Vittorio LussanaLa nostra società deve imparare a comprendere le donne. Senza discriminazioni di sorta, abbandonando ogni logica di appartenenza o di genere, secondo un'ottica di spiritualità filosofica capace di interpretare il disagio più profondo dell'universo femminile. La cultura media del nostro Paese, se vuole avanzare sul terreno della civiltà giuridica e morale, quando si trova di fronte a una donna deve tener presente un primo elemento storico di fondo: le donne sono tra le maggiori vittime delle umiliazioni della Storia. Questo elemento è di natura schiettamente spirituale. Ovvero, non si riferisce materialisticamente alla singola persona che abbiamo di fronte come nella vecchia cultura marxista, che collegava direttamente un certo 'vittimismo di classe' a 'figure' particolari (in linea di massima, alle prostitute). Ancora oggi, il classico personaggio che una giovane attrice alle prime armi deve regolarmente interpretare è proprio quello della prostituta, di strada o di mestiere. E' quasi un 'passaggio-fisso', frutto di un 'bronzeo' schematismo ideologico che ha sempre giudicato le mercenarie del sesso come le più classiche vittime della società. Ma la donna è vittima sotto numerosi altri profili. Anzi, è vittima in senso generale, poiché colpevolizzata da millenni. Ma tale elemento non dev'essere calcolato nemmeno in quanto dato oggettivo da applicare 'soggettivamente', nei confronti cioè di una singola donna, secondo i classici canoni dell'attualismo 'hegeliano'. Al contrario, deve essere mantenuto, soprattutto nella mente degli uomini, come elemento appartenente a un unico inconscio femminile 'oggettivo'. Ovvero, in quanto concetto universale. Non si tratta di una mera 'astrazione': le donne sono portatrici di una vitalità e di un'autenticità che derivano da retaggi che le hanno sempre mantenute all'interno di pregiudizi schiaccianti. Se è vero che nella società di oggi sono le buone maniere a connotare una persona, è anche vero che, nella maggior parte dei casi, tali atteggiamenti risultano di semplice 'facciata', un'ipocrisia che non rivela alcunché di autentico o reale. Una 'vetrina' dell'immagine che, nel corso degli anni, ha conosciuto le sue mode, i suoi stereotipi, i suoi meccanismi di consumo, sino a condurci verso forme di omologazione tendenti a nascondere le istanze più vere che ogni donna porta con sé. Si tratta di componenti 'spirituali' che dettano regole e consuetudini, le quali ci costringono a fare i conti con la brutalità della vita. Le donne non debbono essere giudicate, ma comprese realisticamente attraverso un preciso spirito di sacralità. E la loro storia chiede al mondo un profondo sforzo di pietà per le ingiustizie subite, per un'esistenza millenaria mescolata alla miseria, senza alcuna possibilità di riscatto. Nei confronti delle donne, noi tutti, anzi il mondo intero, deve sapersi rieducare, per riuscire a sviluppare una nuova 'qualità' di amore. Riflettiamo, per esempio, intorno al concetto di maternità: una donna, allorquando  diviene madre, è disperatamente pronta a tutto pur di proteggere e far vivere decentemente il proprio figliolo. Ciò trascende ogni schematismo ideologico: vale sia per le madri 'proletarie', sia per quelle - come si diceva una volta - 'borghesi'. La maternità femminile è un concetto emblematico. Cosa significa questo? Che a prescindere dalle loro condizioni di vita, esse non possono e non vogliono più essere ignorate sul palcoscenico della Storia. Al contrario, esse intendono assumere un ruolo sempre più centrale, sempre più importante. E' un concetto che ha persino i suoi parallelismi 'ascetico-religiosi', che in qualche caso si rivelano strumenti culturalmente assai validi per interpretare alcuni 'segni': l'amore di una madre è una di quelle peculiarità che 'salva' le donne, che le fa 'ascendere' a ruoli sempre più significativi, fondamentali e importanti, della realtà quotidiana. Ma ciò vale anche per molte altre loro caratteristiche 'innate', apparentemente provenienti da 'territori' distinti, addirittura diametralmente opposti. La donna introduce, per natura, elementi sempre nuovi di trasgressione, di anticonformismo, di provocazione. E anche di 'disillusione'. Tali peculiarità debbono essere comprese maggiormente all'interno di un universo, quello femminile, in continua trasformazione. Senza spaventarci, senza scandalizzarci, senza chiuderci nel 'guscio rassicurante' delle nostre convinzioni e tabù. Alcune caratteristiche delle donne, che generalmente vengono valutate su un piano puramente estetico al fine di strumentalizzarle in quanto 'pedine' che si muovono sull'ambiguo mercato consumistico, sono in realtà la prova più evidente di quanto esse siano assai più attrezzate degli uomini per vivere la modernità. Nel mondo attuale, le donne sono più coraggiose, più tenaci. Ma ciò contribuisce a renderle 'scomode', poiché il sistema consumistico continua a non considerarle dei soggetti 'pensanti'. Anzi, le esperienze più recenti hanno spesso idealizzato la figura opposta: quella della 'donna-oggetto' (Marilyn Monroe e Brigitte Bardot nel mondo del cinema, per esempio). In questi casi, del mondo antico e di quello futuro delle donne resta solo la bellezza. La qual cosa tende a comunicare una tipologia unica di donna, basata quasi esclusivamente su criteri di rappresentazione e di giudizio 'estetici', decisamente sordi ai mutamenti sostanziali che intervengono ogni giorno. La donna viene calcolata, principalmente, se e in quanto bella: da tutto il resto rimane sostanzialmente esclusa. Questo significa che tutto ciò che compone il travaglio interiore di una donna non viene accettato, non si integra con una cultura fondamentalmente sessista, che tende a rigettare ogni valore di diversità. In questo modo, non solo emarginiamo le donne, ma rifiutiamo tutto il remoto sapere femminile del corpo e della terra. La donna, terminato il proprio ciclo vitale di bellezza e gioventù, può solo diventare un capro espiatorio, un'esclusa, un'emarginata destituita di ogni autorevolezza. E' una forma di ghettizzazione assai vicina al razzismo. Perché il razzismo, anche quando è solamente di genere, produce distanza contro tutte le minoranze del mondo. Ma le donne non sono affatto una minoranza! Se rimarremo ancorati alle nostre vecchie mentalità continueremo a trovarci di fronte a delle 'mezze verità'. Il nostro rapporto con le donne deve assumere un'intimità completamente nuova e particolare. In esse, dobbiamo saper riconoscere la fanciulla ferita, la persona essenzialmente timida con la quale condividere atti d'amore e di volontà spirituale, anche nelle semplici amicizie. Nelle donne dobbiamo saper vedere delle tragiche Marlene Dietrich o, viceversa, delle eroine spiritose, delle bambine che vanno ben al di là delle loro maschere da 'bambolone', fiere delle loro anime da contestatrici, dotate di una personalità inarticolata, tutta d'un pezzo. Questa è la distanza che dobbiamo percorrere, al fine di raggiungere e comprendere il 'pianeta' delle donne. Il maschio 'latino', in particolare, se intende acquisire una nuova identità, più moderna e riconoscibile dalle donne stesse, deve decidersi ad abbandonare una concezione mondana e stridente della democrazia, una falsa capacità di capire, una furtiva apologia della bassa cultura e della pornografia, per assumere nuovi strumenti di dialogo con l'altro sesso che siano di reale interesse e vorace assimilazione dei numerosi elementi provenienti dall'universo femminile. Altrimenti, la vecchia identità dell'uomo latino finirà col naufragare tra i rifiuti e la 'merda' dell'oggi, ormai tracimata ovunque.




Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)
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Laura - Cesenatico - Mail - martedi 25 novembre 2014 0.5
Il concetto chiave, per me, è quel "rieducare". Buona serata a tutti.
Cristina - Milano - Mail - lunedi 24 novembre 2014 17.33
Un "pezzo" bellissimo per noi donne... Ma a questo punto, visto che lei è entrato nel nostro mondo, potrebbe scrivere un editoriale sulle "donne" che sono rimaste ferme allo step di femmine superficiali e basta...
Alice - Italia - Mail - lunedi 24 novembre 2014 17.21
La volontà di capire rende le persone migliori... e soprattutto realiste... volere è potere. E lei PUO'...
Alba - Fabrica di Roma (Vt) - Mail - lunedi 24 novembre 2014 17.2
La ringrazio con grande affetto per questa sua nota. Ho percepito che ha pensato ogni parola, e le chiedo, da donna uomo: lei è davvero cosi consapevole da riuscire a praticare cio' a cui esorta gli uomini ogni giorno e ogni ora della sua vita? E vuol davvero riuscire a convincerli? A me il rispetto sacro della mia donnita' non mi basta. E non voglio essere consolata delle ingiustizie che mi si riversano addosso come normali da millenni anche e soprattutto da chi dice (ed e' pure convinto sul serio) di amarmi. Perche' non c' e' consolazione possibile, almeno per me, almeno per i prossimi 3000 anni. Pero' la ringrazio per provarci seriamente


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