Anna Maria Baiamonte

Uno sguardo puntato dritto sul futuro. È quello dei 25 Comuni italiani che hanno manifestato il proprio interesse a candidarsi al titolo di Capitale italiana della Cultura per l’anno 2028. Un ampio spettro di realtà urbane, storiche e culturali, tra cui cinque province (Ancona, Benevento, Catania, Forlì e Massa) e una Unione di Comuni, quelli della Città Caudina, tra il beneventano e l’avellinese. In corsa anche Anagni, Tarquinia e Pomezia per il Lazio; Bacoli, Mirabella Eclano, Sala Consilina e Sessa Aurunca in Campania; Colle di Val d’Elsa e Fiesole per la Toscana; le pugliesi Galatina, Gravina di Puglia e Vieste; e ancora Gioia Tauro in Calabria e Melfi in Basilicata. Il nord'Italia candida: Moncalieri (Piemonte), Sarzana (Liguria), Pieve di Soligo e Valeggio sul Mincio (Veneto). Le città in gara hanno tempo fino al 25 settembre per formalizzare la propria candidatura, presentando un dossier con i dettagli del progetto. Entro il 18 dicembre, una giuria composta da sette esperti indipendenti esaminerà le proposte pervenute e selezionerà dieci finaliste. Entro il 27 marzo 2026, infine, la giuria proporrà al Mic la candidatura ritenuta più idonea. La città vincitrice godrà di un contributo di un milione di euro per realizzare il programma progettato e presentato. Il bando è aperto a Comuni, Città metropolitane e Unioni di Comuni che non abbiano partecipato alle procedure di selezione nei due anni precedenti. Nel nostro Paese, l’iniziativa ha preso il via nel 2014 su impulso della Decisione n. 445/2014/UE del parlamento europeo e del Consiglio d'Europa, che aveva già istituito le 'Capitali europee della cultura' per gli anni dal 2020 al 2033, anche se questa realtà, gestita dalla Commissione europea, va più indietro nel tempo: al 1985. Da allora, sono state insignite di questo titolo 65 città, tra cui le italiane Firenze (1986), Bologna (2000), Genova (2004), Matera (2019) e l’ultima, per l’anno in corso, la transfrontaliera Gorizia-Nova Gorica. Dal 2014 a oggi, sono state coronate del titolo italiano 16 città. Tutte le vittorie, più o meno, sono state seguite da polemiche, dubbi e contrasti che si sono consumati per via mediatica o sui social. Eccone un 'assaggio':

2015: ex aequo per Lecce (occhi puntati sul patrimonio materiale e immateriale della città, con corsi di formazione per giovani fotografi e videomaker), Perugia (riqualificazione e rilancio della città storica, dove si respira l’autentico Rinascimento italiano), Siena (un progetto ispirato alla rinascita della città dopo la peste del 1348, unito alle celebrazioni per i 700 anni dell’affresco Maestà di Simone Martini), Cagliari (un programma diffuso tra arte contemporanea, danza, teatro e laboratori, che ha coinvolto anche le case per gli anziani) e Ravenna (due grandi eventi tra centro storico e Darsena), a sua volta ricandidata in rappresentanza dell’Italia come Capitale europea della Cultura 2019, titolo poi sfumato e conferito a Matera.
2016: è stato l’anno di Mantova, che ha proposto investimenti in campo 'hi-tech', con il lancio di una piattaforma pensata in particolare per i turisti. Spenti i riflettori, l’anno successivo, in città sono rimasti aperti molti cantieri per riqualificazioni e manutenzioni urbanistiche che hanno creato disagi ai cittadini.
2017: sul podio salì Pistoia, con un programma di attività che hanno spaziato dall’arte alla musica, dall’antropologia al teatro alle iniziative per i più piccoli. I fondi sono stati spesi per il restauro e il recupero del patrimonio storico e architettonico, tra cui l’area dell’antico Ospedale del Ceppo. Ma non a tutti è piaciuto il logo scelto, realizzato dallo studio grafico 'Keep Up': una sorta di incrocio di linee che, più che ricordare un reticolo di strade, a molti ha fatto pensare al gioco cinese dello 'Shangai', definito addirittura “ripugnante” dal critico d’arte, Vittorio Sgarbi.
2018:
il titolo viene conferito a Palermo, città-mosaico di cui ogni tessera è espressione di mondi diversi, di confronto e convivenza tra i popoli. Tra i progetti: la valorizzazione dell’itinerario arabo-normanno, riconosciuto nella Lista del patrimonio mondiale Unesco. A far storcere il naso, anche questa volta, il progetto grafico scelto per l’evento, realizzato da una studentessa di 22 anni dell’Accademia di Belle Arti, dove i colori verde, blu, giallo e rosso avrebbero ricordato quelli di Microsoft e Google. Il logo consisteva in quattro lettere 'P' declinate rispettivamente in arabo (che però si pronuncia “bi”, ndr), greco, ebraico e fenicio. Insomma, neanche una lettera in italiano (perché ci si dimentica sempre dell'essenziale, qui da noi...).
2019: dato che Matera venne designata Capitale europea della Cultura, non fu conferito, per quell’anno, l’omologo titolo italiano. La legge di stabilità del 2015 ha autorizzato la spesa di 2 milioni di euro per il 2016, di 6 milioni per il 2017, 11 milioni per il 2018 e 9 milioni per il 2019, cui vanno aggiunti 500 mila euro all’anno dal 2016 al 2019 per l’acquisto di beni e servizi e per l’assunzione di personale, più un contributo straordinario di 5 milioni di euro all’anno dal 2016 al 2019, stanziato nell’ambito della stessa legge per il completamento del restauro urbanistico dei rioni Sassi e del prospiciente altopiano murgico. Infine, altri 200 mila euro per il 2020 e 1 milione per il 2021-2022 venne destinato al convento di San Felice. In parallelo, è stato sviluppato il programma 'Magna Grecia - Matera verso il Mediterraneo' con un ulteriore stanziamento di 1 milione e 700 mila euro per gli anni 2017-2020. In soldoni, un tesoro di circa 50 milioni di euro, prevalentemente sostenuto dallo Stato. Ci sarebbe da chiedersi cosa sia rimasto di questo 'gozzovigliamento', soprattutto all’indomani della delibera n. 56/2020 della Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Basilicata, che ha gettato pesanti ombre sulla "gestione grigia” dei fondi e delle entrate derivanti dalle tasse di soggiorno da parte della Fondazione Matera 2019.
2020-2021: sono gli anni del Covid 19, che videro protagonista Parma, già Città Creativa Unesco per la gastronomia grazie a prodotti d’eccellenza come il parmigiano e il prosciutto. Il suo programma si è incentrato sul tema del 'tempo' e sulla riflessione in merito al ruolo della cultura nel passato e nel futuro. Molti esponenti politici bipartisan avevano chiesto all’allora sindaco Pizzarotti di sospendere il progetto 'Imagine Parma – Points of View' curato da Oliviero Toscani, che avrebbe dovuto aprire la kermesse, dopo le controverse dichiarazioni del fotografo sulla caduta del ponte Morandi a Genova. Il grande fotografo fu costretto a chiedere scusa alla città con una lettera aperta, pubblicata sulla Gazzetta di Parma e l’amministrazione cittadina deciderà di mandare avanti il progetto dopo averlo, in un primo momento, rimandato a data da destinarsi.
2022: ad aggiudicarsi il titolo è Procida, che ha surclassato altre candidature come quella di Ancona (ricandidata quest’anno per il 2028, ndr), L’Aquila (che otterrà il titolo nel 2026, ndr) e altri scrigni di cultura quali le etrusche Volterra e Cerveteri. Fonte di ispirazione per artisti, scrittori e registi, scelta come ambientazione per capolavori letterari come 'L’Isola di Arturo' di Elsa Morante e cinematografici, come 'Il postino' con Massimo Troisi e 'Il talento di Mr. Ripley' con Matt Damon, l'isola di Procida ha vinto per l’inclusività e la sostenibilità del progetto, con particolare riferimento al turismo, ma con effetti materiali difficili da valutare proprio su questo aspetto, in un 'isolotto' che conta una popolazione di appena 10 mila abitanti.
