Alessandro PallaroA Sulmona, il terremoto per le istituzioni non è mai arrivato, ma per gli abitanti si è sentito, eccome. Una sigaretta dopo l’altra, una rabbia repressa che dopo mesi e mesi di battaglia, in Abruzzo, oramai non ha più senso. Ci accoglie così Rosanna, imprenditrice sulmonese, nella casa dei suoceri, che adesso è anche un po’ la sua. L’appartamento che aveva non è più agibile da quel 6 aprile dell’anno scorso. Anche lei, come migliaia e migliaia di persone, quella notte non si “sfregò le mani” e non sorrise affatto. Ci racconta che, appena dopo la scossa, scese di corsa in strada con i suoi due figli e il marito. Si sistemarono tutti in macchina per la prima notte, poi il marito prese la volta delle Marche e di auto dovette noleggiarne un’altra: la sua il terremoto gliel’aveva portata via. Passarono alcune settimane così. Poi, la sistemazione in albergo, dove le fu permesso solo l’alloggio, perché lì c’era entrata “di prepotenza”, il vitto non le spettava. In seguito, la fatidica ordinanza di sgombro. Lei la tenda l’ha scampata: qui a Sulmona le tendopoli le hanno messe dopo un mese e mezzo. Ci racconta di parcheggi stracolmi di macchine e di occupanti in preda agli spasmi più acuti: in fondo, di risolvere una questione cruciale come quella dei bagni chimici, qui la città non ne sentiva proprio il bisogno. A Sulmona, il terremoto è arrivato, ma a distanza di un anno il sindaco, Fabio Federico, non se n’è ancora accorto. In questa zona, il cratere raggiunge solo Bugnara, a due passi dalla città. Il cratere è importante “perché ridà un minimo d’ossigeno all’economia locale” sostiene Rosanna: come non dargli torto? In questa parte della provincia aquilana il terremoto per il Governo non è proprio passato, ma paradossalmente ha toccato Cocullo, che in linea d’aria è più avanti rispetto al comune sulmonese. “Se le istituzioni, in questo caso chi ha gestito l’emergenza, stabiliscono l’area colpita dal sisma con un decreto e lo fanno a ‘macchia di leopardo’, posso pensare che sotto ci sia qualcosa di sporco”? Per queste affermazioni, Rosanna in questi mesi è stata colpita dal fuoco di tiro più spaventoso che potesse augurarsi. Dopo uno sciopero della fame durato settimane e campagne di sensibilizzazione con i media per attivare l’attenzione del popolo italiano, la sua battaglia lei l’ha persa, perché la situazione qui rimane quella che era esattamente un anno fa, dopo la scossa. A L’Aquila le istituzioni non si muovono per ragioni diverse: qui l’Ufficio terremoto si è costituito dopo 8 mesi. Gli unici interventi disposti dal comune sono stati quelli che hanno riguardato la recinzione della zona a rischio. Hanno bloccato la via principale del centro e le due parallele: per il resto, la città può continuare il suo corso naturale. I MAP non ci sono, con tutto che anche il sindaco potrebbe attivare la richiesta al Governo e molte persone sono ancora alloggiate sulla costa, andando a infoltire l’esercito di quelle 2.400 anime che si trovano ancora là. Insomma, il bilancio è grave: secondo le stime non ufficiali ci sono ancora 10 mila persone in attesa di una risposta, un po’ perché alloggiate altrove, un po’ perché rientrate in case pericolanti, un po’ perché alla ricerca disperata di una soluzione alternativa. Qui le ‘new town’ non sono state costruite: “per un progetto preciso” ci dice. Qui le parole hanno un peso. Lei si ‘arrabbia’ e noi ci arrovelliamo nel capire come si possa concepire l’inerzia completa. Le chiediamo: “Quale intento avrebbero le istituzioni”? Lei sorride e con uno sguardo oramai rassegnato dice: “Sò solo che da parte di qualcuno c’era una forte preoccupazione ad allargare il cratere”. La regola, insomma, era quella di una comunicazione “del fare” che dovesse mettere in luce un’azione mirata su un’unica zona, lasciando tutto il resto alla divina provvidenza. “Ho visto visi lunghi, tesi – ci racconta – partire alla volta dell’Aquila. E ho visto gli stessi visi sorridenti al ritorno”. Lo scopo è stato quello di fare “la filiera politica: togliere di mezzo l’ex presidente della Provincia”, ci dice, “l’unico rappresentante che qui si è battuto. Il problema è stato automaticamente risolto (le elezioni provinciali con la Pezzopane battuta le hanno dato tristemente ragione). Ma quella di Rosanna non è una battaglia di schieramento, non si è candidata alle regionali. Perché a parte qualche assessore della Provincia ha ricevuto le stesse risposte da entrambi gli schieramenti. Gli chiediamo: “Ma il problema qual è? Cosa chiedi”? Risposta: “Pretendo di ritornare a casa, di rimettermi in carreggiata, ma non posso perché il sindaco non ha ancora firmato alcun provvedimento per i finanziamenti da presentare alla Cassa depositi e prestiti. “E’ un problema di soldi, di finanziamenti allora?”, le domandiamo. “No”, ribatte lei, “sia ben chiaro: i sussidi arrivano, le tutele non ce le nega nessuno, ma perché devo essere condannata a non fare nulla per la mia casa”? In fondo, Sulmona è uscita bene da un altro terremoto, quello del 1984. Ma secondo una valutazione approssimativa, in un anno i lavori di messa in sicurezza degli alloggi, qui, potevano già essere in fase avanzata. In un anno, insomma, gli abitanti hanno ottenuto solo l’ordinanza di sgombro e, da allora, la tragedia è iniziata, almeno a L’Aquila, con tutti i disagi del caso. Qualcuno la casa ce l’ha, anche se scegliere tra la ‘padella’ e la ‘brace’ è dura in circostanze come queste: tra chi è “costretto” nei MAP, con la consapevolezza che tra un anno sarà obbligato a pagare fino a 40 euro di retta al giorno a persona, e chi ha ceduto il mutuo e la casa alla Fintecna, il confronto è arduo. Sta di fatto che i mutui non sono stati sospesi, i cittadini sono costretti a pagare, appunto: forse la cosa più vergognosa. E se pensiamo che una zona come Sulmona, colpita da una scossa del quinto grado della scala Mercalli, non debba essere compresa nel cratere, o comunque essere considerata ancora a rischio, il dubbio dell’incompetenza sorge di sicuro. Una notte, trentotto secondi e 400 fabbricati colpiti: ecco il bilancio. Gli abitanti sono stati tutti sfollati, la ricognizione è stata attuata e, anche qui, il solito teatrino: “4 passaggi per le rilevazioni e nessuna prova di carico, soltanto misurazioni delle crepe”, così ci spiega Rosanna, che ha assistito alle operazioni. “Non c’è stato l’abbraccio che aspettavamo”, ci dice congedandoci, “ma in fondo gli abitanti di Sulmona si possono ritenere soddisfatti, soprattutto quelli sistemati ancora sulla costa”.
E pure fortunati, aggiungiamo noi, perché, come dice qualcuno, possiamo dire che ’si trovano ancora in vacanza’. Non va bene, invece, per quella famiglia che è ancora sistemata nello spogliatoio di un campetto di calcio, oppure per quella coppia a cui è crollato il solaio in testa dopo che gli era stato assicurato che poteva rientrare a casa. Per la cronaca è successo a Pratola: anche là il terremoto non è arrivato, secondo qualcuno.




(articolo tratto dal web magazine www.periodicoitaliano.info)
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