
Una realtà giovane e femminile, capace di innovare partendo da ciò che tutti considerano un punto di fine: gli scarti elettronici. E' qui che interviene e opera 'Rinnovative': il laboratorio dove tecnologia, design e sostenibilità si intrecciano per ridare valore a ciò che sembra averlo perduto. “Rinnovative è composta prevalentemente da donne under 40”, racconta la socia-ricercatrice, Tamara Pellegrini. “Questo elemento incide profondamente sulla nostra identità progettuale e sul nostro modo di intendere la sostenibilità”. Un’impronta che definisce approcci e sensibilità, poiché “lo sguardo delle nuove generazioni porta nel team idee nuove”, continua la Pellegrini, “approcci non convenzionali e una naturale predisposizione alla sperimentazione. Allo stesso tempo, la componente femminile introduce una sensibilità particolare verso la cura dei dettagli, la responsabilità ambientale e il valore sociale dei progetti”. Il progetto 'Ma. Cri. No.' è il simbolo di questa visione: recuperare metalli critici, evitando la distruzione dei componenti elettronici. “Invece di frantumare le schede elettroniche”, spiega la ricercatrice, “le inseriamo in una stufa sottovuoto che le scalda fino a sciogliere le saldature. In questo modo, i componenti si staccano da soli, cadendo per gravità e rimanendo integri, senza bruciarsi o ossidarsi”. Il passo successivo è un’analisi attenta: “Una volta recuperati tutti i componenti, noi li analizziamo con uno strumento che ci permette di capire quali metalli preziosi e critici contengono, così da scegliere se riutilizzarli oppure avviarli a un riciclo più mirato”. Un processo semplice, ma estremamente efficace. E, soprattutto, scalabile: “Ma. Cri. No. non è soltanto un prototipo, ma un vero ‘know-how’ che abbiamo sviluppato e strutturato per essere trasferito alle aziende”, sottolinea Tamara. “E' proprio questo il nostro valore aggiunto: offrire un modello replicabile e testato, pronto per essere adottato su larga scala”. In 'Rinnovative', la sostenibilità passa anche dal modo di lavorare. La certificazione ‘Uni PdR 125’ sulla parità di genere non è una mera etichetta, ma un impegno quotidiano: “Per noi”, afferma la Pellegrini, “la certificazione PdR 125 non è solo un impegno valoriale, ma un insieme di pratiche quotidiane che guidano l’organizzazione del lavoro”. Tutto ciò significa procedure trasparenti e attenzione alle persone: “Abbiamo introdotto strumenti concreti”, spiega ancora Tamara Pellegrini, “per favorire la conciliazione vita-lavoro perché crediamo che il benessere delle persone sia parte integrante della qualità dei progetti”. Nella gestione dei progetti, questo si trasforma in un modello orizzontale, “perché la PdR 125 si traduce in una distribuzione equilibrata delle responsabilità, nella trasparenza dei processi decisionali e nella valorizzazione delle competenze, indipendentemente dal genere o dall’età”. Un messaggio culturale, prima ancora che industriale? “Certamente. I nostri progetti”, continua la Pellegrini, “mandano un messaggio molto chiaro: il valore non dipende dalla materia in sé, ma dallo sguardo che le persone e le imprese scelgono di adottare. Il design”, aggiunge, “ci aiuta a mostrare ai cittadini che un materiale recuperato può diventare bello, utile e durevole; la tecnologia ci permette di dimostrare alle imprese che anche nei residui di lavorazione industriale esistono risorse ancora integre e preziose”. Da qui nasce una nuova mentalità: trasformare lo scarto in opportunità “spostando l’attenzione dal consumo all’uso intelligente delle risorse e guardare al futuro non come un luogo da cui estrarre sempre di più, ma come uno spazio da rigenerare”, conclude Tamara Pellegrini.