Intervista al coordinatore dell’Associazione italiana di psicologia e criminologia (Aipc) e del Centro italiano di psicotraumatologia relazionale (Cipr)
La violenza e i femminicidi sono ormai arrivati sotto casa nostra, come testimoniato dal recente orrendo ritrovamento di Villa Doria Pamphili, a Roma. Per questo motivo, abbiamo chiesto all’Associazione italiana di psicologia e criminologia (Aipc), recentemente unitasi con il Centro italiano di psicotraumatologia relazionale (Cipr), un parere specifico sui gravi fatti di violenza che si susseguono quasi ogni giorno. Si tratta di un ente del Terzo settore (Ets) fondato nel 2001, che opera attraverso un’équipe multidisciplinare di professionisti volontari, offrendo colloqui individuali, di coppia e familiari con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e delle relazioni. L’équipe è guidata, appunto, dal dottor Massimo Lattanzi e da dottoressa Tiziana Calzone. Ecco qui di seguito l’intervista cortesemente rilasciataci da Massimo Lattanzi.
Dottor Lattanzi, può raccontarci la storia della vostra associazione? Come è nata?
“La nostra storia inizia nel 2001, con la fondazione dell’Associazione italiana di psicologia e criminologia (Aipc). Siamo nati dall’esigenza di affrontare temi complessi, legati alla psiche umana e al comportamento criminale, ponendo al centro la qualità delle relazioni. Fin dalle origini, abbiamo operato con una équipe multidisciplinare di professionisti volontari, offrendo supporto attraverso colloqui individuali, di coppia e familiari. Nel corso degli anni, abbiamo sviluppato e attivato diversi dipartimenti specialistici, ognuno focalizzato su aspetti cruciali della violenza e delle dinamiche relazionali. Pensiamo all’Osservatorio nazionale stalking (2002), al Centro presunti autori di violenza e stalking (2007), al Protocollo scientifico integrato Asvs (2012) e all’Osservatorio nazionale sui delitti familiari (2013). L’ultimo, ma non meno importante, nato nel 2024, è il Centro italiano di Psicotraumatologia relazionale (Cipr), a riprova di come il tema del trauma relazionale sia diventato sempre più centrale nella nostra pratica”.
Perché sono sempre più frequenti i temi di violenza che voi affrontate?
“Purtroppo, sì: i temi della violenza, in tutte le loro sfaccettature, sono sempre più frequenti e pervasivi. I dati che raccogliamo, anche se basati soprattutto su fonti giornalistiche, come quelli sugli omicidi familiari della settimana dal 29 maggio al 4 giugno 2025, ci offrono uno spaccato crudo di dinamiche che spesso sono il culmine di ferite pregresse e disfunzioni relazionali profonde. Quello che osserviamo è un fenomeno in continua evoluzione, che si manifesta in molteplici contesti – non solo quelli strettamente ‘familiari’ in senso tradizionale, ma anche nelle relazioni tra conoscenti, colleghi, amici o ex partner, dove la familiarità assume una definizione più ampia”.
Cosa si può fare e come si può prevenire la violenza relazionale?
“Si potrebbe far molto: la prevenzione è la massima priorità. La prima cosa fondamentale è riconoscere la complessità delle ‘familiarità’: la violenza non è solo domestica, ma può emergere in qualsiasi relazione che implichi intimità, fiducia o vicinanza emotiva. Questo significa che i segnali di allarme possono manifestarsi anche al di fuori del nucleo familiare tradizionale. È cruciale intervenire precocemente sulle dinamiche disfunzionali: non dobbiamo aspettare che la violenza fisica si manifesti. Scatti d’ira, controllo ossessivo, manipolazione emotiva, gelosia: sono tutti campanelli d’allarme che richiedono un’azione immediata. Il silenzio e l’attesa aggravano solo la situazione, trasformando le ferite in traumi complessi. Per prevenire, è necessario offrire percorsi di sostegno e trattamento sia per le vittime, sia per gli autori, seppur con modalità e finalità diverse. Per le vittime, si tratta di elaborare il trauma, ricostruire la propria sicurezza e ripristinare un senso di fiducia; per gli autori, è fondamentale comprendere le radici della propria violenza – spesso legate a traumi irrisolti o a deficit nella regolazione emotiva – per apprendere nuove strategie di gestione delle emozioni e di risoluzione dei conflitti. Infine, dobbiamo promuovere una cultura del rispetto e della non-violenza a tutti i livelli: dalla scuola alla famiglia, dai media al contesto lavorativo. Dobbiamo sfidare quei modelli culturali che giustificano la violenza o la minimizzano. La prevenzione è la forma più alta di cura, poiché significa costruire relazioni sane e fornire supporto psicologico prima che le situazioni degenerino”.
