Tommaso CrudeliMaggioranza e opposizione nutrono il dibattito intorno al cosidetto processe breve di una serie di ipocrisie che la delicatezza dell’argomento e gli italiani non meritano. Cominicamo con l’opposizione: può onestamente sostenersi che il processo breve è giusto se lo propone la Finocchiaro ed è sbagliato se lo propone Gasparri? Ovviamente no. Eppure questo è ciò che succede e che si argomenta. E tutti a bersela. E può sostenersi che un minimo di sette anni e mezzo e un massimo di quindici anni siano un termine troppo breve per dare una  risposta certa al cittadino imputato? Certamente no: solo chi ha una concezione medioevale del potere può sostenerlo. Stiamo parlando di chi riconosce il potere ma non i suoi limiti, di chi riconosce le corporazioni ma non gli individui. Per questea persone, la scuola è degli insegnanti e non degli allievi, la sanità dei medici e non dei malati, la giustizia dei magistrati e non dei cittadini. Per questi signori non esiste il diritto del cittadino ad avere giustizia in un tempo ragionevole, bensì quello dei magistrti di somministrarla comunque, anche in un tempo irragionevole. I vari Travaglio, Di Pietro, Santoro, Grillo e compa gnia vivono e si arricchiscono di voti e compensi basandosi su questi principi. Non il Pd, che sa bene che una moderna sinistra riformista non può sostenere questi argomenti. Ma il processo breve avvantaggia l’imputato Berlusconi e quindi, direbbe Guccini, “a culo tutto il resto”. La maggioranza, purtroppo, non è da meno: sostiene il giusto principio che il processo deve avere durata certa e ne propone la legge. Poi, davanti al dilemma se renderla applicabile solo per il futuro o anche per i processi in corso, opta per estenderne gli effetti anche a quest’ultimi. Questo è ragionevole: quando si afferma un principio di giustizia è logico farlo valere per tutti coloro che si trovano nella medesima situazione e cui i fatti cercano di negarlo. E allora perché mai limitarlo ai soli processi in corso in primo grado per i quali non è stata emessa sentenza? La risposta a quest’ipocrisia della maggioranza viene dall’ipocrisia dell’opposizione: perché questo - e solo questo - è ciò che serve al presidente del Consiglio. Così formulata, la legge sancisce il paradosso, anzi la palese ingiustizia per cui, per fare solo uno dei molti esempi possibili, un cittadino, presunto innocente fino a sentenza definitiva, veda estinto il proprio processo perché il giudizio aperto in primo grado è durato più di due anni, mentre un altro, nel medesimo tempo, deve subire un processo che può durare vent’anni solo perché si celebra in appello. E’ ragionevole? E’ giusto? Ma soprattutto: è costituzionale? Possibile che nessuno dei giuristi della maggioranza ricordi il precedente della legge cosidetta ‘salva Previti’ che, formulata proprio in questi termini, fu cassata dalla Corte Costituzionale?


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Antonio Moschitta - Foligno, Italy - Mail - venerdi 5 febbraio 2010 12.41
L'ipocrisia io la vedo anche e sopratutto in chi scrive. Nel momento in cui il processato cambia le regole del processo per fare andare il proprio processo in prescrizione si verifica un cortocircuito estremamente più grave delle indimostrate ipocrisie di cui sopra. Il Paese ha bisogno di disintossicarsi dal berlusconismo, inteso come fenomeno sociale trasversale, e non di moderni sofisti che utilizzano trucchi retorici per venire amorevolmente in soccorso del potente di turno.
Antonio Fadda - Roma/Italia - Mail - mercoledi 3 febbraio 2010 19.48
Il decreto così concepito non serve ad accorciare di un giorno la durata dei processi. Serve solo a mandarne un congruo numero in prescrizione. Chi ritiene che un tale risultato sia un vantaggio, esulti pure, ma non credo che tutti condividano. Trovo strano che chi apprezza Berlusconi perché è riuscito ad arricchirsi trovi disdicevole che Santoro, Grillo e Travaglio cerchino a oro vota di seguire la medesima via pur senza guadagnare altrettanto. Mi deve dimostrare che solo il premier sia l'unto del Signore. Attendo con ansia la dimostrazione.


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