“Da qui alle Europee succederà di tutto”. Queste le auguste parole dell’augustissima
presidente del Consiglio. Lei, infatti, è quella
presidente Consiglio il cui Partito (di cui è il presidente)
scende nei sondaggi a ritmi allarmanti (proprio come successe a
Salvini: ma tu guarda certo corpo elettorale cosa deve sopportare, avendo la
'sfiga' di passare da un Partito all’altro pur di stare a
destra a tutti i costi...). Ma io
“ho l’emetto”, è stata l’autorevole chiosa. Programmi elettorali?
Nemmeno l’ombra. Ragioni per cui votare di nuovo
Marsilio (terz’ultimo nella lista di gradimento dei
governatori d’Italia, dove troneggia Bonaccini)? Una sola:
lo ha scelto lei. Motivo della scelta? Uno solo:
“Io ci metto la faccia”. E’ un po’ pochino come
programma per l'Abruzzo: poi si lamentano
dell’astensionismo. Ma le
truppe cammellate accorse per il
dì dell'acclamazione della
'piccola Venere di tutte le destre', biondo oggetto del desiderio di coloro che continuano a cercare un
'salvatore della Patria' andando contro ogni
esperienza passata e
presente (e quasi certamente futura), hanno avuto quel che volevano: il
verbo arguto e
gridato della
presidente che basta lei. E se gli altri che le ruotano attorno non sanno né
quello che dicono, né
quello che fanno poco importa: C’è lei:
Giorgia, “madre e cristiana”, incarnazione al femminile del
‘dio, patria e famiglia’ da
1922. E chi se ne frega dei
programmi: chi la vota, oggi, mica vuole programmi o promesse mantenute: vuole
miracoli. Quelli che ha voluto prima da
Berlusconi, poi da
Renzi, poi dal
M5S, poi da
Salvini e ora da
Nostra Signora delle promesse non mantenute, dai roboanti sogni di
presidenzialismo, dicasi elezione per
acclamazione. Se quello vogliono, quello avranno. Agli altri non resta che ingurgitare
l’amaro calice del dover
tornare a votare. E anche quelli son problemi.
'Boccacce' che non stanno mai
zitte, sempre pronte a
giudicare questa e quella, raccontano di una
presidente Meloni in
Abruzzo, al grido di
“Io ci metto la faccia”, a rinverdire la solita
'solfa' della
granitica unità della destra, con un
Salvini scalpitante fuggito via verso
“altro da fare”, non appena finita la
‘kermesse’, dove la
signora presidente è persino troppo
diva. Ma il
fronte di governo resta compatto: le
'coltellate' se le danno dietro le
'quinte', ma con tutte queste
'boccacce' in giro, si sa tutto di tutti. E non è mai vero quel che luce. Oggi tocca alla
Schlein, amata dagli alleati come un
'dito in un occhio', che però esce dalla tornata elettorale con un
Pd rinvigorito, mentre la
beata Meloni del
Santo Granito dell’unità perde consensi dopo averci
messo la faccia. Così come
Salvini. La situazione
abruzzese è per molti versi simile: il
Marsilio era terz’ultimo tra i
governatori d’Italia, nel giudizio degli elettori. A pari merito con quel
'mostro' di simpatia di
Giani, il
'renziano' dalla
Toscana con furore. Il
Marsilio, inoltre, era
imposto in quanto
amico d’infanzia, esattamente come lo fu la volta scorsa. Ma mentre
Meloni si dichiara
offesa per gli attacchi che arrivano verso i
ministri del suo governo
– quando è lei la prima a 'sparare' su tutti – trionfa l’assentesismo del
"c’eravamo tanto amati". Così tra un
presidente di Regione che parla
dell’Abruzzo come di una
"terra tra tre mari [sic]: Adriatico, Ionio e Tirreno” e di programmi
nemmeno l’ombra, oltre ai finanziamenti promessi per modernizzare i
trasporti (che per andare da
Roma a
Pescara devi per forza
'buttare' una
mezza giornata buona...) sembra di essere entrati
nell’incubo 2.0 del
'sogno meloniano'.