Papa Leone XIV è un ‘agostiniano’. Cosa significa ciò? Semplicemente, che egli si richiama a un ordine religioso, quello di Sant'Agostino, molto rigoroso, in origine addirittura ‘eremitico’, basato sulla regola riassunta nell’equazione: austerità=solitudine. In secondo luogo, Papa Prevost è anche un matematico, dunque apprezzerà che utilizziamo, come punto di partenza del suo pontificato, un’equazione scientifica. La quale, in termini razionalistici, è sinonimo di riflessività ed equilibrio meditativo. Dunque, abbiamo un Papa filosofo: una via di mezzo tra ascetici e pastorali, carismatici e umanisti, conservatori e progressisti. Gli ‘agostiniani’ sono dei razionalisti che osservano la frontiera dell’eresia senza però varcarla. Si affacciano su di essa, ma non si addentrano. Professano uno spirito missionario e di carità che riesce a mediare il misticismo ascetico, riportandolo nell’alveo di un cattolicesimo più organico. Anche Martin Lutero era un ‘agostiniano’, il quale decise di varcare il confine con l’eresia, al fine di tentare, per proprio conto, una via riformista e protestante. Un pontefice ‘agostiniano’ è un Papa di centro. O di ‘grande centro’: una categoria rispolverata consapevolmente dai cardinali riunitisi in conclave. Un ‘centrismo’ resuscitato da una doppia esigenza della Chiesa di Roma: a) riequlibrare il proprio baricentro interno, evitando eccessive ‘fughe in avanti’; b) proporre verso l’esterno una visione teologica che si richiami a uno spirito missionario e alla figura del Cristo-Uomo. Ovvero, non un Gesù ‘superomista’ o ‘illuminato’, bensì ‘uomo fra gli uomini’. E infatti, già al secondo giorno di pontificato, Leone XIV lo ha specificato puntualmente. Si tratta, in realtà, di un’antica polemica risalente ai tempi della prima formulazione di una dottrina sociale della Chiesa in grado di rispondere alla sfida socialista, che tuttavia si ritrovò su posizioni di conservazione nei confronti di fumetti, cinema, televisione e cultura teatrale. Il cattolico ‘agostiniano’, in linea di massima, preferisce fare piuttosto che dibattere o creare, preferendo compiti di carità, di vicinanza verso chi soffre e di spirito missionario. Nei confronti dello sviluppo tecnologico, per esempio, un ‘agostiniano’ conta ‘fino a dieci’ prima di accennare un giudizio.
“Signore fammi casto, ma non subito”. (Sant’Agostino)
Erano i primi anni ‘80 del secolo scorso, quando il regista e filosofo, Silvano Agosti, decise di filmare una serie d’interviste che avessero come argomento: 'La tenerezza, la sessualità e l’amore'.
"L’Umbria non è un territorio di passaggio, ma una Regione a forte vocazione turistica a tutti gli effetti, per quanto piccola possa sembrare". E' quanto ha espresso, nei giorni scorsi, l'assessore regionale al Turismo, Simona Meloni, presentando a Milano la nuova stagione turistica umbra per l'estate 2025. Non avendo uno sbocco al mare, per molto tempo l'Umbria è stata poco considerata dal punto di vista delle scelte turistiche. Tuttavia, essa si può essere riscoperta attraverso le sue tradizioni, il suo folclore, per il peso culturale che ha avuto nella Storia medioevale del nostro Paese. I suoi cammini spirituali, le eccellenze enogastronomiche, le località più caratteristiche da riscoprire, i suoi ponti e acquedotti dimostrano che la classica definizione dell'Umbria come “Cuore verde d'Italia” non sia un luogo comune. I suoi paesaggi e l'intensità spirituale delle sua cultura riesce a portare a sintesi storicismo e religiosità, contemplando tradizioni e modernità, struttura e sovrastruttura. L’Umbria è una regione da riscoprire, perché ha dimostrato di sapersi organizzare aprendosi una strada originale per conto proprio. Per l'estate 2025 sono in fase di programmazione numerose iniziative, con una forte attenzione alla sostenibilità, alla geniale idea di turismo ‘lento’, alla valorizzazione delle bellezze storico-artistiche di città come Perugia o Assisi, dei borghi della Valnerina, delle grandi rassegne internazionali come Umbria Jazz, dei percorsi da fare a piedi o in bici immersi tra boschi e ciclovie.
La Groenlandia è l’isola più grande del mondo, coperta per l’80% di ghiaccio, con le sue immense distese bianche. Ultimamente, sta facendo parlare molto di sè, non tanto per le sue bellezze naturalistiche, quanto per le mire espansionistiche del presidente americano, Donald Trump, che sogna di annetterla agli Usa. Il territorio della Groenlandia si trova, infatti, tra l’oceano Atlantico settentrionale, l’oceano Artico, il Canada e l’Islanda. Fino alla metà del secolo scorso era una colonia danese. Il regno di Danimarca ha poi concesso alla Groenlandia uno 'status' di autonomia amministrativa, ma con il passare degli anni i suoi abitanti hanno iniziato a manifestare un atteggiamento indipendentista, sfociato nella vittoria del Partito di centrodestra, promotore di un nazionalismo e dell’indipendenza dell’isola, nelle elezioni dell’11 marzo 2025. Il nuovo governo ha ora il compito di tracciare un percorso graduale verso l’indipendenza e il definitivo distacco dalla Danimarca. L’isola è ricca di materie prime e fonti di energia; ospita anche una base della Nato ed è in una posizione strategica per il controllo delle rotte commerciali artiche. Perciò, il presidente americano ci avrebbe messo gli occhi addosso, anche se, ufficialmente, ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno bisogno della Groenlandia per motivi di sicurezza nazionale.
Ornella Vanoni, una voce che racconta se stessa, tra fragilità e slanci d’amore. Dal 6 maggio scorso è in libreria il suo nuovo libro: una confessione della grande artista, scritta con Pacifico. Un'autobiografia, un diario dell’anima, intimo e struggente. “È sempre stato il mio nome, Ornella. Ma ora mi sembra finalmente di averlo scritto di mio pugno.. Così inizia 'Vincente o perdente', l’ultimo viaggio narrativo di Ornella Vanoni, edito nella collana Oceani da La nave di Teseo. Un libro che non ha l’arroganza delle autobiografie, ma la tenerezza di un diario sentimentale: una sorta di ‘quaderno aperto’ sotto il sole della memoria. Un’opera intima e vibrante, scritta in prima persona con la complicità affettuosa e attenta di Pacifico, che più che coautore ha saputo diventare una presenza silenziosa, una voce che ascolta, mani che accarezzano le parole. “Ho avuto una vita difficile, dolorosa. E bella, bellissima. E gioiosa. Ho avuto tutto”, confessa la grande artista. E in quel “tutto” c’è il chiaroscuro di una donna che ha amato senza riserve, sbagliato senza rimpianti, riso anche quando il cuore si piegava. L’essenza stessa di Ornella Vanoni, icona multiforme e incoerente nel modo più umano e profondo: fragile e forte, malinconica e leggera, profonda e ironica, silenziosa e rumorosa nelle emozioni.