Vittorio LussanaIn merito alla dolorosa morte di Antonio Megalizzi, l'aspirante pubblicista assassinato nei giorni scorsi nell'ennesimo, terribile, massacro terroristico di Strasburgo, abbiamo letto sui social network frasi a dir poco indecorose. Quasi che una parte di questo Paese voglia porsi a giudice, circa il grado di 'italianità' che ogni singolo cittadino intenda incarnare. Un ruolo che, di certo, non spetta, né può essere reclamato, da nessuno, poiché inerente alla libertà di espressione del singolo individuo. Non tutte le opinioni sono lecite. Nemmeno in una democrazia liberale. Arrivare a denunciare un eccesso di retorica collettiva "per la morte di un giornalista, che lavorava in una web radio finanziata dalla Ue", significa solamente dimostrare un'ignoranza becera, che ha come proprio presupposto d'origine un odio distruttivo e nichilista verso altri cittadini, colpevoli di non volersi omologare a un modo unico, trascendente e assoluto, di vedere il mondo o di giudicare gli andamenti della 'cosa pubblica'. Innanzitutto, Antonio Megalizzi non era personalmente finanziato dalla Ue, ma semplicemente retribuito per i suoi servizi di approfondimento giornalistico: il compito di Antonio non era certamente quello di reperire risorse economiche a sostegno della struttura presso cui collaborava. In secondo luogo, i responsabili editoriali della web radio in questione, per accedere ai fondi europei messi a disposizione in favore di alcune piccole 'start up' giovanili, hanno dovuto partecipare a un bando di concorso in cui erano severamente richiesti una serie di requisiti piuttosto 'stringenti'. Noi laici non siamo posizionati su una frontiera di contrapposizione netta verso un tipo di cultura politica anziché un'altra. Tuttavia, avvertiamo una sensazione di scadimento costante del tasso di democrazia nell'attuale dibattito politico in corso. Soprattutto, tra quelle forze di destra sovranista in cui non si avverte minimamente la questione di un approccio meno pregiudiziale nell'analizzare fatti, accadimenti e problemi, al fine di abbandonare una datata metodologia di ricerca continua di nemici da individuare e colpevolizzare. Quali colpe possa aver avuto un ragazzo che voleva semplicemente diventare un giornalista, proprio non si riesce a comprenderlo. In molti criticano, di recente, un certo atteggiamento di attesa da parte di alcune forze politiche, attualmente all'opposizione. Ma non si tratta di una scelta strategica, che si richiama a una qualche filosofia orientale 'neo-buddhista' o 'confuciana' che dir si voglia. Semplicemente, si sta attendendo che alcune forze del nostro panorama politico attuale giungano, finalmente, a vergognarsi di se stesse e della propria mancanza di umanità. In politica, la faziosità della singola forza politica dev'essere calcolata e messa in conto, ma slealtà e bassezza morale non appartengono a nessuna forma di partigianeria. Esse, al contrario, avvelenano il dibattito collettivo, immettendo in circolazione i germi più escrementizi di un'invidia sociale ridicola e mediocre, che si richiama a forme violente e calunnatorie che appartengono unicamente alle apologie del crimine. Noi siamo per lo sdoganamento definitivo di alcune posizioni di retroguardia, nel tentativo di assicurare, anche e soprattutto sotto il profilo dell'informazione, la possibilità che abbiano voce anche quelle forze politiche che, in genere, non l'hanno, o che, per lungo tempo, non l'hanno avuta. Ma alcuni atteggiamenti, purtroppo, non ci aiutano affatto, in questo nostro tentativo. La libertà di espressione è tenuta ad assicurare anche l'esistenza della contraddizione, in quanto elemento umano. Ma non tutte le contraddizioni sono degne di essere accettate, poiché anche la democrazia prevede dei limiti, verso se stessa e verso gli altri. A Strasburgo è stato ucciso un giovane italiano che nulla aveva fatto di male. E se anche il giovane Megalizzi si riteneva un europeista convinto, certamente egli non era meno italiano di altri. Contraddizioni così 'basse' non possono prevedere la scusante dell'ignoranza, poiché in realtà si dimostra di conoscere bene e di utilizzare, benché malevolmente, il nesso liberale della distinzione, andando a dividere alcuni italiani rispetto ad altri. E ciò non è solamente un qualcosa di stridente, ma fa riferimento a un vecchio detrito ideologico che proviene, a sua volta, da forme di repressione patologica, le quali possono generare unicamente regressione e degenerazione, oltre a rivelarsi totalmente inutili al dibattito. Tali forme di illiberalità si richiamano a un passato che dev'essere abbandonato con maggior convinzione, rielaborando tesi e dottrine all'interno di una visione che possieda una propria 'spina dorsale' di contenimento culturale, nazionalista o 'gentiliana' essa sia. Una destra che chiede ordine e legalità può senz'altro ottenere piena cittadinanza democratica, all'alba dell'anno di grazia 2019. L'irrazionalismo reazionario e manicheo, invece, no. A meno che non s'intenda puntare unicamente ad aggiungere nuovo disordine al disordine. Ma, allora, non siamo più di fronte a una nuova cultura di destra, bensì al qualunquismo più becero e incoerente, persino di fronte a se stessi. Noi laici ci dichiariamo pronti ad accettare confronti e dibattiti e, persino, a fornire contributi culturalmente utili e costruttivi alla formazione di questo nuovo processo di pacificazione collettiva. Rigettiamo, tuttavia, ogni processo d'inculturazione che possa prevedere l'utilizzo di falsità astratte o menzogne poco serie, poiché ciò finisce solamente col sospingere l'intero Paese verso il disastro. E di doverci dimostrare più italiani di tanti 'sedicenti italiani', non ci teniamo punto: siatene certi.




Direttore resposnabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)

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