Vittorio CraxiC’è un deficit di libertà, in Italia, nel campo della protezione e dell’estensione dei diritti civili, un deficit di nuove libertà pubbliche, una crisi già evidenziata dalla sconfitta referendaria sulla fecondazione assistita. Si è riacceso un confronto che rischia di trasformarsi in uno scontro fra laici e cattolici del nostro Paese. Vi sono ragioni politiche e ragioni etiche che continuano non a separare, ma a differenziare i punti di vista fra l’una e l’altra visione della vita, della società e della realtà. I laici hanno il dovere di misurarsi sempre con le visioni e le prospettive della religione e di rifiutare le banalità di certe forme vetuste di ateismo, di anticlericalismo o di materialismo. La questione, tuttavia, nel nostro Paese rimane aperta. E riguarda, innanzitutto, un bisogno sempre espresso della libertà umana che non può, in nessun campo e per nessuna ragione, essere limitata. Per questo motivo, la laicità di cui parliamo e che sosteniamo non é soltanto la soluzione dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa, ma una dottrina dello Stato e della politica, una moderna filosofia della libertà. Affrontare con antico e permaloso cipiglio un problema che non mina l’esistenza e la tutela della religione, nasconde un fondamentalismo, politico ed etico, che va respinto, pena la messa in discussione dei solidi e ben ancorati principi di laicità scolpiti all’interno della nostra Costituzione repubblicana. La Chiesa svolge un ruolo importante su un piano sociale: l’associazionismo cattolico, quando ha obiettivi di solidarietà e di promozione culturale, risponde ad un’esigenza reale del Paese. Ma quando si mescola nei processi economici o nei meccanismi di opinione può essere perfettamente accusata di un carattere relativista non meno sospetto di altri relativismi. La svolta progressista, sul piano sociale, è iniziata, in questo Paese, durante gli anni settanta con il referendum sul divorzio. Ed è normale che, oggi, la Chiesa cattolica intenda ripartire dalla sconfitta dei referendum sulla fecondazione medicalmente assistita. Tuttavia, è anche necessario comprendere che svolgere una funzione politica di attenzione ai diritti civili corre di pari passo a quella dei diritti sociali, al fine di fornire una spinta ed un governo alle giuste aspirazioni di autonomia e di libertà di tanti uomini e donne ricercando un giusto equilibrio istituzionale fra le insopprimibili esigenze di sicurezza sociale e di libertà. In materia di modernizzazione del Paese, diritti civili e diritti sociali corrono, insomma, di pari passo. E, per questo motivo, in sede di stesura dei propri punti programmatici socialisti, liberali, laici e radicali oggi non possono non far riferimento alla richiesta di pari diritti e di pari dignità per le coppie di fatto. Per molti osservatori, questa appare questione tutto sommato secondaria, un rifare il verso alla Spagna moderna per gettare una provocazione nel cuore di un’Italia cattolicissima. Ma la verità è che non vi è nulla che corrisponda di più ad un’altissima e nobile etica laica se non il far uscire dalla vergogna l’umanità nascosta, quella che spesso non si vuole vedere o che si fa finta di non vedere. E non vi è nulla di compassionevole se affermiamo che migliaia di uomini e di donne, conviventi di fatto, da tempo attendono un riconoscimento giuridico, che vi sono problemi sociali drammatici, che non è più tollerabile che il nostro Paese rappresenti il ‘fanalino di coda’ nell’applicazione dell’aborto farmacologico, così come nella ricerca scientifica, opzione allontanta proprio dall’elusione dei quesiti referendari del giugno scorso. Non vi è nulla di scandaloso nel fatto che socialisti, laici, liberali e radicali vogliano oggi aprire un dibattito che possa schiudere gli occhi a molti, che avvii una discussione feconda e non banale, in sintonia con le socialdemocrazie europee. Da più parti sono state sollevate obiezioni sul carattere dirompente della polemica politica avviata contro le gerarchie cattoliche del nostro Paese. Tuttavia, francamente io osservo che, in questa polemica, nonostante gli eccessi, si sottolinea un problema che c’è, che esiste, nel nostro Paese. Lo hanno cominciato a porre forze politiche dalla solida e concreta cultura laica, osservatori politici attenti, come ad esempio gli amici della redazione di www.laici.it, e studiosi di rango che si domandano se esiste veramente un rapporto di ‘parità nella libertà’ tra la Chiesa e lo Stato italiano. Ha scritto di recente Sergio Romano: “La tentazione di occupare il vuoto lasciato dalla politica da parte della Chiesa è forte: fra i vescovi che partecipano alla vita politica e gli ‘atei devoti’ si è creato un brutto intreccio che oscura il confine fra la Chiesa e lo Stato e che non gioverà, in ultima analisi, né all’una, né all’altro”. In questi ultimi anni è nata un’Italia molto diversa da quella delle generazioni post-unitarie. Non la riconoscerebbero come propria Cavour e i cattolici - liberali, autori di una buona legge, quella cosiddetta delle ‘Guarentigie’; non la riconoscerebbe Mussolini, deciso, a suo tempo, ad usare la Chiesa e il cattolicesimo italiano per un progetto nazionale e imperiale; non la riconoscerebbero Sturzo e De Gasperi, sempre attenti a difendere, ad un tempo, l’indipendenza civile dei cattolici e le prerogative dello Stato; non la riconoscerebbe, infine, Bettino Craxi, promotore di una revisione del Concordato che ebbe il merito di limitare il potere della Chiesa sulla società. Il problema, lo ripeto, c’è. Esiste. La sensazione rimane quella di una Chiesa cattolica che, dopo aver ricevuto una grande mano dallo Stato italiano, oggi tenda a prendersi anche il braccio. Privilegi ed ingerenze non possono essere ritenuti corretti binari di condotta politica: noi dobbiamo rispettare il messaggio evangelico, ma non quando esso viene ‘trasformato’ in disposizione dogmatica e strumentale, tesa a ledere e a violare la sovranità dello Stato e la libera determinazione dei cittadini. L’appello all’astensionismo in occasione dei referendum ha violato vistosamente i Patti concordatari. Quando si sottoscrivono dei Patti, questi poi vanno rispettati. E quando uno dei contraenti li vìola, l’altro ha il dovere di alzare la voce per farli rispettare. In questo senso, l’appello è stato mosso nei confronti di chi, oggi, sente il dovere di difendere la laicità dello Stato, la sua libertà e la sua sovranità. Le recenti minacce della teocrazia iraniana confermano, più di tante parole, quanti rischi si nascondano dietro l’insorgenza dei fanatismi religiosi. E dietro la rivolta giovanile nelle ‘banlieu’ parigine non si cela solo la disperazione e la povertà, ma una nuova bandiera di identità religiosa, blandita contro l’occidente, le sue opulenze e le sue contraddizioni. Per questo, tanto più la temperatura del fanatismo religioso saprà scendere, tanto più si potranno compiere sforzi significativi per contenere i rischi di un conflitto di civiltà. Se l’Europa comunitaria saprà trovare la forza della coesione e dell’unità politica, essa è destinata a svolgere un ruolo essenziale negli anni a venire.


Segretario Nazionale del Nuovo PSI
Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio