrara Film Festival. All’incontro hanno partecipato: Luana Toniolo, direttrice del Museo nazionale Etrusco; Manuela Maccaroni, presidente dell’Osservatorio per la Parità di genere presso il ministero della Cultura; Gabriella Buontempo, presidente del Centro sperimentale di cinematografia; Federica Lucisano, produttrice cinematografica. Al termine, si è tenuta una breve cerimonia di premiazione di alcune importanti figure, come la nostra rappresentativa nazionale di calcio femminile; il regista e sceneggiatore Gabriele Pignotta, premiato dalla Fondazione ‘Francesca Rava’, che ha celebrato i suoi 25 anni di impegno accanto ai bambini in difficoltà; la cantante e atleta Annalisa Minetti, simbolo autentico di determinazione nel superamento di barriere di tutti i tipi; Denny Mendez, ex Miss Italia e attrice impegnata nella lotta contro la violenza di genere. A margine della serata, abbiamo rivolto alcune domande alla collega Claudia Conte, al fine di comprendere le motivazioni di quest’iniziativa.

Claudia Conte, perché quest’idea di sottolineare il ruolo della donna durante i giorni della Festa del cinema di Roma? Come ti è venuta in mente?
“Perché credo fortemente che il talento femminile vada valorizzato nei luoghi che contano, senza retorica, ma con concretezza. La Festa del cinema di Roma è uno di questi luoghi. Dobbiamo usare questi spazi per raccontare donne che, con impegno e professionalità, stanno facendo la differenza, nel cinema e non solo. L’idea nasce dalla volontà di far emergere storie vere, italiane, positive”.

Le donne nel cinema hanno saputo conquistarsi uno spazio che, oggi, non è più puramente estetico, ma schiettamente aziendalista, artistico e dirigenziale: è così?
“Sì. E direi anche con grande dignità. Oggi, le donne non si limitano più a essere ‘immagine’: sono mente, progetto, visione. Sono registe, produttrici, manager. E lo sono perché hanno studiato, lavorato, costruito. Non chiedono sconti, ma riconoscimento. E questo è il vero progresso: non l’assistenzialismo, ma la meritocrazia”.

Forse il cinema era l’ambiente più adatto per vedere l’affermazione di donne registe o produttrici cinematografiche?
“Il cinema italiano ha una tradizione molto forte anche al femminile, anche se spesso invisibile. Oggi, finalmente, queste figure emergono, grazie alla loro determinazione personale. Il cinema è un mondo competitivo, dove non si improvvisa. Se le donne stanno emergendo anche in ruoli apicali, ciò avviene perché hanno dimostrato di essere all’altezza. E questo vale ovunque, non solo nel cinema”.

Secondo te, il cinema è servito a suggerire nuove idee e ruoli innovativi anche all’interno della società? In che modo e attraverso quali film?
“Certamente: il cinema è sempre stato uno ‘specchio’ del Paese. Anche quello italiano, con film come ‘La ciociara’ o ‘Pane e tulipani’. Ha mostrato donne forti, capaci di resistere e di reinventarsi. Non serve per forza essere provocatori per innovare: basta raccontare con verità. E oggi abbiamo bisogno proprio di questo: di narrazioni oneste, che parlino alla gente e non solo alle élite”.

Sono lontani i tempi del luogo comune: “Chi dice donna, dice danno”?
“Sì, quei tempi sono finiti. Giustamente, direi. Ma non dimentichiamo che la vera emancipazione passa anche dal rispetto delle regole, dalla responsabilità, dalla capacità di assumersi ruoli difficili. Non è una questione di slogan, ma di maturità sociale e culturale. Oggi, le donne non chiedono privilegi, ma giuste opportunità, perché sanno farle fruttare”.

Dalla mera immagine all’invasione del mondo artistico, fino ad arrivare al protagonismo sociale: ma allora è possibile il percorso contrario rispetto alla dura ‘gavetta’ teatrale, oppure a quella radiofonica per noi giornalisti?
“Esistono percorsi diversi, questo è vero. Ma il talento resta la discriminante. La visibilità da sola non basta: chi non ha sostanza, prima o poi si ferma. In ogni ambito: dal teatro al cinema, dalla tv al giornalismo. C’è ancora bisogno di studio, di disciplina, di professionalità. Non credo nei ‘paracadutati’: credo nei risultati”.

Resta, infatti, un’impressione ‘paracadutistica’, soprattutto per voi donne, questo lo capisco: e oggi? Qual è il ruolo delle donne nella società italiana?
“Oggi, le donne italiane sono una forza vitale del Paese: lavorano, fanno impresa, crescono famiglie, guidano aziende. Il loro ruolo è centrale. Ma ci tengo a dire che il vero rispetto per la donna si dimostra anche tutelando la maternità, il lavoro, la dignità. Non basta metterle in prima fila: bisogna anche creare le condizioni perché possano restarci”.

In ogni caso, il punto d’arrivo è sempre lo stesso: le donne stanno per ereditare la Terra, poiché il potere degli uomini, nel corso della Storia, ha ormai detto tutto quel che c’era da dire. Condividi?
“Non credo nella contrapposizione tra uomo e donna: credo nella complementarità. Oggi serve un equilibrio nuovo, questo sì. Ma non dimentichiamo che la nostra civiltà si è costruita con l’apporto di entrambi i generi. Le donne devono contare di più, ma senza sostituire l’uomo: devono lavorare insieme, ognuno con la propria identità e responsabilità”.

E come tratteggi questa nuova identità maschile? In perenne attesa mentre voi siete sempre in giro, ovunque e dappertutto (tu in particolare)? Vuoi l’uomo meta di pellegrinaggio religioso? E che diamine di identità è?
“(Ride...) No, io credo nell’uomo che resta uomo: forte, presente, solido. Non deve diventare né una caricatura, né una figura in crisi permanente. Così come noi donne stiamo riscoprendo la nostra forza, anche gli uomini devono ritrovare un ruolo autentico, non costruito dai cliché o dalle mode. L’identità non si annulla: si afferma nel rispetto reciproco”.




(intervista tratta dal sito www.funweek.it)

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