Michela DiamantiNel momento in cui scriviamo, si avvicina l'avvio della 'Fase due' - prevista dal prossimo 4 maggio - che oggi ancora stenta a prendere forma. Sono tanti gli interrogativi sulle modalità di ripresa delle attività produttive, che attendono a breve delle risposte. Dopo più di un mese di 'lockdown', i danni economici rilevati in quasi tutti i settori sono incalcolabili. Tra i comparti più colpiti, quello del turismo, fiore all'occhiello del nostro Paese, che rischia di pagare il prezzo più alto, correndo il pericolo di rimanere 'sospeso' anche dopo la fine della quarantena. Con l'avvicinarsi della stagione estiva, aumentano le pressioni da parte degli operatori del settore, pronti a riaprire le attività, qualora fosse possibile, nella misura e con le modalità che saranno previste al fine di garantire il 'distanziamento sociale'. Secondo gli esperti, il virus purtroppo non sparirà: "Per parlare di vacanze è ancora un pò presto ed è necessaria cautela", afferma  il direttore del dipartimento di malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità, Gianni Rezza. La 'Fase due' si preannuncia non priva di complessità e gli esperti invitano a non abbandonare né la cautela, né la prudenza. Attualmente, non è facile fare delle previsioni su come sarà la nostra mobilità anche vacanziera. A tal proposito, il centro studi del Touring club italiano ha provato a ipotizzare come cambierà il turismo partendo dall'analisi dei dati Istat del 2018 relativi ai flussi turistici: "I primi fattori propulsivi deriveranno dal turismo domestico, almeno pr il 2020. Il nostro turismo tornerà quello degli albori, quando nel secondo dopoguerra si rivelò come fenomeno prevalentemente italiano". Dal 1958, primo anno della rilevazione sistematica dei flussi da parte dell'Istat, fino alla metà degli anni '80, circa il 70% delle presenze che si registravano in Italia riguardava il turismo dei nostri connazionali. E' soltanto negli ultimi 35 anni che si è sviluppato notevolmente il mercato 'incoming', che oggi costituisce più della metà del nostro turismo (il 50,5% delle presenze totali). Senza i viaggiatori stranieri, secondo le proiezioni del Touring club, che ha analizzato i dati relativi alle presenze estere, la provincia autonoma di Bolzano, sarà probabilmente la più svantaggiata, in quanto maggiormente dipendente dall'estero (circa il 70%); a seguire, il Veneto, con il 68% di clientela straniera; Lazio e Lombardia presentano un tasso di internazionalità abbastanza simile (rispettivamente il 62% e il 60%); a seguire, il Friuli-Venezia Giulia (57%) e la Toscana (54%); infine, Sardegna e Sicilia (rispettivamente 52% e 51%). Purtroppo, le ragioni che potrebbero rallentare la ripresa del settore non dipendono unicamente dall'evoluzione degli eventi in merito alla diminuzione e/o riduzione della curva dei contagi e/o dalle disposizioni che dovremo rispettare. Gli aspetti da analizzare sono diversi: secondo un recente sondaggio di Confturismo-Confcommercio, realizzato in collaborazione con Swg tra il 18 e il 23 marzo scorsi, emerge che la metà degli italiani intervistati  ha intenzione di fare una vacanza appena l'emergenza sanitaria sarà finita e l'allarme sarà cessato. L'83% degli italiani faranno vacanze in Italia; il 16% teme di non avere la disponibilità economica sufficiente per farla, mentre il 44% degli intervistati la farebbe se potesse detrarre parte del suo costo. Gli effetti del coronavirus sull'economia hanno già messo in crisi in diversa misura lavoratori e intere famiglie: aumenta il numero di coloro che, a causa del blocco delle attività, si trovano improvvisamente in condizioni di disagio economico. Senza dimenticare i numerosi nuclei economicamente fragili, che erano costretti a vivere sotto la soglia di povertà ancor prima dell''epidemia. Insomma, un Paese completamente 'per aria', come mai era capitato nella nostra Storia repubblicana. E rimetterlo 'in carreggiata' sarà un compito non semplice. Terminata la fase dell'emergenza sanitaria, la 'ripartenza' sarà il nuovo terreno di confronto tra le forze politiche, economiche e sociali del Paese. E con i 'fenomeni' che abbiamo 'in campo', la vera paura comincia proprio adesso.



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