Clelia MoscarielloE’ molto interessante andare a notare, oggi, affinità e divergenze tra l’ultima ondata di corruzione scoperta negli appalti di preparazione dell’Expo di Milano e quella di Tangentopoli esplosa negli anni 1992 - ’94. I protagonisti negativi sono ancora gli stessi. Assai diverso, invece, è il comportamento dei Partiti. Dopo quel biennio di terrore, infatti, i movimenti politici hanno cercato di distinguere la propria attività da quella di determinati faccendieri, servendosene tuttavia per fini elettorali e clientelari. Allo stesso modo, questa ‘razza padrona’ di truffatori e imbroglioni ha utilizzato la politica per finalità di lucro personale e per riuscire a riciclarsi in ruoli istituzionali, producendo nuovo clientelismo e perpetuando il sistema degli scambi di favori e degli arricchimenti illeciti. Ma chi utilizza chi? Questa è la vera domanda. I politici italiani sono, oggi, dei meri ‘fantocci merovingi’ condizionati dal potere di queste ‘lobbies’ discutibili, oppure sono i Partiti ad avere estremo bisogno di questi scaltri personaggi per riuscire a garantirsi un consenso sicuro? Quel che appare incontestabile è il fatto che le inchieste di ‘Mani pulite’ dei primi anni novanta del secolo scorso hanno disarticolato il sistema di corruzione, rendendolo tuttavia più infimo e ricattatorio, peggiorandolo sia sotto il profilo sostanziale, sia ‘formalmente’. Il potere della corruzione è cioè aumentato e peggiorato. E’ divenuto, innanzitutto, ancor più ipocrita nelle sue modalità di espressione e di reiterazione dei reati. Ed è più ‘egoistico’ nella sostanza, in quanto utile solamente a foraggiare ‘capi cordate’ e capitani di ventura. La finalità dei Partiti della prima Repubblica era collettiva. Quella di questi soggetti, puramente individualistica e tesa all’arricchimento personale: non è una distinzione di poco conto. Allorquando determinate ‘zone grigie’ sono controllate e gestite, esse rimangono tutto sommato entro determinati confini di decenza e di entità. Quando, invece, la corruzione si diffonde come comportamento individuale, essa si allarga a ‘macchia d’olio’ come vera e propria mentalità basata sull’illegalità incontrollata. Di qui, tutti gli scandali di questi ultimi venti anni, basati su comportamenti di singoli personaggi che si accordano tra loro per ‘mungere’ lo Stato e trarne vantaggio personale. Dallo scontro tra idee, principi e alte idealità, si è trascesi in una guerra per ‘bande’; da un capitalismo di aziende ‘raccomandate’, si è finiti nel baratro dell’egoismo qualunquistico, della truffa ‘liberalizzata’, dell’appropriazione indebita e del riciclaggio. Un mondo di arruffoni e pasticcioni, che teorizzano la libertà di iniziativa e d’intrapresa privata con i soldi degli ‘altri’, dei cittadini, dello Stato, in ‘barba’ a ogni principio di sana e libera concorrenza. I meriti di un’operazione finanziaria sono sempre personali, ma il rischio imprenditoriale viene ‘scaricato’ sulla collettività. Tutto questo sta determinando la morte di ogni retorica della grande imprenditoria italiana e dei nostri ‘capitani coraggiosi’. Proprio a Milano ha iniziato a circolare, in questi anni, la frase: “Fare i gay con il ‘culo’ degli altri”. E perdonateci se tale espressione, assai significativa, risulta piuttosto ‘colorita’. In ogni caso, per quanto denaro questa categoria di manigoldi possa aver accumulato, la verità rimane una soltanto: la seconda Repubblica ha finito col coltivare un’accozzaglia di parassiti e di ‘banditi’, di buffoni arricchiti e ‘pidocchi’ rifatti.






