
Bella, amata e sfrontata, antesignana delle dive all'italiana,
Silvana Pampanini è stata la vera
'apripista' delle
'bombe sexy' del nostro cinema. Occhi grandi e comunicativi, bocca
'a cuore' e seno prorompente, stretto in corsetti che si avvitavano sopra lunghe gambe tornite, sempre esibite con disinvoltura: questo era lo stile e la femminilità di
Silvana Pampanini, la vera
'apripista' delle nostre
'maggiorate' negli
anni '40 e
'50 del secolo scorso. Nata a
Roma il 25 settembre del
1925, oggi è considerata una delle
soubrette e
attrici più apprezzate del nostro cinema. Ella fu una vera e propria
'diva' del nostro dopoguerra, dallo sguardo sensuale e dal fisico mozzafiato. Ma a prescindere da quel corpo esplosivo, si trattava di un'artista che sapeva
recitare e che si era presa anche un
diploma in pianoforte presso
l'Accademia nazionale di Santa Cecilia. Il concorso di bellezza
'Miss Italia' del
1946 fu il suo vero
'trampolino di lancio': esclusa dalla
giuria, venne
'ripescata a furor di popolo' dal pubblico, tanto da obbligare gli organizzatori del premio ad assegnarle il
titolo in
'ex aequo', che la trasformò subito in una
'ragazza-copertina' sui rotocalchi. Grazie a settimanali illustrati e cinegiornali, la sua popolarità crebbe enormemente, tanto da farla diventare
il simbolo della bellezza italiana, al pari di
Lucia Bosé e
Silvana Mangano.Gli esordi e i successiSilvana Pampanini ottenne il suo primo ruolo a
Cinecittà nel
1946, ne
'L'apocalisse' di
Giuseppe Scotese, anche se furono veterani della regia come
Guido Brignone, Giacomo Gentilomo e
Camillo Mastrocinque a insegnarle le tecniche della recitazione, durante un duro
'apprendistato' in grado di portarla al successo già due anni dopo. Il
1949 fu l'anno del successo ne
'I pompieri di Viggiù' di
Mario Mattoli, in cui interpretava
Fiamma, la figlia del capo dei
vigili del fuoco (Carlo Campanini). In un set di
'tutte stelle', in cui appariva anche la
'regina' di quell'epoca,
Wanda Osiris, la bellezza prorompente dell'ex Miss Italia, dotata di una naturalezza contagiosa e di una fisico perfetto, fece subito la differenza. Sempre nel
1949, il film
'Bellezze in bicicletta' di
Carlo Campogalliani la vide al fianco di una scatenata
Delia Scala nel ruolo di un'aspirante ballerina che voleva entrare a tutti i costi nella compagnia di
Totò. La coppia composta dalla
biondina 'tutto pepe' e dalla
mora con pose da
'femme fatale' riscosse un grandissimo successo. Un passo ancora e la sua popolarità oltrepassò i confini nazionali: diretta da
Mario Soldati in una scatenata parodia dell'hollywoodiano
'Quo vadis?', la
Pampanini vestì la stola di
Poppea, duettando con
Gino Cervi in
'O.K. Nerone', che si affermò soprattutto in
Francia. Fu così che
"Ninì Pampan" cominciò a ricevere le prime proposte di co-produzioni fra
Parigi, America del sud ed
Egitto. Tra i suoi tanti lavori, realizzati anche per la televisione, vogliamo qui ricordare
'Il candidato' del
1971, per la regia di
Maurizio Scaparro e
'Tre stelle' del
1998, miniserie diretta da
Pier Francesco Pingitore. Nel
1996 è stata pubblicata anche un'autobiografia:
'Scandalosamente perbene', edita da
Gremese Edizioni.Con TotòSilvana Pampanini ha recitato al fianco di autentici
'mostri sacri' del cinema, da
Alberto Sordi a
Totò. Il suo nome è fortemente legato al
'principe della risata'. Per anni, si è pensato che fosse lei la
'musa' ispiratrice della canzone
'Malafemmena'. Totò la conobbe nel
1950, sul set di
'47 morto che parla' e le chiese di sposarlo. La giovanissima attrice, però, rifiutò l'offerta di matrimonio. Da questo episodio sarebbe nato quel capolavoro che parla di un amore contrastato per una
'malafemmina', definizione che assume, in questo caso, il significato di
donna affascinante e
insensibile, del tutto
indifferente alle
pene d'amore che infligge al proprio innamorato.
Diva e 'antidiva'Amata dal pubblico cinematografico e televisivo,
Silvana Pampanini non è mai stata del tutto apprezzata dalla
critica, nonostante molti tra i più grandi attori e registi le riconoscessero
professionalità e
merito. Tutto questo, forse è dovuto al fatto che l'attrice abbia sempre mantenuto, con la
stampa e con i
critici, un atteggiamento da
'divina' e, contemporaneamente, da
'antidiva' per eccellenza. Un modo di fare da
'star' e, al contempo, di persona molto
semplice, che non seguiva
schemi preordinati. Ciò l'ha spesso
marginalizzata, non consentendole di rientrare nel
'cerchio magico' della
critica cinematografica e
televisiva italiana. Ma
Silvana, in realtà, aveva un carattere particolare: negli anni ha sempre fatto sentire la sua voce e ha sempre espresso, senza infingimenti, quello che pensava: una caratteristica
'imperdonabile' nell'Italia moralista e bigotta del passato, sopratutto per una donna. Le sue polemiche hanno accompagnato le pagine di costume del nostro Paese fino alla fine. Eppure, la sua
'schietta' intelligenza, oggi ci manca molto. Si è sempre definita
"una romana de' Roma" con grande orgoglio e dignità, probabilmente a lasciar intendere tutto ciò che di più
amaro, ma anche di più
nobile, la
'città eterna' ha sempre insegnato ai suoi figli.