Francesca GalvagnoIl 27 febbraio scorso, a Torino, è stato celebrato un matrimonio simbolico a suggello di una lunga storia d’amore. Si è trattato di un vero e proprio evento, in quanto la cerimonia si è svolta tra due donne alla presenza del sindaco del capoluogo piemontese, Sergio Chiamparino. Queste le parole che il primo cittadino torinese ha rivolto alle due innamorate: “Non posso sposarvi, perché la legge italiana non lo consente, ma ho voluto presenziare a questa bella cerimonia augurandomi che la mia presenza possa servire a far dire a tutti che siete cittadini di serie A, come tutti noi”. Stiamo dunque parlando di un’unione gay. Immediate le reazioni da parte dei vari Partiti politici che, a seconda del proprio programma, hanno appoggiato o condannato il gesto del sindaco. Puntuale è arrivata anche la condanna della Chiesa cattolica, attraverso le parole del cardinale Severino Paletto, il quale ha affermato che non si può in alcun modo equiparare le unioni di fatto al matrimonio tra un uomo e una donna perché, così facendo, si trasgredirebbe addirittura a un articolo della Costituzione italiana - il 29 C. - e non certo al Codice canonico. Il cardinale ha inoltre rammentato ai fedeli l’importanza di sposarsi attraverso il rito cattolico: “Ci illudiamo - ha affermato - di poter costruire senza il Signore, ma così non si va da nessuna parte. Se si emargina il Signore non si costruiscono famiglie armoniche e durature e a pagarne le conseguenze più pesanti sono spesso i figli. Per questo è allora necessario intensificare la preparazione spirituale al matrimonio”. Ciò che lascia interdetti in queste dichiarazioni del cardinale è il fatto che si reclami il rispetto della Costituzione italiana specificando che, appunto, non è il Codice canonico a occuparsi di questo argomento! Insomma, da quando i rappresentati del clero sono custodi e garanti di una legge della Repubblica italiana? Anche perché, l’articolo 7 della stessa Costituzione alla quale si è appellato Paletto, al primo comma recita: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”. Il nostro presidente della Repubblica potrebbe risentirsi di questa ingerenza avendo, egli sì, tra le sue principali preoccupazioni, quello di essere guardiano del rispetto della Carta costituzionale. Volendo poi entrare nel merito dei contenuti dell’articolo 29 C. richiamato dal cardinale, esso riconosce sì i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, ma in nessun modo esclude la possibilità che si possa trovare una forma di tutela della legge anche per le unioni di fatto e, soprattutto, non specifica il sesso dei coniugi come, invece, lascia intendere il cardinale. Effettivamente, anche sul fronte meramente religioso, le affermazioni del rappresentante del clero sembrano fare acqua da tutte le parti. Ormai, lo crede solamente lui che il Signore si trovi esclusivamente nel tabernacolo delle chiese, chiuso a chiave e tirato fuori all’occorrenza. La presunzione di possedere Dio in maniera esclusiva è forse il più grave peccato commesso dalla Chiesa cattolica! Ritornando alla lieta vicenda, questa, pur se rattristata dai commenti e dalle reazioni sostanzialmente discriminatorie provenienti da più fronti, induce a una riflessione e a chiederci: quanto valore sia veramente concesso a un individuo al di là delle sue preferenze sessuali, religiose, al di là della sua etnia, età o sesso? Quanti diritti individuali siamo disposti a concedergli? Per quale motivo, se una persona sceglie di condurre la propria vita secondo ciò che sente, dando retta alla propria coscienza e alle proprie preferenze personali, sapendo anche di apparire diverso ai più, c’è sempre chi è pronto a emarginarlo, a imporgli delle limitazioni, a polemizzare sui suoi diritti? Il legislatore non dovrebbe mai perdere di vista, nell’esercizio delle sue funzioni, la tutela dei diritti universali dell’uomo, secondo i quali ognuno dovrebbe poter decidere e disporre di sé, purché le sue azioni non ledano e limitino la libertà altrui. In questa semplice, ma fondamentale, affermazione, potremmo anche trovare la risposta a chi si chiede se sia il caso di legalizzare il matrimonio per le coppie gay, oppure l’adozione di minori da parte delle stesse. In quest’ottica, ritengo che nel matrimonio ci sia l’esercizio legittimo del diritto di autodeterminarsi da parte di due individui adulti: una scelta di vita che arreca gioia a chi la compie senza in alcun modo ledere o danneggiare nessun’altro essere vivente, dunque assolutamente non ostacolabile. Se, inoltre, valutiamo, sempre secondo l’ottica del rispetto di sé e degli altri, l’ipotesi di acconsentire che due persone dello stesso sesso possano accedere all’adozione, ciò appare improbabile, dal momento che verrebbe coinvolta una terza persona, un minore. Quindi, non bisognerebbe perdere di vista la primaria necessità di garantirgli uno sviluppo