Vittorio Lussana

Papa Leone XIV è un ‘agostiniano’. Cosa significa ciò? Semplicemente, che egli si richiama a un ordine religioso, quello di Sant'Agostino, molto rigoroso, in origine addirittura ‘eremitico’, basato sulla regola riassunta nell’equazione: austerità=solitudine. In secondo luogo, Papa Prevost è anche un matematico, dunque apprezzerà che utilizziamo, come punto di partenza del suo pontificato, un’equazione scientifica. La quale, in termini razionalistici, è sinonimo di riflessività ed equilibrio meditativo. Dunque, abbiamo un Papa filosofo: una via di mezzo tra ascetici e pastorali, carismatici e umanisti, conservatori e progressisti. Gli ‘agostiniani’ sono dei razionalisti che osservano la frontiera dell’eresia senza però varcarla. Si affacciano su di essa, ma non si addentrano. Professano uno spirito missionario e di carità che riesce a mediare il misticismo ascetico, riportandolo nell’alveo di un cattolicesimo più organico. Anche Martin Lutero era un ‘agostiniano’, il quale decise di varcare il confine con l’eresia, al fine di tentare, per proprio conto, una via riformista e protestante. Un pontefice ‘agostiniano’ è un Papa di centro. O di ‘grande centro’: una categoria rispolverata consapevolmente dai cardinali riunitisi in conclave. Un ‘centrismo’ resuscitato da una doppia esigenza della Chiesa di Roma: a) riequlibrare il proprio baricentro interno, evitando eccessive ‘fughe in avanti’; b) proporre verso l’esterno una visione teologica che si richiami a uno spirito missionario e alla figura del Cristo-Uomo. Ovvero, non un Gesù ‘superomista’ o ‘illuminato’, bensì ‘uomo fra gli uomini’. E infatti, già al secondo giorno di pontificato, Leone XIV lo ha specificato puntualmente. Si tratta, in realtà, di un’antica polemica risalente ai tempi della prima formulazione di una dottrina sociale della Chiesa in grado di rispondere alla sfida socialista, che tuttavia si ritrovò su posizioni di conservazione nei confronti di fumetti, cinema, televisione e cultura teatrale. Il cattolico ‘agostiniano’, in linea di massima, preferisce fare piuttosto che dibattere o creare, impegnandosi in compiti di carità, di vicinanza verso chi soffre e di spirito missionario. Nei confronti dello sviluppo tecnologico, per esempio, un ‘agostiniano’ conta ‘fino a dieci’ prima di accennare un giudizio. Una prudenza cautelativa niente affatto negativa, dati gli attuali 'lumi di Luna'. Ci sarebbe da dire che non tutti i ‘superomismi’ sono viziati dall’errore degenerativo o irrazionalista. Soprattutto, quando cercano di elevare l’uomo al di sopra della mediocrità delle masse. Il problema sollevato dal superomismo tedesco del secolo scorso, per esempio, non riguardava tanto ‘l’Ubermensch nietzschiano’, quanto l’interpretazione strumentale utilizzata dagli ambienti militari tedeschi e prussiani usciti sconfitti alla fine della prima guerra mondiale, i quali si diressero dritti di filato verso l’hitlerismo nazionalsocialista. E’ corretto dubitare nel merito di un Cristo ‘miracolista’: una sorta di ‘mago-guaritore’ che restituisce la vista ai ciechi, guarisce gli infermi e resuscita i morti, poiché si corre veramente il rischio di sfociare nella superstizione o nell’esoterismo. Ma il Cristo-Uomo rimane un tentativo di storicizzazione di un leader carismatico che non risolve il mistero, per esempio, di un ‘Gesù alieno’, che risorge dopo 3 giorni dal mondo dei morti, spostando una pietra tombale pesante diverse tonnellate. E’ giusto che il fedele si addentri all’interno di quel mistero. E Papa Prevost lo sa perfettamente, poiché ha richiamato il “Cristo risorto” come primissimo concetto del proprio pontificato. In quanto ‘agostiniano’, egli non può mettere in discussione la dottrina canonica della Chiesa di Roma, poiché esistono dei confini che persino lui non può superare. Può rielaborare la figura di un Cristo-lavoratore, artigiano nell’azienda di famiglia, oppure figliuolo di un carpentiere. Egli può, inoltre, addentrarsi, come fece Jacques Maritain, all’interno di un territorio sociale, che non risulta affatto ostico per i cattolici. I quali sono, in effetti, sociologicamente dei popolari, cioè degli uomini che appartengono anch’essi alla classe sociale dei lavoratori. Tuttavia, il fatto che una parte dei fedeli stia cercando altre vie, per riflettere nel merito di alcuni misteri, non è un dato eretico di per sé. Purché la cosa non sfoci nell’irrazionalismo o nella costruzione di gabbie ideologiche che producono solamente meccanismi gerarchici, come quelli composti dalla triade 'Dio, Patria e Famiglia'. Anche chi non possiede una colonna vertebrale filosofica ha pieno diritto di cercarsela. Noi continuiamo a consigliare uno spiritualismo fondato su un "pensiero che pensi se stesso”, basato cioè sulle migliori intenzioni, imperniato attorno a un interventismo ‘puro’, in grado di concepire qualche ‘extrema ratio’. Insomma, noi riteniamo più semplice tornare a una sorta di ‘attualismo’, che sappia convivere con le altre culture democratiche. Gli integristi e gli irrazionalisti più radicali non vanno abbandonati a loro stessi, perché c’è il rischio che si rivolgano a degli arrivisti come Steve Bannon, alle interpretazioni ‘alla lettera’ di Mauro Biglino o, persino, a un ‘gangster’ come Donald Trump. Il Cristo-Uomo era, dunque, un lavoratore, che aveva tentato di teorizzare una società basata sulla solidarietà collaborativa tra le diverse classi sociali. Siamo cioè in un territorio pienamente sociale, se non socialista. Ma a prescindere dalle etichette squisitamente politiche, il vero nucleo filosofico degli ‘agostiniani’ è il cristianesimo sociale. Tutto il resto, sono solamente ipotesi: mezze verità totalmente slegate tra loro.




Direttore responsabile di www.laici.it

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