Valentina Spagnolo

Un pensiero di Papa Francesco, recentemente scomparso, recitava: “Fa molto bene fare memoria del bene”. Una riflessione da cui ha preso le mosse il libro ‘Benevolenza: la grande assente’ (Youcanprint Edizioni): una rassegna a più voci, scaturita da riflessioni ed esperienze molto personali. Può un libro produrre qualche effetto anche all'esterno, generando ‘il senso dell'Altro’ come vera origine della benevolenza? Gli autori lo sperano, in un tempo in cui sembrano prevalere gli ‘odiatori’ e la malevolenza. Una raccolta curata da suor Cristiane Pieterzack che non solo ci invita a riconsiderare il valore della benevolenza, ma soprattutto ci ricorda che essa è come un 'boomerang': in qualche modo, con i suoi tempi e sotto diverse forme, essa torna sempre indietro. Ne abbiamo parlato con Roberta Cerina, eccellente pedagogista che ha collaborato con un proprio saggio alla costruzione di questo volume, insieme ad Antonio Lucarelli, Alessandro Ciolfi, Francesca Lupparelli, Ivan Ilardo, Roberta Cerina, Matteo De Simone, Pietro Grassi, Stefano Rapino, Enrico Girmenia, Alessia Savo, Roberta Berrè e Maria Cherchi. Il tutto preceduto dall’autorevole prefazione di monsigner Vincenzo Paglia, sempre e puntualmente in 'prima linea' nel tentativo di far convergere sociologia, scienze sociali e filosofia morale.

Roberta Cerina, la benevolenza è una dote innata, oppure si acquisisce col tempo e con l'insegnamento dell'Altro?
“Come ho scritto nel libro, io credo che la benevolenza sia fondamentalmente presente in ognuno di noi, ma come accade per qualsiasi altra attività di tipo interpersonale, per poter essere esercitata con efficacia, necessita di consapevolezza e attenzione. Oggi emerge, con sempre maggiore chiarezza a mio avviso, che la nostra società è sempre più carente di rapporti interpersonali autentici, fondati sul rispetto, sulla capacità di ascolto e di accoglienza, mentre predominano le relazioni superficiali e ‘poco impegnative’, dalle quali ‘entrare’ e ‘uscire’ con facilità. Per riscoprire la ‘benevolenza’ che è in noi, io penso sia sufficiente guardarsi dentro: un piccolo esercizio di introspezione che ognuno di noi può fare. Questo è il primo passo per decidere di dare un senso nuovo al nostro stare insieme agli altri”.

E’ più facile riconoscere la benevolenza nelle fasi di crescita di un bambino, oppure sceglierla da un adulto?
“La benevolenza cresce insieme a noi, inizia con noi. Ma come ho già detto, si tratta di un percorso costruttivo, che facciamo per tutta la vita. Se ci guardiamo da fuori o se ci sforziamo di ricordare quelli che eravamo qualche tempo fa, emerge che oggi siamo diversi, siamo cambiati: il nostro agire e il nostro pensare sono frutto di un percorso che abbiamo iniziato e che stiamo ancora vivendo ma che, nel frattempo, ci ha cambiati non solo esteticamente, ma soprattutto per come oggi percepiamo la vita e, con lei, tutto ciò che ci circonda e con cui ogni giorno interagiamo”.