psicofisico sereno ed equilibrato secondo quello che è il suo diritto naturale di avere una madre femmina ed un padre maschio. Ma non creiamoci false illusioni: la diversità è sempre in agguato, perché se l’omosessuale è “diverso” dall’eterosessuale e per questo additato, non dimentichiamoci che anche l’etero del sud è diverso dall’etero del nord e, spesso, ingiustamente discriminato proprio per la sua provenienza geografica. Inoltre, un etero del nord che sia affetto da qualche disabilità è diverso da un suo simile normodotato, dunque per questo messo in disparte. Un esempio per tutti è stato fornito dallo slogan di una campagna pubblicitaria patrocinata dall’Arci, l’estate scorsa, che a commento di una foto raffigurante un uomo di colore e una donna bianca dagli atteggiamenti mascolini, così diceva: “Ci chiami sporco negro e lesbica schifosa, ma ti offendi se ti chiamano italiano mafioso”. A turno tutti facciamo parte di quella metà del cielo dove vive chi subisce emarginazione e pregiudizio a causa di uno status in cui si trova e che, in determinate circostanze, lo rende diverso dagli altri. “Ma diverso da chi?” ci chiediamo, assieme al regista Umberto Carteni, che così titola una sua brillante e geniale pellicola proiettata nelle sale cinematografiche italiane non più di due anni fa. In realtà, il ‘diverso’ esiste soltanto per chi si autoproclama unità di riferimento della realtà, misurando il resto del mondo a partire dal proprio punto di vista. Molti studiosi dei fenomeni sociali, come antropologi e sociologi,  preferiscono parlare di ‘altro’, per esprime e sottolineare che tra gli esseri umani, tra le culture e le civiltà del mondo esistono delle differenze che però dovrebbero poter convivere l’una a fianco all’altra, arricchendosi reciprocamente e rimanendo sullo stesso piano di dignità e rispetto. E al grido: “Sì alle diversità. No alle discriminazioni” l’Unione europea ha avviato, nel 2007, il programma PROGRESS, finalizzato a fornire sostegno e finanziamenti per progetti presentati dagli Stati membri che si collochino nell’ambito della promozione di nuovi e migliori posti di lavoro e di pari opportunità per tutti. In effetti, registriamo che la strada della lotta contro la discriminazione è stata intrapresa già da diversi anni in seno all’Unione Europea grazie anche all’attività svolta dalla commissione Occupazione, Affari sociali e Pari opportunità. Anche se ciò che si apprende dai risultati di un’indagine Eurobarometro, condotta nel 2008 (Discrimination in the European Union: Perceptions, Experiences and Attitudes) non è per niente confortante. Infatti, emerge che in Europa quasi una persona su sei ha subito discriminazioni nei dodici mesi precedenti all’indagine e che, sempre nello stesso periodo di riferimento, una persona su tre è stata testimone di un episodio di discriminazione. Numeri davvero allarmanti per i Paesi del ‘vecchio continente’, da sempre considerato la culla della civiltà. Siamo, dunque, ugualmente diversi o diversamente uguali?


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Andy - Roma - Mail - domenica 7 marzo 2010 20.27
Sig.ra Cinzia ..se proprio vuol scagliarsi contro qualcuno , cominci con chi le ha insegnato l'educazione e la cultura . Di certo a leggere il suo commento non riesco nemmeno a definirla ne meglio del barbone che le sporca il suo bellissimo uscio ne l'extracomunitario che le pulisce il parabrezza della sua macchinuccia, dove lei porta a spasso la sua bella famigliuccia per andare a fare la spesuccia ...al suo bel marituccio ....!!! Le consiglio di uscire dalla sua dimensione di Desperade Housewife e cominciare a capire come vanno le cose fuori , nella drammatica quoitidianetà della vita. Il diverso non esiste Cinzia, o almeno lo credevo prima di leggere il suo farneticante commento, Lei è davvero diversa...diversa dalla specie umana.
cinzia - roma - Mail - domenica 7 marzo 2010 15.12
Cara Francesca, non mi togliere il diverso, non posso pensare che siamo tutti uguali, che non c'è chi fa delle cose inaccettabili, delle cose sbagliatissime, perchè senza di lui, che è omeosessuale, di colore, magari barbone che dorme e sporca sotto il mio portone, come faccio a poter dire di essere meglio di lui e quindi giusta? Verso chi potrei esprimere i miei giudizi? Con loro è facile, sono certa di essere meglio di loro e posso quindi continuare a non pormi domande su di me, perché sono sposata cn un uomo,ho dei bei figli ed anche la pelle bianca, vado al supermercato anche la domenica, per comprare alla mia famigliola tutto quello che serve, ma per favore Francesca lasciami qualcuno contro cui scagliarmi, perchè spesso mi sembra che ci sia qualcosa che non va, e mi rassicura pensare che se non va è colpa del gay, del barbone, della zingara o dell'extracomunitario che vuole per forza lavarmi il vetro!


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