Clelia MoscarielloSecondo una recente indagine sul gioco d’azzardo nei minori, promossa dalla Società italiana medici pediatri (Simpe) e dall’Osservatorio nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza (Paidòss) almeno 800 mila bambini e adolescenti italiani fra i 10 e i 17 anni giocano: slot machine, scommesse sportive, poker online, fantacalcio. A tal proposito, veniamo a ricordare un buon film della nostra produzione cinematografica nazionale di non molti anni fa, intitolato: ‘Tris di donne e abiti nuziali’. Si tratta di un lavoro di Vincenzo Terracciano con Sergio Castellitto, Martina Gedeck, Paolo Briguglia, Raffaella Rea, Salvatore Cantalupo, Paolo Calabresi, Iaia Forte e Flavio Parenti. Il lungometraggio è ambientato nel folklore napoletano e rappresenta un affresco assai realistico: una sorta di ‘Riso amaro’ dei nostri giorni, in cui i temi predominanti sono, in realtà, il gioco e il matrimonio. Il giorno del matrimonio, infatti, soprattutto al sud rappresenta un simbolo per mostrare agli altri opulenza e sfarzo. E diviene una questione d’onore della famiglia napoletana popolare, rivestendo un valore non soltanto religioso. Nel corso del film, Franco, il protagonista, interpretato da Sergio Castellitto, è “il padre della futura sposa”, Luisa. Franco ha inoltre un figlio cameriere, Giovanni, e una moglie tedesca, Liliana, napoletana d’adozione la quale non fa che pensare a come organizzare nel modo migliore il matrimonio della figlia. Franco è un uomo inconsapevolmente bugiardo, vittima di un meccanismo subdolo e apparentemente innocuo, reso oggi ancor più facilmente abbordabile e che, invece, può voltarti le spalle in ogni momento senza giustificazioni, nascondendosi dietro il nome ammaliante della dea bendata: “la Fortuna”. Franco, in un vortice che non conosce soste, nemmeno di riflessione, gioca a tutto e si giocherà tutto, indipendentemente dalle sue possibilità e indifferentemente dal tipo di gioco. Giocherà, giocherà ancora, senza neppure la scusante di una vera passione, perdendo pian piano, insieme ai suoi risparmi, tutte le sue certezze, così come la sua scommessa principale: più cerca di riscattarsi, più perde denaro, la sua stessa dignità di uomo e ogni credibilità con gli amici, con gli altri giocatori, con la sua famiglia, giungendo fino al punto di giocarsi la sua stessa vita. Un inizio da commedia e un finale tragico fanno trapelare il senso ultimo della pellicola: sembra di assistere a una commedia all’italiana del passato ambientata, però, nei nostri giorni, sullo sfondo dei quartieri alti del Vomero piccolo borghese. Incentivato dallo Stato e in una città superstiziosa quale è Napoli, il ‘vizio’ del gioco diviene, pertanto, una vera e propria disgrazia, che qualcuno dovrebbe farsi lo scrupolo di fermare.


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