Le persone trovano più facile manipolare i fatti per adeguarli alle proprie teorie, piuttosto che riadattare le proprie teorie ai fatti osservati. E’ questo il vero ribaltamento logico in atto nel mondo occidentale, forse per rispondere alla crisi di valori della società. Tuttavia, questo punto della crisi di valori e dell’imposizione forzata dei dogmi delle subculture è l’elemento meno interessante della questione. Il vero dato che emerge dai lunghi periodi di malessere e di crisi che si sono succeduti dal 2008 in qua, è il riaffermarsi, da un lato, delle teorie più fataliste e nichiliste; dall’altro, una risposta progressista che si limita a contemplare il nulla, addirittura con qualche pretesa di legittimazione filosofica. Nel primo caso, si tratta di un tentativo di suicidio collettivo innanzi alla globalizzazione, poiché si finisce col dare di 'cozzo' proprio contro gli anelli forti della catena di uno sviluppo tecnologico funzionale unicamente a se stesso, generando negazionismo spicciolo; nel secondo caso, quello delle sinistre contemplative, si rimane incastrati tra le grigie teorie del socialismo organico, burocratico e collettivista. Inutile sottolineare come ambedue queste tendenze siano profondamente errate: le destre autodistruttive, per quell’infantilismo politico che induce alla rimozione dei problemi; le sinistre imborghesite, perché finiscono col fare il gioco delle destre illudendosi di esistere, respingendo ogni stimolo esterno e chiudendosi in una rilassatezza scambiata come fuga dallo stress. Da una parte, vi è un uso illiberale della libertà, totalmente insensibile all’eguaglianza sociale; dall’altra, si teorizza una forma sclerotizzata di socialismo totalmente priva di progettualità, poiché incapace, anch’essa, di approcciare il nuovo. La convergenza avviene esattamente su questo punto: sia la destra, sia la sinistra sono incapaci di rigenerarsi. Ci si accontenta delle poche certezze rimaste, senza alcun metodo di selezione o di scelta. Ovvero, escludendo la qualità. Siamo di fronte al declino di ogni fenomeno: della leadership americana nel mondo, ma anche della politica in generale, poiché disancorata dalle proprie radici culturali. Il capitalismo non funziona, poiché tende a escludere la solidarietà, al fine di rinchiudersi nell’avidità; ma ogni tentativo di riequilibrio riformista viene sopraffatto da una forma di positivismo piatto, che si fida ingenuamente dello sviluppo tecnologico, il quale favorisce, sempre e da sempre, chi già possiede delle potenzialità economiche, generando nuove forme di 'classismo'. Le culture di sinistra, insomma, sono destinate al fallimento; quelle di destra, sono già fallite in partenza. Eppure, prosegue questa strana polarizzazione, totalmente propagandistica, tra due diversi culti del fallimento. E quel che rimane sul campo è la 'narrazione', la quale torna sempre utile a mascherare la situazione, al fine di giustificare i fallimenti di cui sopra. Tutto va sempre peggio e nessuno riesce a essere determinante, per lo meno nel limitare i danni. Ogni qual volta le cose cominciano ad andare 'benino' o ci si avvia verso la soluzione di una questione, ci si annoia. E s’interviene per farle andare peggio. Uno scontro tra 'non visioni' del mondo, praticamente. “Potrebbe andar peggio: potrebbe piovere”, recita una vecchia battuta del grande comico Marty Feldman, in ‘Young Frankenstein’ di Mel Brooks. E in effetti, sì: le cose stanno proprio così. Buon Ferragosto.
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