Cinzia Riontino

Ha preso il via su Youtube la II edizione VDA Award 2025 organizzato dal Var Digital Group: un premio che esplora le frontiere tra creatività, tecnologia e impresa, per creare spazi di dialogo e consapevolezza

Ha preso il via su YouTube (cliccare QUI)  la seconda edizione del VDA Award. Si tratta di 12 artisti – Quiet Ensemble; Manuel Gardina; Auriea Harvey; Matteo Mauro; Giovanni Motta; Fabio Giampietro; Martina Menegon; The Cool Couple; Niro Perrone; Lorenza Liguori; Daniele Di Donato; Pascal Greco – selezionati per raccontare, attraverso il digitale, le trasformazioni del nostro tempo. La sfida culminerà nella finale di ottobre in quel di Rimini, con l’evento 'Z!ng – Zone of Innovation and Growth', in cui solo quattro opere approderanno alla finalissima davanti al pubblico e a una giuria di esperti. Il comitato scientifico – formato da curatori e critici di spicco e sotto la direzione artistica di Davide Sarchioni e la guida del responsabile di Var Digital Art by Var Group, Alex Tiezzi – guarderà non solo all’impatto estetico delle opere, ma anche all’uso delle tecnologie e alla forza dei contenuti. A tutto questo si aggiunge la voce del pubblico proprio grazie al canale YouTube dedicato. Le opere in concorso parlano di temi vicini a tutti noi: dal rapporto tra uomo e intelligenza artificiale alla crisi climatica; dalle trasformazioni delle città alle domande sull’identità personale e collettiva. Insomma, l’arte digitale diventa così lente capace di farci riflettere, emozionare e interrogarci sul futuro. A raccontarci il senso profondo del riconoscimento è Davide Sarchioni, curatore del premio, nonché studioso che da anni si occupa di arti visive e linguaggi contemporanei. Nelle sue parole emerge una visione chiara: il VDA Award non è solo una competizione, ma un laboratorio di idee, in cui creatività e tecnologia si incontrano e dialogano anche con il mondo delle imprese. Un’occasione per scoprire nuovi talenti, ma anche per immaginare insieme nuovi modi di pensare, lavorare e crescere.

Davide Sarchioni, il VDA Award non è solo un premio, ma un percorso che prevede la selezione iniziale di dodici artisti fino alla finale di Rimini, in cui solo quattro di loro saranno prescelti per presentare il proprio lavoro: su quali aspetti – estetici, tecnologici, concettuali o altro – si concentra la valutazione dei finalisti?
“La scelta delle quattro opere finaliste è affidata a un comitato scientifico di esperti, tra curatori, critici e studiosi, composto da: Cesare Biasini Selvaggi, Gemma Fantacci, Ivan Quaroni e Serena Tabacchi. I criteri di valutazione si concentrano maggiormente su tre aspetti: a) configurazione estetica e impatto visivo dell'opera; b) scelta e modalità di impiego delle tecnologie utilizzate; c) analisi dei contenuti. Le valutazioni del comitato scientifico verranno sommate al grado di apprezzamento di ogni opera riscontrato attraverso il canale YouTube dedicato”.

