Ilaria CordìProprio non si capisce per quale motivo un certo fastidioso spirito di 'faziosità' si accenda particolarmente ogni qual volta ci sono le elezioni: regionali, amministrative, europee o nazionali che siano. Di provare a comprendere quali provvedimenti un Governo stia applicando, interessandosi alla fase di 'misurazione' della competenza e della concretezza di un esecutivo, di un parlamento o delle stesse forze politiche, di maggioranza o di opposizione, insomma di valutare l'effettiva qualità della nostra politica, in realtà non interessa una 'beata mazza' a nessuno. Chi ama veramente la politica, con interesse autentico e curiosa attenzione, quando arriva il momento delle campagne elettorali vorrebbe chiudersi in casa e non farsi più vedere in 'giro' almeno per un paio di mesi. Ciò perché se ne sentono veramente di tutti i 'colori', come si suol dire. E le 'promesse', anche quelle più assurde e utopiche, vengono dispensate con larga generosità. Le campagne elettorali, qui da noi sono come le vacanze estive. Ovvero, il momento delle bugie, delle avventure amorose che durano il tempo di una stagione, dei 'tormentoni' radiofonici o da discoteca. Invece, la politica dovrebbe essere ben altro, rispetto all'utilizzo strumentale di ogni problematica finalizzato alla ricerca di voti e visibilità. Insomma, diciamocelo francamente: per chi, come noi, vive la politica come un momento di studio e di osservazione razionale dei problemi della collettività, le campagne elettorali, troppo spesso assai più 'faziose' di una 'stracittadina' calcistica, sono una gran 'rottura di scatole'. Può sembrare sottilmente antidemocratico, questo ragionamento. Il che è assurdo, se si pensa all'enorme quantità di demagogia che viene profusa e diffusa a piene mani in certe serate televisive 'allucinanti'. Per non parlare, appunto, dei cosiddetti 'talk show', alcuni dei quali veramente inguardabili, in cui tutti urlano e si 'danno sulla voce' l'uno con l'altro, mancando completamente di rispetto nei confronti di chi, a casa, vorrebbe capire qualcosa di più nel merito specifico di una questione. C'è chi ritiene che tale scadimento complessivo della nostra classe politica dipenda proprio da una concezione di campagna elettorale 'perenne', in cui la nostra 'bell'Italia' è costretta a vivere da più di un ventennio. Probabilmente, è proprio così. Ma tutto ciò conduce a una rivalutazione di quell'elettorato moderato che, per 50 anni, ha votato per la Democrazia cristiana assumendo la più classica delle connotazioni che, in linea teorica, caratterizzerebbe i regimi 'semiliberi' o a democrazia 'temperata': quello della 'maggioranza silenziosa' e, persino, un po' passiva. Siamo arrivati al punto di dover rimpiangere quell'epoca lì, in cui ogni volta che ci si trovava a valutare i risultati di una consultazione qualsiasi, eravamo costretti a chiederci: "Ma chi diamine li ha votati questi qui? Fino all'altra sera, chi sentivi, sentivi: tutti si lamentavano del malgoverno democristiano. Ma come? Prima ti lamenti e poi li voti"? Ebbene, oggi stiamo finalmente comprendendo per quale motivo le nostre nonne e le nostre mamme, a torto o a ragione, si comportavano così, evitando persino di esprimere in pubblico la propria opinione politica: perché starsene zitti e sacrificarsi per costruire e migliorare, giorno dopo giorno, la propria vita e quella dei propri figli è assai più saggio e democratico di chi si riempie la bocca con 'slogan' insulsi e false promesse. Era cioè un modo, quello dei nostri padri e dei nostri nonni, di essere, al contempo, più pratici dei materialisti e più realisti del re.


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