2023: doppia nomina per le prealpine Bergamo e Brescia, simbolo di resilienza all’impatto della pandemia in Italia. Non a caso, tra i temi scelti c’era “la cultura come cura”, con tante iniziative di sensibilizzazione rivolte ai giovani. Puntuali, anche questa volta, le polemiche, per un territorio che, più che di cultura, sembra nutrirsi di cemento, con un consumo di suolo tra i più elevati del Paese, stando ai dati Ispra. Mentre Vittorio Sgarbi, allora sottosegretario alla Cultura, tornò a pronunciarsi con toni a dir poco acidi sul logo dell’iniziativa, definito: “D’insolente bruttezza”.
2024: è stata la volta di Pesaro, che ha puntato su tradizione e innovazione, patrimonio storico e ambientale. Il titolo è stato condiviso con la città ucraina Kharkiv, a loro gemellata, in segno di solidarietà per la guerra scoppiata nel 2022, anno della proclamazione. Il contributo ministeriale di 1 milione di euro e le risorse derivanti da sponsorizzazioni varie sono state gestite da Fondazione Pescheria, ente terzo accusato di poca trasparenza.
2025: tra sprechi e ritardi, molte polemiche hanno accompagnato la vincita del titolo da parte di Agrigento, con ben due dimissioni in seno alla Fondazione Agrigento 2025 dall’inizio di quest’anno: una, a gennaio e su richiesta del sindaco, del presidente, Giacomo Minio, seguito a marzo dal direttore generale, Roberto Albergoni, che aveva curato il dossier per la candidatura. Ancora da valutare, però, il bilancio finale di questo anno partito così male. Intanto, proseguono gli eventi nei luoghi più suggestivi del territorio dell’antica Girgenti, che comprende l’isola di Lampedusa e la splendida Valle dei Templi. Filo conduttore del progetto è il pitagorico Empedocle, cui si deve la teoria dei quattro elementi – acqua, aria, terra, fuoco - come le “quattro radici di tutte le cose”.
2026: sarà L’Aquila 'Città Multiverso' a ereditare il titolo il prossimo anno, iscritta nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco dal 2019. Le 'parole-chiave' saranno: identità, benessere, coesione sociale e sperimentazione artistica. A 17 anni dall’ultimo devastante sisma, l’auspicio è che, dal rischio di trasformarsi in 'città-fantasma', il capoluogo abruzzese riesca invece a produrre un modello di rilancio economico, sociale e territoriale fondato proprio sulla cultura. Tra le città finaliste, in quella tornata, poi rimaste deluse, c’erano anche Latina e Rimini.
2027:
il testimone passerà a Pordenone, non solo città industriale dell’operoso nord-est, ma culla di arte, musica e letteratura. Il suo obiettivo sarà infatti quello di “sorprendere”, facendo scoprire angoli nascosti e spazi non tradizionali. Neanche questa vittoria è stata esente da polemiche e insinuazioni di carattere politico. L’attacco è venuto prima dal sindaco di Benevento, Clemente Mastella, per l’esclusione di Pompei, poi da Reggio Calabria, con molte reazioni da parte di comuni cittadini ed esponenti del mondo della cultura. Deluse anche le altre candidate, tra cui Savona e le pugliesi Brindisi, Gallipoli e Alberobello, che aveva presentato il progetto 'Pietramadre'.
Ora non resta che attendere qualche mese per veder incoronata la prossima Capitale della Cultura italiana, sperando che la vittoria, al netto di una fisiologica competizione tra territori, non sia accompagnata da nuovi contrasti.
 


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