Dario CecconiLe Frecce Tricolori compiono 60 anni. Anche se la loro storia affonda le radici nel 1930, quando fu creata la prima scuola di volo acrobatico presso l’Aeroporto di Udine Campoformido. Al tempo, Mario Squarcina, già comandante del gruppo acrobatico dei ‘Diavoli Rossi’, ricevette l'incarico di selezionare piloti da tutti i reparti dell'Aeronautica militare. E da lì si iniziarono a muovere i primi passi. Quella che oggi conosciamo come pattuglia acrobatica delle ‘Frecce Tricolori’, nacque, infatti, in seguito. Precisamente, il primo marzo 1961. Oggi, a distanza di 60 anni, possiamo dire che questa pattuglia testimonia la capacità di guardare avanti, perpetuando la tradizione. Dal Fiat G-91 al Leonardo T-345 guidato da impulsi elettronici, le scie colorate lasciate dagli aerei sono anche simbolo di speranza e di voglia di farcela, soprattutto in questo particolare momento storico. Non perché i velivoli della pattuglia disegnino nel cielo di ogni parte del mondo la nostra bandiera verde-bianco-rossa lunga 5 chilometri e vasta 50 ettari (72 campi da rugby uno in fianco all’altro, ndr); non perché durante questi tempi di pandemia da Covid 19 le Frecce abbiano sorvolato in lungo e in largo la penisola per diffondere il senso e l’importanza di lottare tutti insieme; non perché, da sola, schieri 10 velivoli, aumentando così in maniera esponenziale la difficoltà di realizzazione delle manovre; non perché nessun'altra pattuglia abbia vinto, nell'arco degli ultimi 60 anni, tanti riconoscimenti internazionali quanti la 'Pan', dominatrice degli 'air show' in 48 Paesi; bensì perché, questo grande spettacolo di volo riesce sempre a conquistare il cuore di tutti noi italiani e non solo; perché il tricolore è identità, passato, presente e futuro e non un simbolo di appartenenza, ma un sentimento di riconoscenza e di riconoscimento, di orgoglio e di consapevolezza; perché la bandiera italiana, come ogni bandiera al mondo, non è nata per caso. E i suoi colori, infatti, ne raccontano l’essenza.





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