![Giorgio Morino]()
Il mondiale è finito. Non bisogna più preoccuparsi dell’ora in cui vedere la partita. L’Italia torna a casa eliminata, per la seconda volta consecutiva, nella fase a gironi, con una sola vittoria e due gol all’attivo. Poco, troppo poco per una squadra che alla vigilia si era candidata al ruolo di possibile ‘mina vagante’ della competizione, capace di poter mettere in difficoltà ogni avversario. La prima vittoria contro l’Inghilterra ci aveva illuso, aveva fatto credere, ma forse solo fino a un certo punto, che la forza dell’Italia fosse nella determinazione collettiva e nello spirito di gruppo, piuttosto che risiedere nelle abilità dei singoli. Il mondiale in Brasile rimarrà come una bruttissima fotografia della nostra nazionale: l’emblema di mille contraddizioni che funestano il nostro calcio a ogni livello e che, adesso, sono sotto gli occhi di tutto il mondo. Un vero peccato, un’occasione mancata e la sensazione che, in fondo, forse sarebbe bastato molto poco all’Italia per andare avanti. Forse un po’ di coerenza in più. Forse solo la voglia di vincere. Portando l’orologio indietro di due anni, l’Italia, sempre sotto la guida tecnica dell’oggi dimissionario Cesare Prandelli, era riuscita ad arrivare alla finale del Campionato europeo, uscendo in finale contro una stratosferica Spagna, ma convincendo tutti per la qualità del gioco espresso sul campo. Di quella nazionale oggi restano solo brandelli azzurri. I dubbi sulla capacità dell’Italia di poter affrontare una competizione impegnativa come il mondiale erano molti, già alla vigilia. Le convocazioni del commissario tecnico avevano destato molte perplessità. Una sola punta centrale di ruolo, Balotelli, troppi centrocampisti con le stesse caratteristiche e l’incertezza sul modulo di gioco, il discusso “codice etico” sulle convocazioni, applicato solo in determinate condizioni non per tutti i giocatori. Si tratta di un complesso mosaico che si è distrutto nel corso di tre partite. Due gol segnati sono troppo pochi. E se non si segna, in questo sport non si vince. La sconfitta dell’Italia ha generato un terremoto istituzionale, con le dimissioni di Prandelli e del presidente della Figc, Giancarlo Abete. L’intero calcio italiano deve ricominciare da zero ora, ricostruirsi da queste macerie brasiliane senza aggrapparsi a scuse banali come l’arbitraggio o il morso di Luis Suarez a Giorgio Chiellini (un gesto vergognoso che non deve spostare il giudizio complessivo sulle prestazioni azzurre). Bisogna ripartire con uno spirito diverso e iniziare già a preparare il prossimo appuntamento: l’Europeo in Francia nel 2016.