Giovannella PolidoroA Davos, nella piccola città svizzera del cantone dei Grigioni, i grandi della Terra si sono ritrovati per il tradizionale appuntamento del World Economic Forum, giunto alla sua quarantesima riunione annuale. Per trovare una risposta concreta alle priorità economiche e sociali che affliggono l’attuale funzionamento del capitalismo globale, messo a dura prova dalla recente crisi economico - finanziaria, il vertice ha posto all’ordine del giorno il tema: “Migliorare lo stato del mondo: ripensare, progettare e ricostruire”. Alla base di tale riflessione vi è l’amara constatazione che la turbolenza economica dell’ultimo biennio sui mercati sia imputabile a diversi fattori e primo fra tutti alla “deregulation”. Da qui l’idea di migliorare la cooperazione internazionale in modo da avviare su questo terreno un dialogo fra le diverse parti interessate, vale a dire, un dialogo aperto alle imprese, ai governi, ai media, alle religioni, alle arti e alla società civile, che permetta di adeguare, in tempi brevi, le strutture economiche e i sistemi politici alle sfide del 21esimo secolo. Anche perché, come ha ammesso a questo proposito il fondatore e presidente del forum economico, Klaus Schwab: “Ci rendiamo conto che l'attuale sistema di cooperazione a livello mondiale non sta funzionando abbastanza", mentre andrebbe riconsiderato adeguandolo al contesto politico ed economico, tenendo conto di ciò che sta accadendo nel mondo. Lo sforzo per tutti gli aderenti al forum, da un punto di vista tecnologico, sarà quello di creare, entro l’anno, una piattaforma collaborativa attraverso l’impiego della tecnologia Web 2.0 che permetta ai leader mondiali e ai rappresentanti della finanza di costruire una rete di informazioni e di conoscenze da condividere con le principali parti interessate come avviene all’interno di una vera e propria community on line. Il programma del vertice di Davos si è, dunque, concentrato sulle seguenti sei aree di indagine, che sono state analizzate a livello mondiale e regionale, e precisamente su: 1) come rafforzare la coesione economica e della previdenza sociale; 2) come ridurre i rischi globali e di indirizzo sistemico; 3) come garantire la sostenibilità; 4) come migliorare la sicurezza; 5) come creare un quadro di valori; 6) come costruire istituzioni più efficienti. Il tema delle riforme del sistema bancario e del ruolo che i banchieri devono giocare nell’economia è stata, a dire il vero, la questione che pìù di tutte ha tenuto banco a Davos. Del resto, la previsione di una normativa più stringente era stata annunciata, pochi giorni prima del vertice di Davos, dal Presidente degli Usa, Barack Obama, che dalla Casa Bianca aveva dichiarato che: “Gli Americani non dovranno pù essere prigionieri delle grandi banche che li conducono al fallimento”. Per arginare lo strapotere delle banche americane, il piano Volcker, messo a punto dai tecnici della Casa Bianca, prevede l’introduzione di nuove misure “choc” miranti a raggiungere due obiettivi fondamentali: 1) interdire alla grandi banche americane qualsiasi attività di speculazione sul mercato finalizzata alla realizzazione del loro esclusivo profitto; 2) vietare la formazione, attraverso fusione, di colossi finanziari. Il piano Volcker, piombato all’ultimo momento sul tavolo dei lavori del vertice, ha determinato – come era prevedibile – una spaccatura fra i partecipanti al meeting di Davos: da una parte il ghota della finanza ha opposto una fiera resistenza contro le nuove regole e, dall’altra alcuni governi fra i quali, in prima fila, quello francese decisi a fare fronte unito. Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, che ha aperto i lavori del World Economic Forum, ha denunciato le perversioni del mercato e, rivolgendosi alla platea, ha esordito dicendo che: “Senza l' intervento degli Stati  sarebbe crollato tutto. Questo è un fatto, non c'entrano le ideologie. Se non ne tiriamo le conseguenze siamo degli irresponsabili. Un'intera visione del mondo è fallita. Dal momento in cui passò l'idea che il mercato ha sempre ragione, la globalizzazione è impazzita”. Per evitare il ripetersi di crisi economiche come quella dalla quale, lentamente e a fatica, le economie mondiali stanno cercando di uscire, il presidente Sarkozy, ha vigorosamente ammonito i banchieri affermando che: “I comportamenti indecenti non saranno più accettati dalle opinioni pubbliche. Ci sono remunerazioni che non saranno tollerate perché non hanno alcun legame con il merito. Se non interveniamo noi attraverso la governance il nostro sistema sarà spazzato via da nuove crisi economiche e politiche, e da una ventata di protezionismo”. Sarkozy, deludendo le aspettative dei rappresentanti del mondo bancario e finanziario, ha dato il suo sì convinto al piano Volcker ribadendo al riguardo che: “Sono d' accordo con Obama dobbiamo proibire che le banche investano capitali nel trading finanziario. Il mestiere del banchiere deve essere il finanziamento dell'economia reale”. Il Presidente francese ha, quindi, invitato gli Stati Uniti a fare ancora di più, adeguando le regole prudenziali ai livelli europei: “Oggi - ha detto Sarkozy - le banche europee devono avere capitali di riserva quattro volte superiori alle concorrenti americane o asiatiche”. Da Davos l'unione d'intenti fra Washington e Parigi, mirante a trovare alleanze sul tema delle riforme del sistema bancario, esce rinforzata. A darne conferma è un importante esponente politico americano: il democratico Barney Frank, presidente della commissione Finanze alla Camera, il quale ha sottolineato che: “Il piano Volcker può diventare legge entro pochi mesi. Sono venuto a Davos per spingere verso l'armonizzazione con gli altri governi. Anche l'Inghilterra è pronta a starci”.  


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