Fabrizio FedericiIntervista al dirigente dell Uil, a lungo funzionario Ue, sulla situazione italiana ed europea dopo le disastrose politiche economiche di austerity imposte, in questi ultimi anni, soprattutto dalla Germania della signora Angela Merkel

Calano i contagi per coronavirus in Italia. Tuttavia, tra le istituzioni più colpite dall'epidemia sembra purtroppo esserci l'Unione europea, la cui impalcatura istituzionale ha reagito, nel complesso, in modo tardivo ed episodico all'offensiva sovranazionale del virus, mostrando anzitutto di non disporre di un'unica strategia per far fronte a emergenze sanitarie e socioeconomiche di questo genere. Abbiamo voluto parlarne con un protagonista diretto della vita delle istituzioni comunitarie: Carmelo Cedrone, sino al 1984 segretario nazionale del sindacato scuola e università della Uil, dal 1988 alla direzione del Dipartimento europeo sempre per la Uil e, infine, dal 2006 al 2016, membro del Comitato economico e sociale europeo.

Carmelo Cedrone, lei ha una lunga esperienza di partecipazione al funzionamento di importanti organismi comunitari: cosa sta facendo, l'Unione europea, per affrontare seriamente, sul piano innanzitutto sanitario, l'emergenza coronavirus? Possibile che, a più di 60 anni dalla nascita della Comunità e a quasi 30 dal Trattato di Maastricht, non ci sia ancora un protocollo sanitario comune per fronteggiare epidemie come questa?

"L'Unione, dopo una prima fase di sbandamento, in cui il coronavirus era stato derubricato a problema italiano, sta provando a fare qualcosa sul piano economico, ma nulla di comune sul piano sanitario, nonostante il Trattato, negli articoli 168 e altri, sia basato sul principio di solidarietà, le consentirebbe di intervenire. 'Mutatis mutandis', è la stessa situazione cui abbiamo assistito durante gli attentati terroristici, o gli sbarchi di migliaia di immigrati sulle coste italiane e greche. Si stenta a capire che l'emergenza sanitaria e i virus sono una nuova frontiera da cui bisogna difendersi. Prima l'Ue e gli altri Paesi ne prendono atto e meglio sarà".

Purtroppo, anche quest'emergenza l'Europa la sta affrontando in ordine sparso, con logiche puramente nazionali: le analogie che vengono subito in mente sono soprattutto quelle di Chernobyl, nel 1986, la grande crisi economica mondiale iniziata del 2008-2009 e la situazione di caos economico e speculativo da lei ricordata nel suo recente saggio 'Dentro l'Europa', edito da Ponte Sisto, che si creò tra gli ultimi mesi del 2001 e nei primi del 2002, quando entrò in circolazione l'euro. Quella di oggi, però, ci sembra una situazione assai più grave: a suo giudizio, può dipendere anche dalla preferenza accordata nell'ultimo quindicennio dagli organi di governo della Ue, alle politiche liberiste, ad aver impedito ai Paesi dell'Unione di definire una strategia comune sui principali temi economico-sociali, ambientali e sanitari?
"Non è una questione solo economica o di economia liberale: il nodo che abbiamo di fronte riguarda un modo sbagliato di concepire l'Europa. Si pensa che basti innestare un pilota automatico come quello del patto di stabilità per l'Eurozona e tutto procederà 'liscio'. Tanto 'liscio' che, se non ci sarà una virata, andremo a sfracellarci sullo scoglio di questa crisi. Smontare queste convinzioni, far capire che l'Europa ha bisogno di politici e non di ragionieri, non è facile, come stiamo vedendo anche in questi giorni. In ogni caso, questo è il momento di tentare l'affondo. Serve un colpo di reni dei Paesi europei che hanno un minimo di attenzioni verso il futuro. L'Italia è tra questi e noi dobbiamo aiutarla, per aiutare anche coloro che, in Europa, hanno gli occhi bendati".

