Daniela Zappavigna

La politica italiana, ma anche quella internazionale e mondiale, è diventata ripugnante. Dopo l’ondata populista e il ritorno delle ideologie classiste e razziste, essa si è addirittura trasformata in un’impresa di pompe funebri. Si è affermata, un po’ da tutte le parti, una tendenza alla necrofilia: una sorta di oltraggio non soltanto alle ideologie, ma anche alle filosofie, alla cultura, alle semplici idee. Una politica in quanto pura propaganda, mera immagine. Senza comprendere, che tutto ciò che è pura immagine nasce già morto, trapassato, putrefatto. Al contrario di chi crede che l’avvento dei social abbia peggiorato la situazione, già precaria, della politica in quanto scienza umanista, noi riteniamo che si confonda il sintomo con la causa di questa tracimazione, di questa ricerca di un nuovo 'pulpito' che pretende di rivolgersi direttamente al popolo, senza intermediazione alcuna. La politica, in effetti, era già morta da tempo: era morto il marxismo come dottrina economica negli anni ’80 del secolo scorso; ed era morto l’autoritarismo clericofascista ancora prima, nella seconda metà del XX secolo. In mezzo, sono rimasti i popoli, purtroppo senza alcun tipo di autonomia. Un’autonomia di linguaggio, innanzitutto, per poter ricreare una sorta di nuovo 'bricolage', cioè la convivenza tra vari linguaggi, per salvare ciò che ancora era salvabile dalle vecchie ideologie. No: le nostre classi politiche, imprenditoriali e dirigenti hanno voluto gettar via l’acqua 'sporca' con tutto il bambino, per poter diventare un cupo 'teatrino' di quart’ordine. Ma una politica di totale esibizionismo narcisista finisce col perdere ogni senso, ogni razionalità di pensiero, ogni valore d’impegno civile verso la 'cosa pubblica'. La politica attuale è pessima letteratura, pessimo teatro, pessimo cinema. E, purtroppo, anche pessima informazione. Perché l’informazione avrebbe dovuto liberarsi dalla politica, divorziando da questo malefico connubio. Perché in fondo, l’informazione è una bellissima prostituta, ma viva, mentre la politica è, ormai, una cosa morta: un cadavere putrefatto, per l’appunto. La politica, oggi, è una tortura che i popoli si autoinfliggono come forma di masochismo. Se si ragiona solo per immagini, si finisce col diventare volgari, perché non si può sempre ottenere un Raffaello, un Michelangelo o un Caravaggio. All’inizio di questo processo degenerativo, noi nutrivamo ancora qualche speranza nella tendenza alla cosiddetta 'narrazione'. Senza renderci conto, però, che la narrazione dipende sempre da colui o da colei che narra. Pertanto, se le varie 'narrazioni' della politica sono proposte da individui senza arte, né parte, da gente convinta di poter rispolverare unicamente le proprie nostalgie, ecco che la 'festa' finisce, si smette di parlare veramente, ci si raccontano cose scontate e dispersive. Chiacchiere, insomma. Perché anche le nostalgie, se vengono narrate tramite immagini, diventano la morte della nostalgia stessa. E, quindi, della politica. Come se continuassimo a reiterare sempre lo stesso funerale. La politica di oggi dovrebbe recuperare un senso fra chi propone delle riforme e chi tenta di evitare ogni eccesso del riformismo più radicale. Va bene una socialdemocrazia laica, ma essa non dev’essere un 'teatrino' che nasconde, dietro le quinte, lo spreco di risorse o la tentazione di controllare ogni iniziativa privata attraverso un ricorso ossessivo alla tassazione, che per sua natura tende a generare figli e 'figliastri'. Allo stesso modo, la politica conservatrice non doveva riportarci verso un qualunquismo allergico a tutto, avverso al fisco e alle leggi in generale, all’insofferenza verso ogni forma di assistenza sociale o di politica ambientale. E adesso ci ritroviamo con un esecutivo che ha smarrito ogni contatto con la realtà, in quanto esclusivamente composto da un 'magma' umano in cui continua ad attecchire, pericolosamente, la diffidenza verso tutto ciò che è spontaneo o disinteressato, dedito a un sano principio di impegno civile: una sorta di nuovo conformismo che fatica ad accettare le scomode procedure della democrazia, che possiede una concezione di liberalismo in quanto forma di indisciplina sociale 'screanzata', che assimila le 'fandonie' del passato con le 'frottole' del presente. Siamo ormai di fronte a forme di irrazionalismo che fanno lo 'sgambetto' al buonsenso. Una reazione totalmente di 'pancia', che assume come presupposto di principio il sensazionalismo, anziché tentare il percorso opposto: muovere dalla razionalità per ottenere un’unica sensazione collettiva. Quella che gli illuministi come Ludovico Antonio Muratori chiamavano: “Pubblica felicità”. Perché una politica che ha smarrito il senso della propria arte, diventa solamente vuoto. Un vuoto neanche vagamente estetico. Il buio totale.


Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio