Alessandro LozziLa vicenda, inconsueta, della campagna di stampa che vede vittima il Vaticano e, ancor più senza precedenti, addirittura la figura del Papa, si presta a varie letture. La prima è quella dei retroscenisti: perché ora e così violentemente? In realtà, non c’è niente di nuovo sotto il sole. Si è sempre saputo, ai vari livelli sociali, dal popolino all’aristocrazia nera, che la pedofilia albergasse in parte del clero. E anche che la Chiesa non ne andasse fiera e cercasse perciò di non amplificarne la notizia. Non sfugge, neanche ai più distratti, che la stampa internazionale rilanci ora fatti accaduti dieci, venti, a volte persino trenta anni fa. E che c’è una strategia comunicativa nella tempistica con cui le notizie escono e sono propagate. C’è chi ipotizza che si tratta della velenosa coda di una furibonda lotta di potere all’interno delle stesse gerarchie. Può essere. E c’è chi osserva anche come la Chiesa, che per secoli ha plasmato di sé il mondo cosiddetto civilizzato, oggi sconti una fase storica in cui i Paesi e le culture emergenti realizzano, in qualche modo, la loro rivalsa. Anche questo può essere. E le due ipotesi possono anche concorrere. Ma, a parere di chi scrive, l’aspetto più interessante non è il retroscena, ma quello storico-etimologico, sono le parole usate, nel 1985, dall’allora cardinale Ratzinger, Prefetto della “Congregazione per la dottina della Fede”, cioè l’istituto che una volta portava il nome di “Santa Inquisizione” a suscitare interesse. Scrive Ratzinger: ”si ritiene tuttavia necessario prendere in considerazione… il bene della Chiesa universale e perciò non si può dare poco peso ai danni che la concessione della dispensa può provocare alla comunità dei fedeli… la ragione della condotta di questo dicastero che è solito procedere avendo avanti gli occhi soprattutto il bene comune”. Pare ancora di udire un altro cardinale, anch’egli a capo del Santo Uffizio ed anch’egli poi divenuto Papa, Francesco Barberini, che, per dissuadere il Granduca di Toscana a seppellire Galileo Galilei in Santa Croce, nel 1642 scriveva: “...non è bene fabbricare mausolei al cadavero di colui che è stato penitentiato nel Tribunale della Santa Inquisizione ed è morto mentre durava la penitenza, perché si potrebbero scandalizzare i buoni, con pregiuditio della pietà di S. Altezza. Ma anche quando non si potesse distornare cotesto pensiero, dovrà ella avvertire che nell’epitaffio o iscritione, che si porrà nel sepolcro, non si leggano parole tali, che possano offendere la reputazione di questo Tribunale”. Oppure, le parole di un altro cardinale anch’egli a capo del Sant’Uffizio ma mai divenuto Papa, Bellarmino, che all’inizio del processo a Galileo scriveva, all’inquisitore di Firenze a lui sottoposto: “Consideri lei, con la sua prudenza, se la Chiesa possa sopportare che si dia alle Scritture un senso contrario alli Santi Padri et a tutti li espositori greci e latini”. Si dirà: come era moderna la Chiesa di allora. Oppure, come è antica la Chiesa di oggi. Giudichi il lettore, ciascuno con la propria prudenza.

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