Qualcosa non va. Succede alla nazionale di calcio maggiore. E succede alle blasonate Inter e Juventus, ammesse al Mondiale per club 2025 tenutosi di recente negli Stati Uniti, grazie al ranking Uefa, ma eliminate già agli ottavi di finale. L’Inter di Cristian Chivu è stata battuta dalla Fluminense, guidata dall’allenatore brasiliano, Renato Portaluppi (una nostra vecchia conoscenza, ndr) e la Juventus, guidata da Igor Tudor, è stata eliminata dal Real Madrid guidato da Xabi Alonso. Ci eravamo illusi di andare fino in fondo. Invece, a un mese circa dalla finale di Champion League a Monaco, dove l’Inter di Inzaghi (poi approdato all’Al-Hilal) è stato umiliato per 5-0 dal Paris Saint Germain di Luis Enrique. La formazione presa in mano da Chivu ha superato, con qualche fatica, la fase a gironi. Nella partita degli ottavi, però, sono riapparsi i 'fantasmi di Monaco'. Soprattutto, quando Germán Cano (Fluminense) ha segnato subito, al 3° minuto di gioco, approfittando di un errore difensivo di De Vrij e Bastoni. I nerazzurri non sono riusciti minimamente a reagire, alternando frenesia a imprecisione, con errori in fase di costruzione e poca incisività offensiva, nonostante una buona prova fisica. Nonostante l’assedio, alla fine Hércules (Fluminense) ha segnato, al 93° minuto, la rete del 2-0: ennesima debacle per l'Internazionale di Milano. La Juventus, per parte sua, si era qualificata in scioltezza agli ottavi di finale e, all’inizio dell’incontro, aveva retto bene gli attacchi del Real Madrid, proponendosi soprattutto sulle fasce. Poi, un cross preciso dalla fascia destra di Trent Alexander-Arnold, ha messo Gonzalo García nelle condizioni di anticipare i difensori bianconeri e di incornare sul secondo palo. Di Gregorio, il portiere della Juventus, ha toccato il pallone, ma ciò non è bastato a evitare il goal. Un solo errore è stato sufficiente al Real Madrid per chiudere la qualificazione. Per ragioni differenti, le squadre italiane hanno risentito dell’inesperienza ad alti livelli e dei limiti nella gestione delle ‘partite-chiave’ da parte dei due allenatori: Cristian Chivu e Igor Tudor. Vediamo caso per caso.
Cristian Chivu
Chivu era subentrato a Simone Inzaghi a fine stagione 2025, dopo aver guidato bene la Primavera nerazzurra. Il Mondiale per club rappresentava, dunque, il suo primo torneo internazionale da allenatore professionista e, in fin dei conti, le sue scelte di formazione non si sono rivelate del tutto produttive: sebbene in campo ci fossero i titolari, Dumfries e Darmian, sulle rispettive fasce, hanno dato poco supporto offensivo. La scarsa fluidità del gioco e la debole reazione tattica dopo il primo goal della Fluminense hanno peggiorato la situazione. Infine, la squadra ha dato l’idea di girare a vuoto ed è sembrata svuotata. Come se non bastasse, a fine gara, lo stesso capitano dell’Inter, Lautaro Martinez, ha parlato di “scarso impegno da parte di alcuni”: un chiaro segnale di scarsa compattezza collettiva e di uno spogliatoio senza una guida forte e carismatica. Vedremo le scelte future della società.
Igor Tudor
Tudor era stato confermato sulla panchina bianconera dopo il ‘pezzo’ di stagione nel nostro campionato di serie A. L’obiettivo era quello di rinnovare lo stile di gioco bianconero (pressing alto e verticalità). Tuttavia, nella ‘partita-chiave’ contro il Real Madrid, gli errori tattici con Yildiz e Conceição isolati tra le linee, hanno evidenziato una gestione più difensiva e conservativa: il 'possesso-palla' della Juve si è rivelato sterile. E il pur bravo Di Gregorio nulla ha potuto sul gol del talento blancos, Gonzalo García.
La crisi delle squadre italiane: quale modello seguire?
Non si tratta, per ora, di imitare le corazzate Paris-Real-Barca-Bayer e via discorrendo, ma di trovare un ‘modello-Italia’ funzionante: la Champion League si sfiora soltanto (l’ultima vittoria risale al 2010 e fu dell’Inter), eppure qualcosa sembrava muoversi con la vittoria in Conference della Roma nel 2022 e, soprattutto, con l’Europa League vinta dall’Atalanta nel 2024.
Non ci sono i campioni di una volta
La mentalità vincente è data dalla presenza di grandissimi campioni che, oggi, scelgono altre mete (Premier League, Liga o Bundesliga e, in crescendo, il fenomeno arabo) e poi, eventualmente, la serie A. Questo fenomeno di 'impoverimento' è causato dal dislivello economico rispetto agli altri 'top club' europei, visto che le squadre italiane incassano assai meno dai diritti televisivi. Negli altri campionati si generano introiti, merchandising e valorizzazione del brand, anche dagli stadi di proprietà. Tutto questo incide sulla qualità dei giocatori da acquistare sul mercato, sulla profondità della 'rosa' e sulla possibilità di trattenere i 'bigì.
La pressione delle partite che contano
Una volta sapevamo reggere la pressione psicologica nelle partite che contavano: c’erano i grandi campioni, certamente, ma un elenco di talenti non fa una squadra (vedasi il meraviglioso Paris Saint Germain, il quale, pur cedendo i suoi 'giocatori-big', sta lanciando dei giovani di grandissimo talento, mostrando un gioco di squadra eccezionale). Ancora oggi, la serie A è spesso tatticamente conservativa, poco adatta a preparare le squadre a competizioni ad alto ritmo (Champions, competizioni europee, Mondiali per club). Squadre come Manchester City, Real Madrid o Bayern di Monaco applicano transizioni veloci, un pressing ultra-aggressivo e moduli fluidi. Sia l’Inter, sia la Juventus sono, invece, apparse ‘scariche’ fisicamente e mentalmente. Eppure, anche le altre squadre appena citate provenivano da "campionati usuranti”.
Il vento sta cambiando?
Il percorso di cambiamento non sarà immediato, anche se alcune società calcistiche, anche quelle più blasonate, cercheranno di attuare una politica di investimenti sostenibili grazie a dirigenti 'progressisti' e, soprattutto, ad allenatori “costruttori di squadre” e scopritori di talenti. Serve continuità nei progetti sportivi e meno rivoluzioni annuali. Il vento sta cambiando? Staremo a vedere.