E così siamo alla vigilia di un nuovo ritorno del centrodestra al Governo. Nessun pregiudizio, figuriamoci, se non fosse per il fatto che, in questi anni di esecutivi a 'guida-Pd', il cosiddetto fronte 'moderato' è cambiato pochissimo: stessa inaffidabilità giuridica; identica composizione di un'eventuale squadra di ministri e sottosegretari; problemi seri nell'indicazione di un leader effettivo; la più totale mancanza di ogni genere e tipo di analisi sociale; tesi 'sgangherate' sotto il profilo economico, come per esempio quella della doppia circolazione monetaria. La crisi di rappresentanza di questi ultimi anni, infatti, non riguarda solamente il centrosinistra, bensì l'intero sistema politico italiano, compreso il Movimento 5 Stelle. Cialtronerìa e incompetenza rimangono i mali di fondo di tutti e tre i 'poli', che si avviano verso la prossima campagna elettorale. 'Poli' i quali stanno scontando la colpa di non aver minimamente stimolato alcuna selezione interna del proprio personale amministrativo. Nel Partito democratico, per esempio, l'esperienza degli anni più recenti ha lasciato emergere, qui e là, alcune competenze effettive, come nel caso del ministro Calenda: un manager assai poco amato, almeno fino all'infortunio della ministra Guidi sui pozzi petroliferi lucani. Ma la stessa cosa, in passato, era accaduta anche al centrodestra: l'affidamento del Viminale al 'moroteo' Beppe Pisanu avvenne, per esempio, dopo le dimissioni di Claudio Scajola a seguito della sua 'scivolata cipriota' su Marco Biagi, definito con discutibile diplomazia: "Un rompicoglioni". Insomma, quando si trova un politico valido e affidabile, ciò avviene quasi sempre per caso, oppure in seguito a qualche 'disastro'. Per non parlare degli aspetti programmatici: circola, nelle file del centrodestra, Lega Nord compresa, la tentazione di emettere una seconda moneta 'interna', che permetta al Tesoro di far 'girare' una maggior quantità di denaro liquido, per i singoli cittadini e le imprese. Una soluzione da Stato socialista, che garantisce solamente un ulteriore aumento del debito, oltre a non stimolare minimamente le esportazioni. Infatti, in base al Trattato di Maastricht e sue successive modificazioni, sui mercati internazionali le aziende di ogni singolo Stato-membro dell'Unione europea possono acquistare o vendere solamente in euro. Dunque, la circolazione esclusivamente interna di una moneta debole non serve a nulla, se non ad aumentare la confusione e a far fuggire gli investitori stranieri, trasformandoci in una più moderna riedizione dell'India coloniale britannica. In buona sostanza, il solo e unico modo che la politica italiana conosce per governare l'economia è quella di "fare buffi", come si dice a Roma. Ma con i soldi in tasca, tutti son capaci di diventare dei 'novelli' Luigi Einaudi. Senza contare che una vecchia norma approvata dal Governo Forlani nel 1981 impedisce al Tesoro di stampare carta moneta come pare e piace: può chiederlo, ma solamente entro certi limiti, imposti dalla Banca d'Italia. In questi ultimi decenni, l'incompetenza e la scarsa conoscenza dei problemi da parte della nostra classe politica, quella della 'seconda Repubblica', è stata in parte compensata dalla cautela e dall'esperienza 'tecnica' della nostra burocrazia. La quale, tuttavia, è anch'essa cambiata. In peggio, ovviamente, poiché 'arrugginita' dalle lunghe fasi di 'blocco' delle assunzioni nel pubblico impiego, che ne hanno innalzato l'età media. Oppure, al contrario, danneggiata da un lentissimo ricambio generazionale, il quale quasi mai si è mostrato all'altezza delle vecchie 'perfomances' professionali. Insomma, la riflessione in merito a un Paese come l'Italia, che rischia di non riuscire ad agganciare il 'treno' della ripresa economica internazionale, è assai più complessa di come ce la pongono, in televisione o sui giornali, le varie forze politiche, con i loro slogan populistici e le soluzioni 'facili' da esse prospettate. "Le bugie hanno le gambe corte", ci dicevano un tempo i nostri nonni. Esse, però, hanno anche un'ampia 'presa' su una fascia di politici dalle 'corte vedute'.