Giuliana Sgrena, Maria Grazia Calandrone, Anna Foglietta e tanti altri ci hanno raccontano il bello dell'editoria
Dopo quindici anni di storia nella provincia di Rieti, l'appuntamento con 'Liberi sulla carta', fiera dell’editoria indipendente, si è trasferito a Roma con una nuova edizione ospitata a Borghetto San Carlo dal 12 al 14 settembre scorso. Non solo un festival letterario, ma un progetto culturale che, negli anni, ha saputo dare spazio e voce a centinaia di piccoli editori, migliaia di libri e decine di autori, i quali spesso faticano a trovare visibilità nei circuiti tradizionali. Se in termini numerici l’impatto sull’industria editoriale può sembrare minimo, c'è un grande valore simbolico e politico dietro. 'Liberi sulla carta', infatti, difende la ‘bibliodiversità’, come ci ha spiegato il direttore artistico, Fabrizio Moscato, dimostrando che i libri cosiddetti “minori” possono incontrare il loro pubblico. E che, intorno alla lettura, si possono costruire comunità, esperienze e relazioni autentiche. Abbiamo perciò chiesto a Fabrizio Moscato di raccontarci la visione che ha animato questa prima edizione romana, al fine di riflettere sul futuro del libro e della lettura in Italia.
Fabrizio Moscato, cosa porta l'esperienza di ‘Liberi sulla carta’ al mondo dell'editoria indipendente? E qual è il suo valore aggiunto?
“Negli anni, ‘Liberi sulla carta’ ha portato ai lettori migliaia di libri, facendo loro incontrare anche editori che hanno maggiori difficoltà a ottenere spazi e visibilità. Nel mondo dell'editoria si tratta di meno di una goccia nel mare, per cui in termini pratici l'impatto è trascurabile dal sistema. Ma in termini simbolici, invece, ‘Liberi sulla carta’ è una testimonianza quasi unica e fortissima, che lancia un segnale forte: è possibile parlare di libri anche difendendo la ‘bibliodiversità’. Anche i libri degli editori minori possono incontrare il proprio pubblico: non dobbiamo per forza uniformare l'offerta. E se i lettori sono pochi per tener vivo un mercato sempre più concentrato, la strada è quella di aumentarli, abituando le persone a scegliere la lettura per mostrare loro che intorno ai libri si possono costruire esperienze bellissime”.
Cosa ne pensa della notizia di questi ultimi giorni, della decisione della Danimarca di eliminare l'Iva sui libri per aiutare il comparto? Sarebbe replicabile anche in Italia?
“Sicuramente, la riduzione di ogni tassa orizzontale è sempre una buona notizia. Ma non sono in grado di dire se ciò comporterà un effettivo vantaggio per il comparto, anche se un prezzo più basso certamente può aiutare. In Italia, sembra difficile qualsiasi riduzione delle imposte, ma siamo sicuri che il problema dei libri sia il prezzo? Certamente, per alcuni può esserlo, ma in fondo un libro costa meno di un biglietto allo stadio nei posti popolari. E si tratta di un'esperienza destinata a durare molto di più. Si possono prendere libri gratuiti in biblioteca; vedo sbucare ovunque spazi di ‘book crossing’; per non parlare della pratica di prestare i propri libri. Davvero chi non legge lo fa per il prezzo di copertina? O forse non siamo stati capaci di costruire un ‘bisogno del libro’ o la sua presenza nella quotidianità? Io sono dell'idea che avremmo bisogno di meno titoli fagocitati in poche settimane dal mercato e una politica del libro fatta sì dal legislatore, ma anche dai professionisti del settore, volta a formare nuovi lettori e non soltanto tentativi di ‘accalappiare’ nuovi temporanei clienti di best seller, pronti a volatilizzarsi una volta passato il ‘titolo di moda’. A ‘Liberi sulla carta’, stiamo provando a fare anche questo”.