L'omicidio di Garlasco (Pv), avvenuto il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli, si e concluso, dopo 5 gradi di giudizio, con la colpevolezza di Alberto Stasi, il fidanzato della vittima: Chiara Poggi. All'epoca, Stasi venne assolto nei primi due gradi di giudizio, per insufficienza di prove. Proviamo, pertanto, a ricapitolare la sua vicenda processuale: il 30 giugno 2009, il ragazzo è stato rinviato a giudizio, poiché una perizia tecnica, effettuata sul suo computer e sulla bicicletta nera, che aveva i pedali sporchi del sangue di Chiara, insieme alle sue scarpe, rimaste immacolate, rappresentavano delle prove indiziarie per lo svolgimento del processo. Tuttavia, il 17 dicembre 2009, l'imputato Alberto Stasi venne assolto dalla Corte di Appello di Vigevano (Pv) in quanto, secondo i giudici, il grado di colpevolezza riscontrato non andava “al di là di ogni ragionevole dubbio", secondo quanto detta l’articolo 533 del codice di procedura penale. In seguito, il 6 dicembre 2011, il ragazzo venne rinviato a giudizio per la seconda volta e, anche in questo caso, assolto. Anche questa volta, i giudici hanno ritenuto le prove non sufficienti per una sentenza di condanna. Tuttavia, la Procura di Pavia e la famiglia Poggi hano presentato ricorso in Cassazione. E il 18 aprile 2013, proprio la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione, rinviando Alberto Stasi di nuovo a giudizio. Finché, il 17 dicembre 2014, la Corte di Appello di Milano ha condannato Alberto Stasi a 16 anni di carcere per omicidio volontario, in quanto unico soggetto sospettato presente sulla scena del delitto. La Cassazione si è poi pronunciata, in via definitiva, con una seconda sentenza di condanna contro Alberto Stasi, ritenuto unico colpevole per l'omicidio della fidanzata. Una sentenza di omicidio volontario senza, però, l'aggravante della premeditazione e della crudeltà. Ora Stasi dovrà dunque scontare 16 anni di detenzione, avendo egli stesso scelto il processo con rito abbreviato, che dà diritto a uno sconto di pena. L'accusa, infatti, ne aveva chiesti 30. Con una sentenza sentenza del genere, passata in giudicato, il caso del delitto di Garlasco doveva ritenersi ormai chiuso. Tuttavia, nel groviglio di prove sottovalutate o ritenute marginali, è stato rinvenuto un sacchetto della spazzatura contenente due vasetti di yogurt, una confezione di fruttolo, un contenitore di thè freddo, l'involucro dei cereali con cui Chiara aveva fatto colazione, dei residui di biscotti, una buccia di banana, un piattino di plastica e due cucchiaini, anch’essi di plastica, risalenti all’ultima colazione di Chiara Poggi. Tutti elementi mai analizzati, improvvisamente divenuti oggetto d’indagine da parte della Procura. Da questi nuovi elementi si poteva, forse, ricavare il Dna dell'amico del fratello della vittima, Andrea Sempio. Ed è stato rinvenuto anche un capello di Chiara, lungo 3 centimetri, di cui non si conosceva neppure l'esistenza. Ecco perché la Procura di Pavia aveva deciso di riaprire le indagini. Invece, in questi giorni un nuovo colpo di scena: le uniche tracce individuate sono solamente quelle di Chiara Poggi e Andrea Stasi. E anche dal Dna nucleare estratto dal capello di Chiara non sono emerse novità particolari. Droni e scanner sono stati utilizzati per la ricostruzione tridimensionale delle tracce di sangue all'interno della villetta, nel tentativo, da parte dei Ris, di ricostruire completamente la scena del delitto con l'aiuto delle nuove tecnologie, che prima non esistevano. Inoltre, tutta la zona perimetrale, esterna alla casa, è stata attenzionata e ripresa dall'alto con i droni, per accertare se esistessero vie di fuga sottovalutate in passato. Gli esperti nominati dal giudice di Pavia sono chiamati a fornire delle risposte entro 90 giorni, salvo proroghe, per poi riferire in aula a settembre. E si attende il maxi-incidente probatorio previsto per il 17 luglio prossimo, al fine di valutare la possibilità di riscrivere la storia del processo di Garlasco. Eppure, il mistero, attorno a questa vicenda, sembra regnare sovrano.