Dal 27 al 29 giugno 2025, la cittadina di Calcinato, nel cuore della provincia bresciana, è divenuta un luogo dove il suono ha incontrato la visione, il lavoro si è trasformato in bellezza e l’impresa è diventata arte. Il Saluber Jazz Festival, giunto alla sua terza edizione, già in partenza era una dichiarazione d’intenti: portare cultura là dove meno te l’aspetti. E cioè dentro un’azienda, tra uffici, piazzali e il battito quotidiano della produzione. L’azienda è la Saluber Disinfestazioni, realtà italiana leader nel settore del 'pest control', con sedi a Brescia e Taranto. L’idea è di Ciro D’Amicis, Ceo e anima di un progetto che ha superato lo scetticismo iniziale con la forza delle emozioni: “Dopo la pandemia”, ci ha raccontato, “ho sentito il bisogno di contribuire al benessere delle persone anche al di fuori della mia attività quotidiana, e ho visto nella musica un potente strumento per farlo. Il festival è diventato così un gesto di restituzione al territorio”. Così, da giovedì 27 a sabato 29 giugno, in via Cavour 141, presso la sede operativa dell’azienda, tre notti di musica hanno preso forma davanti a un pubblico variegato, aperto a tutti, unito da un semplice gesto: l’iscrizione gratuita sul sito: www.saluberarena.it. La direzione artistica, affidata al percussionista cubano Ernesttico (nome d’arte di Ernesto Rodriguez, ndr), si è dimostrata un frutto di passione e cura assoluta per gli artisti: “La musica e i musicisti sono al centro dell’attenzione”, ci ha detto Ernesto, "è il criterio fondamentale con cui ho concepito questa terza edizione del Festival. Onorato della responsabilità che mi è stata concessa, ci ho messo tutta la mia esperienza per far vivere agli artisti e al pubblico emozioni uniche da ricordare”. Ad aprire il festival, giovedì sera, 27 giugno, è stata Jany McPherson: una pianista e cantante cubana, accompagnata da Ronald Moran al contrabbasso e Lukmil Perez alla batteria. Nata a Guantánamo, Jany ha incrociato i sentieri dei grandi: Omara Portuondo, Alain Pérez, John McLaughlin, Andy Narell, Didier Lockwood. Il suo jazz è un viaggio sensuale e spirituale che parte dai ritmi afrocubani e arriva, senza dogane, al cuore dell’Europa. Il suo ultimo album, ‘A Long Way’, ne racconta l’identità errante e forte, dopo il successo del precedente ‘Solo Piano!’ del 2020. Con una voce che danza e mani che cantano, la McPherson ha acceso la scena come pochi sanno fare. Nella seconda serata, venerdì 28 giugno, è stata invece dedicata al linguaggio cosmico delle percussioni africane. Paa Kow, batterista e compositore originario del Ghana, è salito sul palco con la sua Afro-Fusion Orchestra. Un ensemble travolgente, formato da Bright Osei al basso, Richard Bansah Skuul Boy alle tastiere, Emma Marsh alle percussioni, Theophilus Bright Yankey alla tromba e Anthony Sagoe al trombone. Suona una batteria intagliata a mano, creata su misura: uno strumento che è anche scultura e radice. Il suo stile mescola le melodie tradizionali ghanesi con il jazz e l’afro-pop. Il risultato è una musica dal respiro rituale, che trascina, commuove, unisce. “Il suo groove parla una lingua universale”, scrive la stampa internazionale. E il pubblico, ogni volta, risponde in coro. Infine, sabato 29 giugno, il festival si è chiuso con i leggendari 'Dirotta su Cuba'. Trent'anni fa, nel 1995, con ’Gelosia’ e l’album omonimo, rivoluzionarono il panorama musicale italiano, portando l’acid jazz e il funky-pop al grande pubblico. Simona Bencini, voce intensa e iconica, guida una formazione ormai consolidata e piena di energia: Diego Calcagno alle tastiere, Stefano Profazi alla chitarra, Patrizio Sacco al basso, Vincenzo Protano alla batteria, Donato Sensini al sax e flauto e Antonio Scannapieco alla tromba. Dopo collaborazioni con artisti del calibro di Mario Biondi, Ornella Vanoni, Claudio Baglioni e Stefano Bollani, i 'Dirotta su Cuba' non smettono di reinventarsi. Nel 2025, hanno celebrato il loro trentennale con un tour speciale - ‘Let’s Celebrate Tour II’ - e una ristampa in vinile del disco che li ha 'lanciati'. Un viaggio tra groove italiani e soul internazionale, con la stessa passione di sempre. Ad accompagnare le serate, era anche possibile visitare ‘Suoni senza confini’: una mostra fotografica curata da Fabio Rizzini. Un’esplorazione visiva che ha raccontato il potere unificante della musica attraverso volti, strumenti e atmosfere catturate in giro per il mondo. Il Saluber Jazz Festival, ancora una volta, è stato una dichiarazione di responsabilità sociale, oltre che un evento musicale straordinario. Un’azienda privata, senza sponsor esterni, che ha deciso di investire in cultura, in apertura, in comunità. Un festival che restituisce valore, rompe i confini tra tempo di lavoro e tempo di vita, tra periferia industriale e scena internazionale. In un momento storico in cui le imprese cercano nuovi modi per esprimere il proprio ruolo nel mondo, Saluber indica una via inedita e coraggiosa. E la musica, ancora una volta, ha fatto da guida.