Partendo dall’assunto che l’arte digitale, oggi, non sia soltanto una pratica espressiva, ma un vero e proprio atto critico capace di leggere la società, può farci qualche esempio di come le opere di questa II edizione riescano a far riflettere su questioni urgenti del nostro tempo?
“L'arte digitale, come tutta l'arte in generale, è per sua natura capace di leggere e interpretare le trasformazioni del proprio tempo. Le opere ci invitano a riflettere sul rapporto tra umano e artificiale, tra uomo e macchina, tra la manualità tradizionale e i processi di arte generativa, ponendo al centro la dialettica tra intelligenza umana e intelligenza artificiale. Questo confronto non è neutro, ovviamente: modifica la nostra percezione della creatività, del vivere quotidiano e della cultura, aprendo interrogativi sul futuro stesso dell’umanità. Le opere in concorso affrontano con forza alcune delle questioni più urgenti del presente: dalla crisi climatica e dai cambiamenti ambientali alla crescita ipertrofica delle megalopoli; dalle istanze di critica sociale e culturale alla necessità di un cambiamento etico e collettivo. Esse traducono in formule visive le contraddizioni della nostra epoca, creando spazi di consapevolezza e di dialogo. Non meno rilevante è la capacità di certe opere di indagare le dimensioni più intime e universali dell’esistenza: l’identità individuale e collettiva, la spiritualità, la relazione madre-figlio, le emozioni umane che resistono e si trasformano nella contaminazione con il virtuale. In tal senso, le opere si pongono per lo più come una soglia critica tra mondo fisico e mondo virtuale, dove l’esperienza estetica si intreccia con la riflessione antropologica, culturale e politica”.

Approfondendo il rapporto tra arte e impresa, la finale del premio si inserisce all’interno di 'Z!ng', un evento che riflette sul futuro delle aziende e sull’integrazione di intelligenze diverse: come vede la possibilità (e, forse, la necessità...) che l’arte digitale dialoghi, oggi, non solo con il mondo culturale, ma anche con quello aziendale e organizzativo?
“L'arte digitale non può limitarsi al dialogo con l’universo culturale, ma – come nel nostro caso in Var Group -  entra in relazione con il mondo aziendale e organizzativo. Si tratta di un passaggio cruciale: non più confinata a una dimensione estetica o museale, l’arte si configura come forza viva, capace di generare nuove prospettive su ciò che significa produrre, organizzare, condividere. Ciò implica l'obbligo di superare la dicotomia fra sapere umanistico e sapere tecnico, immaginando l’impresa come un organismo complesso, che si rigenera attraverso l’incontro con l’immaginazione, l’intuizione e la visione. L’arte digitale, con la sua natura ibrida e processuale, interattiva e relazionale, diventa così un dispositivo di pensiero, che sovverte schemi consolidati e apre a possibilità impreviste. Tutto ciò si traduce nella capacità di introdurre modelli di innovazione non lineari, di attivare processi di trasformazione che riguardano anche l’identità stessa dell’impresa. L’arte non fornisce soluzioni preconfezionate: offre, invece, scenari, visioni, interrogativi che spingono a ripensare le logiche del lavoro, le dinamiche di relazione e le forme di collaborazione. Così, l’incontro fra arte digitale e impresa non è un esercizio accessorio, ma un laboratorio sperimentale, in cui si mette alla prova una nuova idea di futuro condiviso dove creatività e organizzazione s'intrecciano, generando ecosistemi aperti e in costante mutamento”.

E' d’obbligo una curiosità sul futuro del premio: guardando oltre questa edizione 2025, quali sono le ambizioni e le prospettive di crescita del VDA Award? Lei immagina che possa diventare una piattaforma stabile di riferimento per l’arte digitale in Italia e magari anche a livello internazionale?
“Anche per questa edizione di VDA Award 2025 desideriamo che sia sempre l’opera più interessante e significativa a essere premiata, poiché destinata a entrare a far parte della VDA Collection, andando così ad arricchire il patrimonio culturale e identitario dell’azienda. Le prospettive di crescita del premio si orientano su più livelli: da un lato, la creazione di una rete di collaborazioni con istituzioni, festival e musei che operano nel campo del digitale; dall’altro, la possibilità di attivare programmi di residenza in azienda e progetti di ricerca, al fine di sostenere la sperimentazione artistica e il dialogo tra arte e tecnologia. VDA Award vorrebbe diventare un luogo di confronto critico, capace di favorire la circolazione di idee e di esperienze a livello transnazionale, contribuendo così alla costruzione di una cultura del digitale più ampia e condivisa”.




Nella foto in apertura: un'opera di Matteo Mauro in concorso per il VDA Award 2025

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