Maria Grazia d'Errico

Come sarebbe l’Italia se negli ultimi dieci anni non avessimo avuto le informazioni provenienti dalle intercettazioni telefoniche? E come sarà quando una legge farà tacere per sempre quei microfoni che soli sono stati in grado di rivelare le trame distillate nei ‘retrobottega’ del potere? Ce lo racconta il giornalista e scrittore Gianni Barbacetto, direttore di Omicron (l'Osservatorio milanese sulla criminalità organizzata al nord), ex coordinatore del programma di Michele Santoro 'Annozero', autore di “Se telefonando, le intercettazioni che non leggerete mai più” edito da Melampo. Si tratta di un ‘istant book’ che allinea una serie di intercettazioni che presto non potremo più leggere, a causa di una normativa che porrà il bavaglio all’informazione. Con una legge del genere già in vigore, non avremmo mai potuto conoscere nulla della nostra storia: Antonio Fazio, probabilmente, sarebbe ancora Governatore della Banca d'Italia, Luciano Moggi il centro del sistema ‘rubascudetti’, Stefano Ricucci un importante azionista del ‘Corriere della Sera’ e nessuno avrebbe mai saputo nulla dell’incredibile vicenda della clinica Santa Rita di Milano, dove gli interventi chirurgici erano decisi solamente in nome del guadagno.

Gianni Barbacetto, come è nata l'idea di scrivere questo ‘instant book’?
“Due giornalisti hanno organizzato un incontro pubblico a Milano e, in seguito, a Roma, per mostrare cosa cambierà nella nostra informazione con l’approvazione della nuova legge sulle intercettazioni. Ne è nato uno straordinario strumento di riflessione, una ‘serata spettacolo’ che racconta alcune celebri intercettazioni che hanno costituito la storia segreta dell’Italia degli ultimi anni. Consegnando i testi di quella serata a un libro, è stato realizzato ‘Se telefonando’. Questo, naturalmente, nel quadro della proposta del Governo di centrodestra di fare una riforma delle intercettazioni che è una radicale limitazione della possibilità di raccontarle sui giornali. Di fronte a questa ‘legge - bavaglio’ sembrava utile far vedere cosa sarebbe stata la nostra storia recente se non ci fossero state le intercettazioni: in pratica non sapremmo nulla, o molto poco”.

Roberto Scarpinato, Procuratore aggiunto antimafia a Palermo, ha affermato che non è un caso che le intercettazioni siano diventate un punto di attacco da parte del mondo politico: si sta forse cercando di costruire un sistema di omertà blindata?
“Il Procuratore afferma che, in questo Paese, ormai sono stati tutti messi a tacere: la stampa ha poca voce, la televisione è ormai tutta controllata, i collaboratori di giustizia non esistono quasi più, l’opposizione politica è molto debole e silenziosa. Che cosa rimaneva ancora? Le microspie sono le uniche in grado di svelare cosa avviene dietro le ‘quinte’ del potere. Quando faranno tacere anche le macchine con questa legge, in questo Paese davvero non resterà più nessuna sentinella a tutela della democrazia”.

I disegni di legge per limitare le intercettazioni telefoniche e ambientali hanno subìto varie modifiche nel corso degli anni: perché queste brusche frenate e improvvisi ripensamenti nel corso delle diverse legislature?
“Ci sono state tantissime proposte, in questi anni. La storia del tentativo di limitarle parte da lontano: ha iniziato il ministro Giovanni Maria Flick, nel 1996, durante il primo governo Prodi, a presentare un progetto legislativo teso a limitare le intercettazioni telefoniche e a sanzionare i giornalisti che le diffondevano. Poi, però, quel progetto si è arenato ed è stato ripreso solamente nell’estate delle scalate bancarie e dei ‘furbetti del quartierino’. Ma è solo nel 2005 che lo stesso Silvio Berlusconi ha annunciato un provvedimento che limitasse le intercettazioni ai soli reati di mafia e terrorismo, nonché ammende elevate per i giornalisti e gli editori che le pubblicavano: un decreto legge poi bloccato, poiché non possedeva i requisiti dell’urgenza. Io credo che la politica italiana sia letteralmente ossessionata dalle intercettazioni telefoniche perché ha capito, in questi anni, che esse hanno svelato moltissimi ‘altarini’ e troppe ‘porcherie’ fatte dalla politica di destra e, ahimè, anche da quella di sinistra”.