La riunione d'urgenza del Consiglio direttivo della Bce dello scorso 19 marzo, dopo le 'uscite' a dir poco imprevidenti di Christine Lagarde, ha varato il Pepp, il Programma di acquisti per l'emergenza pandemica: una sorta di nuovo 'Quantitative easing' che prevede massicci acquisti di titoli sia pubblici che privati per tutto il 2020, con una dotazione di 750 miliardi di euro. Basterà, questo a ridare fiato a mercati e operatori economici e finanziari già provati dalle vicende dell'ultimo mese? Non sarebbero indispensabili interventi di carattere, in qualche misura, strutturale?
"La Bce non può fare tutto, anche perché ha grossi limiti, non avendo gli stessi poteri di qualunque Banca centrale: un'anomalia, questa, senz'altro da superare. Gli interventi decisi hanno invertito l'andamento delle borse e dello spread dopo il disastro iniziale della Lagarde, che mirava a mettere all'angolo l'Italia sotto dettatura tedesca. Un disegno che la Germania persegue da tempo, ma che finora abbiamo sempre sventato, sebbene a caro prezzo. Comunque, gli interventi decisi sono insufficienti.: occorrerebbe confermare, da parte della Bce, che si disposti a 'fare tutto il possibile', qualora si rendesse necessario. In più, si dovrebbe aumentare - e di molto - le misure decise: almeno raddoppiarle o triplicarle. La misure maggiori, però, dovrebbe deciderle l'Unione: gli Eurobond nell'immediato per aiutare direttamente le persone, malati e disoccupati in prima linea. In più, aiuti diretti ai settori dell'economia maggiormente minacciati dalla crisi, utilizzando il fondo del Mes, il 'Meccanismo salva Stati', ma senza condizionalità. Contemporaneamente, tramite la Bei, bisognerebbe avviare un grande piano di investimenti, capace di mobilitare almeno 5 o 6 mila miliardi, cifre da aggiornare alla luce di ciò che succederà".

Veniamo alle origini di questa epidemia. Noi non siamo per forza dei complottisti, però è un fatto che il principale focolaio di diffusione sia stata, da fine, dal dicembre scorso, la Cina comunista. Quale che sia stata la causa scatenante di quest'epidemia (dalle incredibili condizioni igieniche di tanti mercati cinesi a possibili leggerezze di personale operante in laboratori di ricerca epidemiologica, come quello appunto di Wuhan), la Ue, sostenuta dall'Oms, non potrebbe, a questo punto, chiedere alla Cina un adeguato risarcimento per i danni causati in tutta l'Europa e, anzi, al mondo? Invece, i soldi li sta tirando fuori l'Italia per acquistare le mascherine proprio dalla Cina...
"Questa è una questione 'nodale', l'essenza di ciò che potrà ancora succedere in futuro, perché già abbiamo fatto esperienze simili, benché meno gravi, per colpa della Cina. Una Cina, non dobbiamo dimenticarlo mai, governata da un regime comunista, con tutto quello che ciò significa per quanto riguarda l'affidabilità di quello che dicono. E' una vera tristezza vedere il nostro ministro degli Esteri annunciare, facendosi riprendere insieme ai medici e alle scatole di mascherine cinesi, che le mascherine antivirus sono un aiuto umanitario, mentre, come diceva lei, dobbiamo pagarle. Un vero e proprio scandalo nel silenzio generale. Pietro Nenni, primo ministro degli Esteri ad aprire i contatti con la Cina, si rivolterebbe nella tomba. L'Unione europea dovrebbe porre seriamente la questione del rimborso dei danni. Il problema vero è che la Cina ha le idee chiare: ha capito il declino a cui sta andando incontro l'occidente e, con una strategia studiata 'a tavolino', ne sta approfittando per sostituirsi agli Usa e all'Europa. Il guaio è che, quest' ultima, praticamente non esiste. Speriamo che il coronavirus la svegli e che decida di cambiare strategia. Prima di tutto, però, deve decidere di esistere. E questo dipende dalla Germania, purtroppo. Gli altri Paesi, già vittimizzati, continuano a pendere dalle sue labbra. Ce la faremo? Secondo me, potremmo farcela, purché si abbia chiaro quale è il problema da affrontare e risolvere, a qualunque costo".


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