Luca BagatinOrbene, questa storia delle primarie del Pd è finalmente terminata con l'ennesimo esito scontato. Come nelle precedenti consultazioni, ha vinto il candidato dell'apparato ‘cattocom’: ieri Uolter, oggi Piergigi. Lo ‘spottone’ democratico, ad ogni modo, ha funzionato alla grande: il partito dei cattocomunisti è stato presente nei media come non mai (pur senza lanciare alcuna proposta concreta per il destino del Paese) e, con i due euro richiesti ad ognuno dei tre milioni di elettori, è anche riuscito a far cassa. Peccato che, in tutto ciò, sia mancata la serietà dei Padri nobili della tradizione cattocomunista, da Togliatti a Berlinguer passando per Aldo Moro e Dossetti, che saranno anche stati dei gran clericaloni conservatori, ma non mancavano certo di equilibrio e sobrietà politica. Una ‘americanata’ così, insomma, dubitiamo l'avrebbero tollerata. Che poi, a dirla tutta, le ‘americanate’ bisogna anche saperle far bene. Negli Stati Uniti d'America - unico Paese al mondo ove esiste l'istituto delle primarie (quelle serie, appunto) - i candidati in lizza si presentano alcuni mesi prima delle elezioni nazionali. Ed è lì che si decide democraticamente chi sarà a guidare il partito che lo porterà ad essere il nuovo Presidente degli USA. Detti candidati, inoltre, non solo girano in lungo e in largo il Paese spiegando i loro programmi, ma finanche spendono un ‘fottìo’ di soldi provenienti dalle loro tasche (negli USA non esiste, come da noi, il sistema del finanziamento pubblico ai partiti o rimborsi elettorali) e sostenuti alla luce del sole dalle lobby di riferimento. Che, nel bene o nel male, pesano nell'esito dell'elezione (il fatto che ciò avvenga alla luce del sole, purtuttavia, garantisce una trasparenza praticamente inesistente qui in Italia). L'esatto opposto di quanto avviene da noi, ove è l'apparato del Pd a farla da padrone. E, magari, quando c'è un candidato ‘outsider’, come Ignazio Marino, si arriva finanche ad attaccarlo sui media tirandogli fuori vecchi scheletri nell'armadio, magari pure presunti! Non vediamo, insomma, che cosa ci sia da esultare quando all'orizzonte non vi sono comunque programmi alternativi a quelli del PdL. Ci auguriamo, tuttavia, che nel Popolo delle Libertà vi sia un serio chiarimento relativo alla linea da seguire: è impensabile che si possano fare le riforme di cui questo Paese ha bisogno con un ministro dell'Economia statalista come Giulio Tremonti, il quale vuol mantenere la pressione fiscale agli attuali livelli riproponendo una vecchia ‘chimera’ cattocomunista: il posto fisso. Su almeno tre punti, il premier Berlusconi non può rimandare o avere dubbi: abolizione delle Province ed enti inutili; abolizione progressiva dell'Irap; una riforma della giustizia che preveda, finalmente, la separazione delle carriere dei magistrati. Se così non sarà, il PdL avrà perso la scommessa con l'Italia intera e non sarà, per davvero, così dissimile dal ‘carro’ cattocomunista.




(articolo tratto dal blog www.lucabagatin.ilcannocchiale.it)
Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio