Lucilla Corioni

Un cielo che prometteva pioggia e, invece, ha regalato luce. Alberi silenziosi a fare da quinte, il profumo dell’erba alta e, in sottofondo, il suono lento dell’acqua. E’ in questo scenario di quiete e verità che Niccolò Fabi ha presentato, per la prima volta dal vivo, ‘Libertà negli occhi’: il suo decimo album di inediti, in un concerto speciale immerso nella natura di Palù, in Val di Sole (Vr). Il pubblico è arrivato presto, perché l’inizio era stato anticipato alle 13.00 per via del meteo incerto. Ma nessuno ha protestato. Al contrario, sembrava che quell’orario insolito contribuisse a rendere tutto più sospeso, quasi fuori dal tempo. Sul palco, insieme a Fabi, c’erano i compagni di viaggio, che hanno condiviso con lui questa avventura, sonora e umana: Roberto Angelini, Alberto Bianco, Filippo Cornaglia, Emma Nolde e Cesare Augusto Giorgini. Nessuna retorica, solo mani e strumenti, voci e silenzi che parlavano la stessa lingua: quella dell’ascolto, della libertà, della bellezza nascosta nelle cose semplici. “Questo disco è un regalo che ho voluto fare a me stesso e ai miei compagni di viaggio”, ha detto Niccolò Fabi con la voce che tradiva emozione e gratitudine. “E’ un’avventura, una concessione al gioco, il sogno di tutti quelli che fanno musica: avere un luogo meraviglioso, sperduto tra le montagne, davanti a un lago ghiacciato. Dieci giorni con il desiderio unico di fotografare un momento di felicità, in cui la libertà si cristallizza nel presente”. E la musica, proprio come in quell’intento, è diventata gesto puro. Si è aperto con ‘Alba’, un brano che è più un respiro che una canzone: tre minuti e cinquantuno secondi di sospensione e un solo verso: “Io sto, nella pausa che c’è, tra capire e cambiare”. Poi, è stata la volta di ‘L’amore capita’, con quella sua dolcezza disarmante, che ha scaldato i cuori e sciolto qualche lacrima. Brani come ’Acqua che scorre’, ‘Casa di Gemma' e ‘Al cuore gentile’ hanno restituito al pubblico la profondità lirica e spirituale di Fabi, mentre ‘Chi mi conosce meglio di te’, scritta a quattro mani con Roberto Angelini, è stata accolta come una confessione condivisa. Tutto, nel concerto, sembrava parte di un rituale antico: ogni nota si radicava nel paesaggio, ogni parola si lasciava attraversare dal vento. Lì, dove il disco è stato concepito, in una grande sala di legno, tra strumenti e orizzonti innevati, le canzoni hanno ritrovato la loro origine. Hanno fatto ritorno a casa. E il pubblico, numeroso ma rispettoso, ha avuto la sensazione di assistere a qualcosa di irripetibile, come un segreto svelato solo per un attimo. “Libertà negli occhi, più che un disco è una priorità, un modo di volgere lo sguardo: uno stato d’animo e allo stesso tempo un fatto accaduto", ha spiegato Fabi. E questa frase è risuonata vera perché quel giorno, tra le montagne, la libertà si è vista davvero negli occhi delle persone. Ora l’album, già disponibile in streaming, seguirà un nuovo cammino. Da ottobre, il buon Fabi porterà ‘Libertà negli occhi’ nei teatri italiani, in una tournée che promette la stessa autenticità di questo debutto nella natura. Ma chi c’era a Palù lo sa: nessun teatro potrà replicare il miracolo di questa giornata. Perché ci sono concerti che si ascoltano. E altri, più rari, che si ricordano con la pelle.


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