Anche se stiamo stilando queste prime considerazioni innanzi a un esito referendario ancora provvisorio, ci sembra evidente che siamo di fronte a una sconfitta 'cocente' per l'attuale presidente del Consiglio e Segretario nazionale del Partito democratico, Matteo Renzi. Una sconfessione evidente, che gli italiani hanno fornito innanzi a un 'disegno' e a una lunga serie di atteggiamenti determinati, innanzitutto, dalla ormai nota 'ubriacatura' ottenuta alle elezioni europee del 2014. Quella 'tornata' elettorale ha letteralmente illuso l'intera classe politica 'renziana', colpevolmente dimentica degli insegnamenti dei 'padri' e persino dei 'fratelli maggiori', i quali hanno più volte sottolineato come il voto europeo sia sempre un dato da prendere con le 'pinze'. Anche il Partito comunista italiano, alle elezioni europee del 1984, riuscì a sorpassare la Democrazia cristiana in seguito alla spinta emotiva per l'improvvisa e drammatica scomparsa di Enrico Berlinguer, ma poi non fu affatto in grado di gestire quel risultato negli anni successivi. Dare per scontato un 40,8% puramente momentaneo è stata una clamorosa e persino arrogante ingenuità, commessa da Matteo Renzi e dal suo intero gruppo dirigente. In secondo luogo, era stata più volte sottolineata la 'sindrome veltroniana' del 2008, allorquando il Partito democratico si giocò la partita contro Silvio Berlusconi aspirando a diventare una forza a 'vocazione maggioritaria'. Un disegno ripetutamente segnalato come 'utopistico': il 'Partito della Nazione' è una 'trappola mediatica' che, in realtà, non ama nessuno. Il dato austriaco di questi stessi giorni dimostra come la socialdemocrazia, in coalizione con le forze ambientaliste - data l'evidenza delle emergenze climatiche, di sostenibilità ambientale e di manutenzione del territorio - seppur 'scalcagnata' e stracolma di problemi, rappresenti l'unica 'formula' in grado di 'tenere botta' ai populismi e agli estremismi, per intrinseche ragioni di attualismo politico e di naturale opposizione verso un'ottusa politica di 'austerity' delle forze popolari e moderate, capaci solamente di alimentare qualunquismi e neo-nazismi. Il disegno corretto rimane quello di un Pd 'pilastro' di una larga coalizione di forze in grado di realizzare un coerente programma di riforme di 'struttura', capaci di ridare slancio all'economia, aprendo ai nostri giovani innovativi percorsi di vita attraverso la 'green economy' e una liberalizzazione delle professionalità legate allo sviluppo tecnologico e alle nuove forme di comunicazione. Invece, si continua a voler 'resuscitare' la Democrazia cristiana: ma perché mai, di grazia? Una moderna sinistra 'liberal' all'interno di un alveo programmatico socialdemocratico e ambientalista non appare assai migliore rispetto a una 'pastoia' di 'correnti' che si combattono tra loro, spacciando le proprie 'beghe' interne come questioni di fondamentale importanza per il Paese? No: si deve per forza continuare a perseguire il potere per il potere. Infine, un'ultima desolante considerazione sugli atteggiamenti proposti da Matteo Renzi: un 'giovanilismo' che 'rottama', insieme a una serie di leader ed esponenti politici ormai 'datati', tutta una 'fascia di mezzo' di 50enni perfettamente giunti a uno stadio di effettiva maturazione, è stato un ulteriore errore 'massimalista'. Per non parlare dello stucchevole ricorso a deliranti slogan e metodologie di comunicazione da 'televendita televisiva', che hanno finito con l'evidenziare la più assoluta mancanza di idee e alternative praticabili, oltre a un ritardo culturale a dir poco aberrante. Il 'ragazzo' ha preso la 'sveglia': l'unico consiglio, a questo punto, che si può dare appare quello di un necessario, quanto urgente, 'bagno d'umiltà'. E non soltanto per Matteo Renzi.