
Lo scorso 4 dicembre 2025, a Villa Mirafiori, presso il Dipartimento di Filosofia de ‘La Sapienza’ di Roma, la giurista e ricercatrice torinese dell’Università di Leiden (Olanda), Carlotta Rigotti, ha spiegato cosa sono i 'robot sessuali' dal punto di vista filosofico e giuridico, illustrandone rischi, benefici e implicazioni future. Si tratta di macchine con sembianze antropomorfe, programmate per interagire sessualmente ed emotivamente con l’utente. L’idea del 'sex robot' affonda le sue radici nell’antico mito di Pigmalione, che riflette la ricerca del compagno o della compagna ideale. Già nel XVII secolo esistevano bambole sessuali utilizzate sulle navi, poiché in quel periodo si pensava che la presenza femminile portasse sfortuna durante il viaggio. Negli anni duemila comparvero i primi tentativi di integrare l’intelligenza artificiale nei 'sexbot'. mentre oggi, in Cina, si promette "l’implementazione dell’intelligenza artificiale generativa". Dal punto di vista commerciale, acquistare un robot sessuale significa scegliere le sue caratteristiche fisiche e la personalità che dovrà avere. Questa possibilità di personalizzazione riguarda quasi esclusivamente i 'robot sessuali' femminili, i più presenti sul mercato, poiché i produttori tendono a soddisfare la domanda commerciale prevalente. È proprio questa ambizione, unita alla ricerca di piacere e relazione, a distinguere i 'sexbot' dai 'sex toys' e dalla pornografia. La giurista ha ricordato, inoltre, che esiste una letteratura sulla cosiddetta 'terza rivoluzione sessuale', in cui si discute dei 'sexbot' come agenti capaci di offrire non solo piacere, ma anche legami affettivi. Durante il seminario, la ricercatrice ha illustrato i rischi legati ai robot sessuali. Gli agenti artificiali, infatti, possono favorire un incremento dell’oggettificazione della donna, della discriminazione e della violenza di genere. Un ulteriore rischio riguarda il possibile blocco della crescita individuale dell’utilizzatore, un processo involutivo noto come “infantilizzazione”, che può condurre all’isolamento del singolo individuo. Rilevante è anche il problema della violazione della privacy. Tra i benefici legati ai 'sexbot', invece, la studiosa torinese ha menzionato la promozione della libertà individuale, la possibilità di affrontare alcune disuguaglianze sociali, un potenziale miglioramento dell’educazione sessuale e, più in generale, della salute sessuale. Dal punto di vista giuridico, esistono due proposte normative riguardo i robot sessuali: una indirizzata verso il 'laissez-faire' e una proibizionista. La prima ritiene la tecnologia neutra, perciò propone un intervento legislativo minimo; la seconda rientra nel diritto penale e vorrebbe essere funzionale al contrasto della violenza di genere, stabilendo ciò che è permesso e ciò che è vietato. Secondo la ricercatrice, la soluzione migliore consiste nel bilanciamento delle due prospettive. La ricercatrice Rigotti ha poi osservato che nel diritto non esiste una definizione univoca di “atto sessuale”. Il diritto presenta la tendenza a bilanciare un approccio oggettivo, che considera l’atto in sé come naturale e, quindi, non meritevole di definizione dettagliata, con un approccio soggettivo, centrato sulla percezione e sull’intenzione delle parti coinvolte. Ancora oggi, si discute su come definire la copula tra essere umano e macchina: per alcuni, si tratterebbe di una forma tecnologica di masturbazione, di una masturbazione 'hi-tech'; per altri, di una simulazione di relazione interpersonale. La giurista ha concluso parlando di "consenso sessuale". Ella ha sottolineato che il consenso è trasformativo: ridefinisce i rapporti tra gli individui e tra individuo e Stato, delimitando ciò che è permesso e ciò che non lo è dal punto di vista legale. Le valutazioni possibili sono due: quella fattuale, basata su ciò che è realmente accaduto e quella giuridica, basata sull’interpretazione dei fatti da parte del diritto, spesso complessa e più sfumata. Nei robot sessuali, il consenso è programmato in modo implicito, ma costituisce comunque un ostacolo per un agente progettato per adattarsi totalmente ai desideri dell’utilizzatore. E' certo, però, che il 'sexbot' possa riprodurre una forma espressiva di consenso, come mostrato da vari studi nel campo della 'computer science'. Il consenso sessuale potrebbe diventare un mezzo per rendere possibile una più libera espressione sessuale di questi agenti e, nel tempo, contribuire a trasformare l’attuale politica sessuale. A nostro parere, il seminario è stato gestito dalla giovane ricercatrice con grande efficienza, poiché ha saputo trattare una vasta gamma di argomenti e, grazie anche a una serie di domande rivolte agli studenti, è riuscita a mantenerne viva l’attenzione. In conclusione, la lezione ha suscitato un notevole interesse verso questi agenti artificiali, per le ragioni e i motivi di un loro utilizzo e per le conseguenze, tecnologiche e giuridiche, che potrebbero emergere in un futuro non troppo lontano.