Vittorio LussanaIl Nuovo Psi ha chiuso il proprio V Congresso Nazionale fondamentalmente diviso intorno a due posizioni: quella di chi ritiene necessario ricollocare il partito tra le altre tradizioni progressiste del Paese, al fine di portare a compimento il progetto di un unico movimento riformista, laico e liberale di stampo ‘mitterandiano’, e quella di chi ancora non ritiene maturi i tempi per una simile operazione. In questi anni, ho avuto l’onore di lavorare fianco a fianco con gli amici socialisti schierati con la Casa delle Libertà. E posso certamente affermare che, nel corso del quinquennio 2001 – 2006, è spesso capitato di incontrare persone ed esponenti politici del centrodestra indubbiamente degne di stima e di considerazione. In sostanza, i socialisti non abbandonano la Casa delle Libertà a causa di recriminazioni particolari sul piano dei rapporti umani: le motivazioni per cui è all’ordine del giorno l’esigenza di chiudere la fase politica della loro diaspora rappresenta l’autentico motivo di fondo delle riflessioni interne al partito guidato da Bobo Craxi. Decidere di compiere una scelta di questo genere non è affatto semplice: la volontà di rilanciare il socialismo riformista e liberale si incrocia continuamente con i ricordi drammatici degli anni ’90, costringendo numerosi militanti e dirigenti a sintesi di pensiero umanamente comprensibili, ma spesso assai contraddittorie. Tuttavia, i socialisti italiani non possono pensare di poter svolgere una funzione di sviluppo politico reale nell’interesse dell’intera sinistra italiana se non ricollocandosi nell’alveo più adeguato ad un simile processo di confronto.
Ciò, infatti, non può essere minimamente tentato da destra e, soprattutto, non lo si può fare continuando a rimanere divisi. Chi ritiene che il Nuovo Psi desideri ‘traslocare’ nel centro-sinistra sulla base di un mero calcolo opportunistico, niente sa e nulla comprende del sincero e mai sopito sentimento di autonomia e di identità che pervade per intero questo partito. E’ ben altra, invece, la questione che necessita di una seria analisi per un reale rinnovamento della conduzione politico-strategica complessiva del Nuovo Psi. E’ indubbiamente certo che Gianni De Michelis ha dimostrato più volte, in questi anni, intelligenza ed elevato spessore culturale. Ma è altrettanto vero che a ciò non è sempre corrisposto un chiaro senso tattico nella ‘guida di linea’ del partito: ‘ondivaghismo’ e confusione hanno spesso dato l’impressione di un’inclinazione dell’ex ministro degli Affari Esteri al personalismo politico estemporaneo. Bobo Craxi, viceversa, politicamente è molto cresciuto. Grazie anche alla sapiente regia di Saverio Zavettieri, egli si è posto la questione della riunificazione del movimento socialista italiano per liberarlo da ogni subalternità e da chi, in Forza Italia, ha cercato di porsi come ‘controllore’ e rappresentante dell’intera area laico-socialista. Ma Bobo, intorno a tali questioni, ha saputo ‘tenere il punto’, sopportando pazientemente quell’immagine di ‘orfanello professionale’ appiccicatagli addosso dall’orripilante cinismo qualunquista che, talvolta, pervade molti ambienti del centrodestra italiano. E oggi merita pienamente di assumere la guida della ricostruzione del socialismo riformista italiano avendo dimostrato, in questi anni, spirito di sacrificio e nervi saldi. Il tempo e gli anni passano, anche in politica: se i socialisti italiani sapranno comprenderlo, essi capiranno di dover tornare ad essere se stessi, per liberarsi definitivamente da quel conservatorismo psicologico che, per quanto umanamente motivato, impedisce di far prevalere, tra tanti dolori e rancori, la loro parte più nobile. Quella che li può portare ad imbarcarsi in un tempo dimenticato persino dai sogni ed in cui oggi, e soltanto oggi, la terra all’orizzonte, tenue, di nuovo appare…


Articolo tratto da www.agenzieradicali.it, supplemento politico dei 'Quaderni Radicali'
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