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ARBOR - MILANO - Mail - lunedi 19 maggio 2014 18.12
G.le Clelia Moscariello,
evidentemente Lei non ha capito che i tempi per cui dover pagare i caffè (sic!) per avere una pratica sbrigata dovrebbero essere finiti, sono i principi che contano, le pratiche devono essere sbrigate indipendentemente dalle azioni di lubrificanti. I partiti per anni si sono nascosti dietro un dito dicendo che facevano assistenza sociale, e mi sembra che Lei ci creda, mentre invece foraggiavano gli stormi di affamati sodali che hanno portato a tangentopoli. Se non cambiamo registro non usciremo mai da questa palude. Come contribuente non posso accettare che qualcuno si appropri delle mie tasse giustificandosi con corsi di formazione ed altre amenità del genere, forse ci possono credere le anime belle come Lei, ma per me è un furto e chi ruba se scoperto deve pagare.
Cioè oltre a foraggiare i partiti dovrei anche riconoscergli degli extra (in nero) perché mi raccontano di fare cose utili alla società? e se i loro accoliti rubano rimangono solo dei mariuoli, mentre loro rimangono quasi dei benefattori raccontandoci che i soldi li spendono a fin di bene
Vada a fare questi discorsi al contribuente tedesco o svedese e si renderà conto che non ci sono scuse al furto del denaro dei Cittadini, non dei sudditi.
Clelia Moscariello - Napoli - Mail - domenica 18 maggio 2014 22.49
Gentilissimo lettore, per quanto la sua riflessione sia corretta sotto il profilo morale, essa non intacca il fulcro centrale di questa analisi: siamo di fronte alla consueta involuzione degenerativa all'italiana. Come dire: siamo finiti, dalla "padella", nella "brace". Sostanzialmente questo è il concetto dal quale ho ritenuto di dover trarre spunto. Inoltre, sotto il profilo sociologico, non sempre la morale deve per forza coincidere con un equilibrato comportamento civico. Il fatto che determinate aziende foraggiassero, in passato, i Partiti non era grave unicamente sotto il profilo morale: era, soprattutto, una distorsione delle regole di mercato, che dovrebbero esserre quelle di una libera concorrenza, la quale non prevede di certo l'esistenza di forme di economia di "relazione". Tuttavia, anche la finalità di una scorrettezza risulta un fattore valutabile discrezionalmente da un magistrato qualsiasi: se qualcuno, per farle un favore, le sbrigasse una pratica burocraticamente complessa, lei stesso riterrebbe corretto offrire quanto meno un caffè alla persona che le ha evitato una lunga fila o la perdita di una giornata di lavoro. Messa in questi termini, lei stesso può comprendere come il vecchio sistema, tutto sommato, detenesse una propria ragion d'essere, pur tenendo presente come tutto ciò fosse, indubbiamente, una distorsione. Distorsione che, se paragonata all'attualità, potremmo persino farla rientrare in un'ottica di redistribuzione delle risorse a favore di una comunità politica, poiché garantiva, tanto per fare qualche esempio, il pagamento regolare dei tipografi, l'organizzazione di eventi e manifestazioni che assicuravano opportunità di lavoro a svariate categorie di persone, sostenevano scuole di Partito e corsi di formazione per l'amministrazione degli enti pubblici territoriali e locali, affiancavano lo Stato in numerose attività di assistenza sociale. Insomma, le attività dei Partiti della prima Repubblica, sotto svariati profili, giustificavano molto certe "pratiche" e garantivano anche la possibilità di fornire delle risposte immediate a numerosi problemi, compresi quelli di una più corretta selezione della classe politica medesima. Tornando invece ai fatti attuali, siamo pienamente d'accordo con lei nel merito sostanziale della sua domanda conclusiva: anche noi non crediamo che certi "faccendieri attuali" fossero così "distanti" dagli ambienti poltici... La ringrazio per questo commento.
ARBOR - MILANO - Mail - domenica 18 maggio 2014 18.33
Non capisco questo distinguere il furto per conto di un partito e quello per interesse personale. Sono sempre soldi dei cittadini e quindi chi ruba è ladro, si chiami partito o Pinco Pallino, deve andare dentro. A maggior ragione se dice di farlo per interesse collettivo o per motivi ideali, in questo caso il contribuente è truffato due volte.
In ogni caso vogliamo credere alla favoletta che i relativi partiti non sapessero cosa facevano Frigerio e Greganti ? Siamo seri!



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