I fatti di Afragola (Na) lanciano un nuovo allarme ancor più grave dei precedenti: il 'femminicidio' della 14enne, Martina Carbonaro, è la diretta conseguenza della più totale mancanza di una cultura del rispetto e, più in generale, di ogni forma di educazione civica. Una materia che, nella scuola italiana, ha sempre latitato, nonostante i periodici inviti a 'rispolverarla'. Pie illusioni che son sempre durate il tempo di una stagione. Il secondo campanello di allarme è quello relativo alla giovanissima età dei ragazzi, sia di Martina, sia del suo carnefice, appena 18enne: una peculiarità che abbassa notevolmente l’asticella dei rischi che stanno correndo le generazioni più giovani, sempre più esposte alla subcultura della pornografia online, senza che nessuno insegni loro a gestire le sensazioni più emotive, come la rabbia e la frustrazione per il proprio orgoglio di 'maschio ferito'. Da un lato, ha ormai preso il sopravvento la legge del più forte e una strana etica del successo a tutti i costi, che produce una mentalità cinica e distruttiva, che non è solamente frutto del maschilismo imperante, ma segnala l’esistenza di quelle 'attitudini mortifere' nascoste nei diversi ambiti della nostra società, famiglia compresa; dall’altro, ha evidenziato una totale mancanza di strumenti utili a combattere un fenomeno che, ancora oggi, viene ostinatamente negato e che, da tempo, è arrivato a colpire anche le ragazze pù giovani, affacciatesi alla fase della prima adolescenza. Questa doveva essere, per Martina, l’epoca dei primi baci, delle tenerezze, dei bigliettini amorosi da leggere di nascosto sotto al banco. Invece, tutto risulta velocizzato al massimo, in una sorta di salto nel buio: un’assenza di anticorpi in grado di accompagnare e proteggere i nostri giovanissimi nella fase più delicata della loro crescita. Un terzo problema rimane una mancanza di sensibiltà imbarazzante e una scarsa conoscenza delle scienze sociali, spesso confuse in un unico 'calderone' con le ideologie del passato. Si nega l’evidenza e non si comprende l’epoca in cui stiamo vivendo, rinchiusi nelle nostre ‘bolle’ individuali o private. E le poche risposte che arrivano dalla politica appaiono, come minimo, datate. L’unico abbozzo di analisi è quella giunta, nei giorni scorsi, dalle parole della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che forse ha cominciato a sospettare che ci sia dell’altro, sotto alla superficie di un’Italia da cartolina. Parole che hanno tuttavia mostrato una sensibilità totalmente personale, quasi una richiesta d’aiuto per l’elaborazione di una nuova risposta collettiva, da fornire tutti insieme. Perché se si continua a osservare la società unicamente dall’alto, poi si corre il rischio di minimizzare i problemi o di vederli più piccoli di quello che sono. Dunque, ben venga, da parte della premier, questa sua sensibilità nel voler approfondire questo genere di tematiche. Smettendola però, lei e la sua parte politica, di considerare le scienze sociali come sostitutive delle vecchie ideologie: l’antropologia, per esempio, esisteva già al tempo degli antichi Egizi, cioè ben prima del materialismo storico o del 'marxismo' critico. Pertanto, sarebbe anche il caso di cominciare a operare alcune sacrosante distinzioni ‘crociane’ rispetto ad altri temi come la cosiddetta cultura 'gender', che sembra tanto spaventare certi 'moralisti un tanto al chilo’ di casa nostra, al fine d’individuare un primo terreno d’incontro, di comprensione reciproca, di mediazione, se proprio non piace la parola 'compromesso'. Secondo un’etica della convinzione, non della convenienza o del mero opportunismo.