Quali sono i progetti futuri dell’Aipc e del Cipr?
“Il Protocollo Asvs (Application Security Verification Standard) ha rivelato dati significativi sulla trasmissione generazionale dei traumi relazionali e sulla conseguente strutturazione di relazioni disfunzionali nelle coppie madri-figlie o padri-figli. Sulla base di questi risultati, il progetto più efficace e prioritario per l’Aipc e il Cipr è l’estensione e l’avvio precoce di percorsi di aiuto per i figli di famiglie disfunzionali conclamate. Ciò rappresenta un approccio fondamentale per la prevenzione reale dei traumi e delle dinamiche disfunzionali”.
Progetti futuri dell’Aipc e del Cipr? Su cosa state lavorando attualmente?
“I progetti futuri dell’Aipc e del Cipr sono ambiziosi e volti a rafforzare la loro missione. Innanzitutto, il consolidamento e l’espansione del Centro italiano di psicotraumatologia relazionale (Cipr), con l’obiettivo di consolidare l’approccio scientifico e integrato alla prevenzione e al trattamento della violenza, espandendo la rete dei professionisti volontari, al fine di raggiungere un numero sempre maggiore di persone bisognose di aiuto”.
Il progetto che più vi sta a cuore è l’approfondimento e la diffusione del Protocollo Asvs, vero?
“Sì. Il progetto che l’Aipc e il Cipr hanno maggiormente a cuore è l’approfondimento e la diffusione dell’applicazione del Protocollo scientifico integrato Asvs, secondo 4 direttrici: 1) valutazione oggettiva della disregolazione emotiva: il protocollo, validato dal 2012, permette di andare oltre la mera descrizione del comportamento violento, per indagarne le radici profonde, integrando psicodiagnostica e biofeedback. Questo consente una valutazione oggettiva della disregolazione emotiva e dell’attivazione del sistema nervoso autonomo; 2) percorsi riabilitativi personalizzati: l’obiettivo è utilizzare l’Asvs per offrire percorsi riabilitativi e trattamentali sempre più personalizzati ed efficaci. Per il criminale impulsivo, l’Asvs aiuta a gestire la rabbia e a rielaborare i traumi. Per il criminale ‘in pieno controllo’, affronta i tratti di personalità disfunzionali e l’assenza di empatia; 3) prevenzione di atti gravi e riduzione della recidiva: dobbiamo sviluppare una maggior capacità di identificare e intervenire su queste dinamiche psicofisiologiche. Ciò può rivelarsi cruciale, per la prevenzione di atti gravi e per la riduzione della recidiva; 4) gli eventi di aggiornamento professionale: l’Aicp e il Cipr continueranno a organizzare eventi di aggiornamento professionale, come il recente seminario per gli operatori della Questura di Pescara sul tema: ‘Trauma intergenerazionale e relazioni disfunzionali’. La comprensione di come le ferite non curate delle generazioni passate influenzino il presente è considerata fondamentale, per spezzare i cicli di violenza e costruire relazioni più sane”.
Come si possono avere maggiori dettagli su come le aziende possono contribuire o sulle modalità di applicazione del Protocollo Asvs?
“Si possono avere maggiori informazioni scrivendo al seguente indirizzo e-mail: aipcitalia@gmail.com oppure visitando le nostre pagine social” (cliccare QUI e QUI).