Valentina Spagnolo

Si sono svolte, nello scenario di Palazzo Reale a Napoli, lo scorso mese di ottobre, le tre giornate dedicate ai 'Dialoghi del Mediterraneo' 2025. Si è trattato, quest'anno, di un appuntamento particolarmente importante, considerando la recentissima apertura al piano di pace per Gaza. I focus su tale teatro di crisi, in effetti sono stati molti. E ci teniamo a riportare le principali riflessioni e considerazioni offerte dai ministri, ricercatori e studiosi presenti all'appuntameno partenopeo. L’importanza dei 'Dialoghi del Mediterraneo' hanno ormai assunto rilievo su ogni aspetto considerato, in funzione dei possibili sviluppi economici e geopolitici legati alle dinamiche sovranazionali. L’Europa, l’Asia e l’Africa rappresentano dei continenti ormai legati da multiple potenzialità di interconnessione. La digitalizzazione, le energie rinnovabili e le risorse particolari di ogni Paese governano plurimi fattori di rischio per le economie interne. Favorendo, invece, uno sviluppo consapevole e globale, si creerebbe una sinergia tra gli Stati su progetti pianificati o già in evoluzione, generando una ripartenza di un concreto ciclo produttivo. I massimi esponenti dei Paesi coinvolti nei vari piani di sviluppo hanno reso palesi le ragioni di questa interconnessione, sia per l’assoluta esigenza di non escludere dai piani già avviati i singoli Paesi richiedenti, sia in termini di un maggior coinvolgimento europeo quale massima prerogativa di progresso economico innestabile in ogni sua dimensione, nonostante le complesse circostanze geopolitiche. I conflitti che stanno destabilizzando, negli ultimi anni, i territori europei orientali e sud-orientali ne sono la plastica dimostrazione. Le coordinate, purtroppo, sono dettate dall’evoluzione dei conflitti medesimi, per cui si rende necessaria una globale riflessione. Le risorse in campo vedono l’azione diretta degli Stati Uniti, soprattutto dopo gli interventi del presidente Trump. Una riflessione di natura scientifica non ha potuto tralasciare l’impegno favorevole e una posizione più avanzata da parte del presidente americano, che comunque rappresenta un punto di riferimento su cui si basare ogni analisi sul piano di ricostruzione e la riuscita dello stesso, soprattutto a Gaza. La richiesta imminente e necessaria della pace rappresenta, perciò, un elemento imprescindibile per poter parlare di piani di sviluppo. Le risorse e le economie di ogni Paese possono avanzare solo attraverso una distensione del 'quadro' geopolitico: la pace è, dunque, diventata un’esigenza fondamentale e determinante. “Adesso, bisogna scommettere sui progetti di investimento e le loro potenzialità, pensando al futuro dei nostri ragazzi”, è stato il monito della deputata e ministro degli Esteri della Grecia, Alexandra Papadopoulou. Sono chiare, altresì, le visioni dei Paesi rivolti all’interconnessione, soprattutto in tema di energie rinnovabili e investimenti nelle risorse primarie. L’india, la Cina, l’Africa, l’Europa e gli Emirati Arabi debbono creare un 'ponte' lineare, unico e completo in cui potersi riconoscere. Da un punto di vista economico, l’esigenza di ampliare i progetti già avanzati secondo i precedenti ‘corridoi’, porterebbe dare risultati evidenti. La richiesta dello sviluppo di un import-export su larga scala potrebbe riguardare beni e risorse di natura differente e diversificata. La ricchezza di uno scambio su un’area più estesa porterebbe risultati concreti e positivi per ogni Paese coinvolto, generando una sinergia favorevole allo scambio culturale e alla possibilità di generare migliori condizioni di stabilità geopolitica. Un altro punto saliente e importante per la vita delle popolazioni riconosciute dagli Stati richiamati ai piani di azione in evoluzione, è l’istruzione. Risultano, infatti, esaltati i fattori positivi degli scambi culturali avanzati da parte delle Università. Esemplare, per esempio, la sperimentazione vincente dell’Italia con la Cina nell’ultimo decennio. L’incontro e il confronto culturale deve portare a una equiparazione dell’offerta formativa, portando alla formazione di nuove categorie professionali, specializzate e competitive, in ogni settore. Creare un terreno accogliente e favorevole per le popolazioni più giovani, in un’ottica di riconoscimento culturale di ordine globale, condurrebbe verso un ‘nuovo umanesimo’. E, soprattutto, ci allontanerebbe dai formalismi sterili, rispondendo alle esigenze primarie e intellettuali delle singole persone, nonché realizzando l’ideale di una comunità attiva, partecipe, posta sullo stesso livello di tutti gli altri Stati nel mondo.


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