Infatti, c’è chi non ama le intercettazioni: Giuliano Ferrara, ad esempio, parla di “disegno inintelligente di chi vuole, solo per ipocrisia, che gli sia descritto un mondo senza stalle, senza stallieri e senza cacca..”.
“Esiste un grande partito dell'impunità, della politica libera da ogni controllo, un partito trasversale, comprendente la destra come una buona parte della sinistra, che ritiene che la politica non debba subire controlli e che i politici debbano rimanere impunibili e impuniti, senza subire indagini dai magistrati. Dal momento che le intercettazioni costituiscono il più efficace strumento di limitazione, è ovvio che si avverte la necessità di bloccarle...”.

Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, afferma che gran parte dell’Italia risulta ‘controllata’, 3 milioni di intercettazioni che incidono troppo sui bilanci di Stato: un miliardo di euro l’anno. Quanto risultano attendibili questi dati?
“Non sono dati attendibili. Anzi: sono proprio falsi. E’ stata fatta una grande campagna mediatica volta a convincere gli italiani che siamo tutti intercettati, che le intercettazioni costano moltissimo e che si lede la privacy di persone che non c’entrano nulla. La verità è che le intercettazioni, in Italia, sono perfino poche se le parametriamo a quanto avviene all’estero, dove ci sono moltissime agenzie che possono intercettare senza avere ‘intrusioni’. Qui da noi, almeno sono controllate da un giudice terzo. Inoltre, se pensiamo che ci sono tre o quattro regioni dove le organizzazioni criminali gestiscono gran parte della vita economica e politica del Paese, è evidente che bisognerebbe fare meglio e anche di più. Gli intercettati non sono 3 milioni e neanche 125 mila: ogni decreto corrisponde a un’utenza, cioè a un solo numero telefonico e quando si controlla un indagato si intercettano tutti i telefoni, fissi e mobili, con cui questo si pone in comunicazione. Spesso, gli indagati usano decine di schede telefoniche diverse. Facendo qualche rapido calcolo, dividendo i decreti d’intercettazione per il numero delle utenze si arriva a circa 20 mila persone intercettate all'anno: lo 0,03 per cento della popolazione italiana. Poche, considerando che nei Tribunali italiani ogni anno si celebrano tre milioni di processi. Le cifre reali sono abissalmente lontane da quelle che ci hanno raccontato”.

La 'casta' forse più colpita è quella della magistratura: quali rischi corre maggiormente?
“Io non credo che questa riforma colpisca direttamente la magistratura, che certamente riuscirà a svolgere ancora, se non più tranquillamente, il suo mestiere, anche se con regole diverse. Se si toglie lo strumento delle intercettazioni ai magistrati, il danno non sarà certamente per loro, ma per tutti i cittadini che avranno un mucchio di reati impuniti in più e meno sicurezza generale”.

Lei ha rievocato, nel suo libro, una carrellata di intercettazioni ‘celebri’ come quelle sulle inchieste di ‘calciopoli’, ‘vallettopoli’, o l'incredibile storia della clinica Santa Rita a Milano: perché l’Italia è l’unico Paese in cui molti si indignano per le intercettazioni e non per gli scandali?
“Il caso della clinica Santa Rita è indicativo, affinché non si pensi che la legge sulle intercettazioni riguardi solo i vip e i politici. Quando non sarà più possibile pubblicare sui giornali le intercettazioni sarà un danno per tutti, soprattutto per i comuni cittadini, che non potranno più essere tutelati con il rischio magari di essere operati inutilmente dai medici in nome del guadagno. In un Paese normale, del resto, dopo l’esplosione di uno scandalo ci sarebbe stata un’epidemia di dimissioni, a prescindere dalla rilevanza penale delle accuse. In Italia c’è stata solo l’epidemia di proteste anti - intercettazioni”.

Proprio in questi mesi si parla moltissimo della ‘sfera privata’ del presidente del Consiglio, che sogna un mondo senza intercettazioni: quanta responsabilità crede sia da imputare alla stampa?
“Sfera privata? Io sono convinto che, se un privato cittadino ha una sua vita erotica ‘brillante’, questi sono fatti suoi. Ma se ad avere una vita ‘dissoluta’ è il presidente del Consiglio è un’altra storia. Le imprese erotiche dell’attrice di turno non sono vicende private, sono invece questioni pubbliche, squisitamente politiche, dal momento che queste signorine spesso ce le ritroviamo candidate alle elezioni. E’ evidente che il problema è tutto pubblico e per niente personale..”.

La ‘legge bavaglio’ rischia di contaminare anche internet e i bloggher? E con quali conseguenze?
“Senz’altro è in corso un tentativo di controllare lo strumento che ancora resta più libero, ovvero il web. Ma attualmente non si capisce bene come debba essere considerato in materia di legge. E’ un territorio ancora molto libero. Comunque, credo che col tempo tenteranno di regolarizzarlo e anche male, non solo con un legge sulle intercettazioni, ma anche con leggi specifiche per ridurre anche la libertà di espressione del web”.


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