Anna Maria Baiamonte

'Artemisia, Héroïne de l’Art' è il titolo dell’esposizione in corso, fino al 3 agosto 2025, al Musée Jacquemart-André di Parigi, a cura di Patrizia Cavazzini, Maria Cristina Terzaghi e Pierre Curie e realizzata con il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia. Circa 40 dipinti, tra capolavori riconosciuti e alcune tele di recente attribuzione, molti dei quali di rado esposti al di fuori dei loro luoghi di conservazione: da Ester e Assuero del 1628, proveniente dal Metropolitan Museum of Art di New York, a Giaele e Sisara del 1620, altra tela a tema biblico custodita al Museum of Fine Arts di Budapest, da Giuditta con la sua ancella (1615), in prestito dalla Galleria degli Uffizi di Firenze, a Susanna e i vecchioni del 1610, tra le prime opere firmate dall’artista, infine l’accattivante Venere dormiente, carica di seduzione erotica, dal Virginia Museum of Art. E ancora, spicca il prestito eccezionale della Maddalena penitente del 1625 circa, dalla Cattedrale di Siviglia, di recente restaurato, accanto a un’altra magnifica Maddalena del 1625-30, da una collezione privata, per la prima volta esposta in Europa, e inoltre un San Giovanni Battista (1630-40), anche questo da una collezione privata, per la prima volta visibile al pubblico. Nata a Roma nel 1593, nel Tridente del centro storico, Artemisia è la 'pittrice romana' per eccellenza e tra i primi casi noti di donne instradate alla professione artistica. Un esempio fuori dal coro, come per la bolognese Lavinia Fontana, il cui nome ha superato l’oblio di una Storia dell’arte appannaggio quasi del tutto maschile e da cui le donne sono state a lungo escluse. Figlia di Orazio, pittore di origine toscana e ispirazione caravaggesca, Artemisia si forma nella bottega paterna, sviluppando da subito un talento fuori dall’ordinario, che raggiunge presto una fama internazionale. I lavori eseguiti nello studio paterno durante gli anni di formazione, commissionati dalle famiglie più prestigiose del tempo e da sovrani europei come i re di Francia e d'Inghilterra, già dimostrano la spiccata attitudine della giovane a cogliere la profonda psicologia dei personaggi rappresentati. Tra queste opere, l’inedita Vergine dell’Annunciazione o la superba Vergine col Bambino della Galleria Spada di Roma, dove inizia ad affiorare e affermarsi il suo stile personale e del tutto indipendente. Artemisia potrebbe aver incontrato Caravaggio durante la sua infanzia. Quadri come Davide e Golia, realizzato tra il 1610 e il 1620, esposto per la prima volta in Francia e la Danae (1612 circa), prestito eccezionale del museo Saint-Louis, rivelano l’ammirazione dei Gentileschi, padre e figlia, per lo stile del Caravaggio e la sua tecnica. E' il 1611 quando la vita di Artemisia cambia radicalmente, quando presso lo studio paterno la ragazza conosce il pittore Agostino Tassi. La vicenda dello stupro subito da parte del Tassi è ben nota. Secondo la prassi dell’epoca, il matrimonio avrebbe legalmente scagionato lo stupratore dal crimine commesso, ma egli alla fine si rifiuta. La famiglia Gentileschi intenterà una causa, durante la quale Artemisia viene anche torturata per dimostrare la veridicità delle accuse. Al periodo del processo risale l’opera più famosa di Artemisia, il celebre Giuditta e la sua serva con la testa di Oloferne, di cui la stessa 'pittora' realizzerà diverse copie, mentre l’originale è conservato al Museo di Capodimonte a Napoli. La violenza sanguinosa dell’atto rappresentato, i toni fortemente naturalistici, l’intensità dei colori tenebrosi e scuri, l’espressione dei volti, sono caratteristiche inconfondibili che hanno lasciato il segno sui suoi contemporanei e non solo, facendo di Artemisia un’icona del femminismo e della Storia delle donne. La grande Artemisia ritrae con empatia le eroine della tradizione biblica e della mitologia che trionfano sugli uomini attraverso l’astuzia o la violenza, intrise di una sensualità morbosa che si intreccia con la morte: eros e thanatos, tra i temi centrali dell’arte e della cultura barocca. La causa viene vinta dalla famiglia Gentileschi, ma il Tassi, che gode della protezione di papa Paolo V Borghese, è condannato a cinque anni di esilio, di cui ne sconterà molti di meno. Artemisia sarà invece costretta a lasciare l’Urbe per trasferirsi a Firenze insieme al marito, Pierantonio Stiattesi, imposto dalla famiglia. Il matrimonio 'riparatore' segna una brusca rottura tra Artemisia e la comunità artistica romana. Sarà a Firenze, infatti e non a Roma, che l’artista raggiungerà la piena emancipazione e fama, svolgendo lavori su commissione, tra gli altri, di Michelangelo Buonarroti il ​​Giovane, poeta e drammaturgo pronipote di Michelangelo, per il quale realizza la superba Allegoria dell’Inclinazione. Presso la corte medicea, inoltre, frequenta poeti, studiosi, letterati, musicisti e scienziati, fra cui Galileo Galilei, con il quale intraprende una fitta corrispondenza. Durante gli anni fiorentini, Artemisia acquisisce una sofisticata padronanza dell’anatomia, connotata da un singolare realismo. Nel corso della sua carriera, Artemisia viaggia molto – sarà di nuovo a Roma, più volte a Venezia, a Londra e a Napoli, dove dipinge per il viceré di Spagna e dove morirà dopo il 1654. Ha lavorato per committenze prestigiose, ovunque nota e apprezzata negli ambienti culturali e nelle accademie, intessendo rapporti con le maggiori personalità artistiche della sua epoca. È stata la prima donna, per esempio, ad essere ammessa all’Accademia del Disegno di Firenze. La mostra parigina è, dunque, un’occasione per conoscere e scoprire la profonda originalità dell’opera, del percorso e dell’identità di questa anticonformista artista romana, ancora oggi fonte di ispirazione e fascino.


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