Giuseppe LorinDal 15 al 20 marzo scorso, Carlo Cianfarini ha presentato, presso il piccolo teatro 'Stanze segrete' di Roma, una propria interessante versione del noto testo di Jean Genet 'Les bonnes', ovvero 'Le domestiche', conosciuto in Italia anche con il titolo: 'Le serve'. L'autore restò emotivamente coinvolto da una notizia di cronaca 'nera' relativa a un omicidio avvenuto la sera del 2 febbraio 1933, ma solo nel 1947, Genet decise di dare alle stampe questo testo drammaturgico, relativo al particolarissimo amore/odio di due sorelle scatenatosi nei confronti della signora per cui lavoravano come domestiche, dando così notizia al mondo di un oscuro fatto di provincia ricco di 'sfaccettature'. Sia come sia, nel riadattamento di Cianfarini la domestica Solange è stata interpretata da Maria Grazia Bordone; la sorella Claire ha visto la magistrale perfomance di Chiara Pavoni; Madame, invece, è stata portata in scena dall'ancor giovane Elena Larocca. Le due sorelle, Claire e Solange, vengono descritte come due domestiche affascinate dall'agio della vita lussuosa della loro Madame, in un costante equilibrio tra amore e odio che le porta a fantasticare di strangolarla, "ma i seni di Madame, nel sonno palpitavano e Solange non ne ha avuto il coraggio". Odio e amore sono ben distribuiti in un perverso gioco che le due sorelle fanno di notte, quando sono sole in casa. Un rito durante il quale, a turno, una delle due impersona Madame, mentre l'altra finge di essere non già se stessa, bensì la sorella. Un rituale alla fine del quale la domestica dovrebbe uccidere la padrona, ma in cui le due 'servette' indulgono troppo nei rispettivi ruoli e non riescono mai a portare a compimento l'efferato intento prima del ritorno a casa della padrona. La signora viene descritta come una borghese capricciosa e 'affettata' sino al ridicolo per gli eccessivi sdilinquimenti nei riguardi del proprio uomo, incarcerato a causa di una lettera anonima spedita, in realtà, da Claire, ma concreta e descrittiva sin nei dettagli. Qualche forzatura recitativa della giovane Larocca dobbiamo pertanto sottolinearla pur con rispetto e urbanità, per una versione piuttosto 'scimmiottata' di Madame. Un ruolo forse troppo complesso per la giovane attrice, poiché carico di 'sfumature' sociologiche di non semplice 'lettura'. Comunque sia, Monsieur a un certo punto viene rilasciato e le due sorelle, temendo di essere scoperte, cercano di avvelenare Madame servendole la sua tisana al tiglio, mescolata con molto zucchero e 'stracarica' di barbiturici. Inaspettatamente, però, Madame non la beve. Anzi, è Claire a consumarla al posto suo, portando alle labbra l'iniqua bolla di plastica per i pesci rossi. Jean Genet intrecciò bene, in questa pièce, una storia di omicidio-suicidio collegata all'amore-odio di due 'servette' verso la loro Madame, individuando altresì alcuni 'nodi' fondamentali della vita borghese, ovvero quelli di chi, malgrado tutto, a quella vita agogna attraverso un elegante giuoco di 'specchi' tra le due sorelle e la loro padrona. Un tema politico-sociale ricco di allusioni a una vita 'altra' che non si può avere: un'ambizione frustrata che porta alla follia, benché giudicata oggettivamente sbagliata. L'autore, in verità, non volle mai giustificare né spiegare 'ideologicamente' questo testo, bensì semplicemente alludere a un contesto entro il quale questi personaggi si stagliano come individui dalle precise caratteristiche psicologiche. Una condizione che non è affatto quella di una 'micro-lotta di classe', ma al contrario squisitamente 'teatrale', come dimostrato dal rituale interpretativo che le due sorelle eseguivano di notte e che, all'inizio, inganna lo spettatore, portandolo a credere per lungo tempo che una delle due sorelle sia la stessa Madame. Nel merito, invece, dell'approccio al testo, Carlo Cianfarini, che di questa pièce è stato anche regista, ha dato prova di un 'piglio' interessante e originale, soprattutto nell'interpretazione delle due sorelle, generalmente rappresentate come due 'donnette' cervellotiche e meste, mentre in questo caso sono state rese nervose, 'sanguigne', quasi isteriche. Anche il ridicolo che sfiora Madame è stato evidenziato con l'introduzione di movenze astruse, impacciate, persino goffe, quasi fosse una 'bambolina' alla Barbie, dunque tramite un processo di fedele e, al contempo, complessa 'tipizzazione' sociologica. Una regia che ha voluto cercare mezzi espressivi diversi e innovativi anche nelle luci, curate da Emiliano Frattaroli, così come nel sonoro, composto da poche note di sottolineatura di alcune frasi ripetute dalle due sorelle. Elementi che hanno fornito un buon 'ritmo', semplificando un copione considerato difficile senza tuttavia banalizzarlo. Carlo Cianfarini ha lasciato intendere di essersi interessato alla vicenda in sé, cioè quella di due 'servette' invidiose e maniache, piuttosto che alle implicazioni ideologiche, alle allusioni sadomasochiste, al detto tra le righe o al 'sottotesto' di repressione sessuale che, comunque, risulta rispettato e presente come autentica 'linfa' vitale della rappresentazione. I 'tagli' apportati sono riusciti, insomma, a 'snellire' la narrazione senza tradirla: per esempio, il vagare di Solange mentre cerca un taxi per Madame; il lungo monologo finale nel quale la domestica immagina prima di parlare con l'agente di polizia e, in seguito, durante il sontuoso funerale della sorella Claire; alcune allusioni della stessa Claire alla loro vita oltre l'orario di lavoro; il continuo avvicendarsi alla finestra, dalla quale contemplano lo scorrere quotidiano della vita. Alla fine, si è potuto apprezzare e ammirare un buon lavoro di regia e un diverso approccio interpretativo ai personaggi. Un punto di vista de 'Le serve' curato da 'Il Tempo dell'Arte', che ha trasmesso un qualcosa di fascinoso e ben confezionato, colto nella sua natura più intima e morbosa. Un cenno di merito, infine, va dato anche alla scenografia essenziale, attentamente curata da Angelo Larocca.


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