Quindi, l'innocenza dei bambini e la tenerezza degli animali domestici, esseri irrazionali a cui dedicare rispetto, cura e affetto, si distingue dall'estraneità e dalla dissociazione dell'adulto, allontanando la benevolenza da un aspetto più consapevole nella nostra società di adulti: è corretto?
“Diciamo che i bambini sono testimoni e depositari di alcuni sentimenti e atteggiamenti che, purtroppo, in età adulta siamo portati a mettere da parte. Il primo aspetto da considerare, per comprendere l’importanza di riscoprire questi sentimenti e tornare a coltivarli per stare meglio con noi stessi e con gli altri, è legato alla capacità, innata nei bambini, di comunicare con efficacia, sia con il linguaggio verbale, sia con quello del corpo. La ‘chiave’ di questa comunicazione è l’empatia, oggi poco esercitata tra gli adulti, anche se presente in ognuno di noi. Un sentimento che ci permette di indossare i panni degli altri ogni volta che la situazione ce lo suggerisce, invece di far finta di non vedere o sentire. E’ questo stato d’animo che, di fatto, ci rende protagonisti di un gesto di benevolenza, con quella pioggia di effetti e sensazioni inebrianti che ne deriveranno: provare per credere! Per quanto riguarda la cosiddetta ‘Benevolenza a quattro zampe’, sono convinta che se si ha un animale vicino, che amiamo e di cui ci prendiamo cura, la benevolenza diventa parte integrante della nostra vita. Abbiamo molto da imparare dagli animali, in termini di benevolenza: essi ci insegnano, senza parlare o scrivere, che la prima benevolenza che dobbiamo esercitare è proprio quella verso noi stessi. Troppo spesso, infatti, la cronaca ci racconta di vite interrotte dalla depressione, dalla solitudine e dall’assenza di amore. Gli animali, invece, sanno ‘fare squadra’, sanno unire le forze per la sopravvivenza, sempre e comunque, contro ogni avversità, trovano il coraggio e la forza di resistere. Ed è proprio questo ciò che dovremmo imparare a fare: osservando gli animali, possiamo ritrovare la forza di combattere le difficoltà, spendendo ogni risorsa in nostro possesso e accogliendo l’aiuto e la benevolenza di chi ci circonda e della quale, spesso, facciamo finta di non aver bisogno”.

Lei sembra cogliere una profonda incapacità a riconoscere la benevolenza come valore fondamentale della nostra esistenza: ciò è il riflesso di una trasformazione delle relazioni sociali?
“Le relazioni sociali sono al centro di questo libro, in vario modo. Secondo le nostre personalità e formazioni professionali, noi autori abbiamo cercato di raccontare la benevolenza partendo proprio dalle azioni e dal comune sentire la vita e i rapporti che ogni giorno ci animano. Sono convinta che solo dedicando più attenzione e consapevolezza alle relazioni sociali potremo dare un svolta in positivo alla qualità dell’esistenza come comunità. Se oggi siamo costretti a fare i conti con la crisi della famiglia e della coppia non solo in termini di capacità di convivenza e realizzazione, ma anche e soprattutto guardando al calo demografico, alla violenza domestica e ai femminicidi, il minimo che possiamo fare è interrogarci su cosa stiamo sbagliando e in cosa possiamo fare per correggere la rotta. E’ opinione condivisa che il ruolo della famiglia sia fondamentale per la crescita e la formazione delle nuove generazioni. Sarebbe, quindi, opportuno correre ai ripari, programmando azioni mirate in favore delle famiglie e di tutte le istituzioni che hanno come priorità l’accoglienza, la cura e il sostegno dei bambini e dei giovani, ai quali è affidato il compito di portare avanti una società sana, fondata sui valori fondamentali della vita umana”.

Il senso di umanità e la vicinanza all'Altro non sono più frutto di una educazione familiare indotta: come uscire dall'egocentrismo ed egoismo attuale ?
“La vicinanza e il rispetto per l’Altro sono un bagaglio culturale, che ognuno di noi impara a riconoscere e a esercitare partendo dall’esempio fornito dalla famiglia di origine. Tuttavia, è altrettanto vero che la crescita individuale ha bisogno anche di infrastrutture e servizi efficienti, che una società moderna come la nostra ha il dovere di garantire. La scuola, già dal ciclo dell’infanzia, svolge, insieme alla famiglia, un ruolo importantissimo, gettando le basi di una formazione che punti, oltre alla cultura, spesso puramente nozionistica, alla realizzazione di cittadini e cittadine del mondo. Infine, penso che per contrastare l’egocentrismo e la tendenza a promuovere l’egoismo nella società attuale, si debba partire dal rimettere al centro del comune pensiero il valore della famiglia intesa come comunità. Nel libro, per esempio, io rifletto sull’importanza di tornare a raccontare, a leggere e a scrivere, come sottolineano anche diversi studiosi e osservatori dell’età evolutiva. Un ruolo, questo, che in passato era garantito dai nonni e dagli anziani, custodi preziosi del sapere e delle tradizioni culturali, oggi sempre meno presenti e sempre più emarginati. Infine, bisognerebbe spostare l’attenzione dal solo interesse personale, favorendo i rapporti con l’Altro e con il gruppo, per contrastare il dilagare dell’egoismo e dell’egocentrismo, comprendendo appieno l’esistenza dell’Altro. Aprendo le porte alla benevolenza”.
 


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