![Renato Traquandi]()
Il ministro Lanza, una volta fermato nel traghetto partito da Napoli verso Palermo, aveva fatto rinchiudere Giuseppe Mazzini nella fortezza di Gaeta, che dieci anni prima era stata l’ultima roccaforte difensiva dei Borbone. Ecco dai carteggi pubblicati postumi cosa scrive Giuseppe Mazzini subito dopo esservi stato internato, in pieno agosto, a poco più di mese dagli accadimenti di Porta Pia: “Ho il mare, davanti a me; è la posizione stessa ch’io aveva, all’altro polo della mia vita, in Savona. E’ generalmente, e malgrado il vento che soffia, tranquillo, come un lago svizzero. Le notti sono bellissime; le stelle splendono di una luce che non si vede se non tra noi. Le amo come sorelle, le collego in mille modi all’avvenire… Si vuol sapere della vita mia? Sono trattato più che cortesemente da quanti mi avvicinano. Mi alzo alle sette, accendo un sigaro e passeggio a caso su e giù per la camera, per rimontarmi; alle otto prendo il caffè nero , poi leggo, aiutandomi di un secondo sigaro, un canto di dante o qualcosa d’altro, fino alle dieci e mezzo, allora fo colazione, due uova. Un soldato, generalmente imbrogliato circa la mia pericolosità, povero diavolo, mi fa la camera, rivoltandola in ogni sua parte. Torno a fumare e a leggere fino alle quattro; allora vado qualche volta per una mezz’ora coll’ufficiale di guardia sopra un terrazzo, da dove la vista è magnifica; ma spesso il sole è troppo caldo o soffia un vento troppo forte per me, e in quei casi frequenti passeggio in camera, leggo nuovamente. Alle sei e mezzo o quel torno pranzo: minestra, un piatto, frutta… Poi, se sono solo, torno a leggere e girovagare per la camera, ma quasi ogni sera ho la visita del colonnello che ha il comando della piazza, nella quale sono unico prigioniero. Alle undici suonate, la monotonia della vita mi spinghe a letto; leggo un po’ e spegno la candela per guardare il riflesso della luna e pensare… A cosa? Ecco! L’Italia, la mia Italia, come io l’ho predicata, l’Italia dei nostri sogni repubblicani? L’Italia, la grande, la bella, la morale Italia dell’anima mia? Questo misto di opportunisti, di codardi, di piccoli Machiavelli che si lasciano trascinare dietro alle loro ispirazioni? Io ho creduto di evocare l’anima dell’Italia e non mi vedo innanzi che il suo cadavere. E questi giovani che si lagnano, che bestemmiano, che si dicono repubblicani e non sanno trovare in sé energia che basti a organizzarsi e a formare con una contribuzione mensile una cassa? Voglio lasciare, questo discorso, che mi fa entrare la morte nel cuore… In verità, questa vita di macchina che scrive, scrive, scrive da trentacinque anni, comincia oggi a pesarmi in modo strano… ma non vorrei, non potrei addormentarmi, come nella baia di Napoli o in riva a un lago. Amo l’Italia e avrei rimorso, se anche potessi, di esser felice mentre essa si priva di onore, mentre i suo sorgere, invece di essere il sorgere di un grande e virtuoso popolo, è un numero di reggitori materialisti e prosaici, adoratori di se stessi e non dell’avvenire nazionale. Io… non posso, dunque, aver pace…”.