Clelia Moscariello“Tutti noi, nella nostra vita quotidiana, abbiamo circa un 50% di eventi fortunati e sfortunati. Solo che c’è chi ama, memorizza e racconta le sfortune e chi le fortune. I primi li capisco, perché quando qualcuno ci racconta i suoi guai noi ci inteneriamo, fingiamo di essere sinceramente contriti e di dargli consolazione; l’altro trova conforto nel farsi consolare e, così, si esercita sempre più a raccontare le proprie sfortune, diventando sempre più bravo. Ma in realtà, con chi usciamo la sera, con chi andiamo vacanza, con chi facciamo società? Con quelli che pensiamo siano fortunati, perché ci raccontano le loro fortune, a cui dedichiamo meno tempo sul momento, ma con cui poi vogliamo stare. Quindi la regola è: memorizzare e raccontare solo il 50% degli eventi fortunati e dimenticare gli altri. Facendo così, vedrete che la gente vi cerca di più, vi invita a cena, vi sposa, fa società con voi, fa business insieme a voi. Conviene essere fortunati e lo si diventa raccontandolo”. Questa la filosofia dell’imprenditore Oscar Farinetti, nuovo ‘maìtre à penser’ dell’Italietta piccolo borghese di provincia. Un esempio classico di positivismo spicciolo. Un ‘congelatore umano’ di dualismi e doppie verità. Perché se della realtà quotidiana cominciamo a raccontare solo le cose positive, quelle negative non scompaiono di certo: restano lì da una parte, rinchiuse in ‘frigorifero’, che dunque le farà durare ancora di più nel tempo. Certamente, da scrittrice e autrice napoletana, sono consapevole dell’antico vizio sofistico, proteso sin quasi alla prolissità, tipico degli abitanti della mia città. Tuttavia, mi sento al contempo cosciente di come una realtà socialmente complessa non possa certo esser sottaciuta, dissimulata, tagliata a metà come un ciocco di legno con l'accetta del boscaiolo. Tra il parlare delle proprie fortune e la descrizione dei propri guai, probabilmente basta solamente un poco di equilibrio comportamentale: quello di una persona normale, di buon senso, sana di mente, in grado di comprendere come una realtà di grandi dimensioni, per esempio gli Stati Uniti, contenga in sé grandi pregi ed enormi difetti, fortune meravigliose e contraddizioni evidenti. Poiché sono proprio le contraddizioni che testimoniano l’umanità più profonda di un popolo, così come quella di ogni singolo individuo. A scendere, una città come Roma affiancherà un patrimonio storico, culturale e architettonico unico al mondo con un’indolenza e un’assoluta mancanza di efficienza nel risolvere con tempistiche decenti i numerosi problemi che la attanagliano. E andando ancor più verso il piccolo, nelle località di provincia si potranno vivere tante simpatiche gioie quotidiane mescolate a qualche piccolo problemino di parcheggio, soprattutto nei giorni di mercato. Cosa possiamo farci, caro Farinetti, scopritore dell’acqua calda? Sotto il profilo dell’analisi sociologica, siamo sul terreno della banalità più assoluta: chiunque sarebbe disposto a mettere la propria firma in calce a una vita semplice, caratterizzata da pochissimi problemi. Ma non sempre questo tipo di serenità ci viene concessa. La verità è una cosa da cercare: non è affatto così ‘automatica’ come la descrive il presidente di ‘Eataly’. Per quanto complessa e difficile da raggiungere, essa rende la nostra vita più vera, poiché fondata sul coraggio: quello di voler approfondire e analizzare i problemi, al fine di aggredirli e superarli, a testa alta e con dignità. Nonostante la denigrazione, diretta o indiretta, di chi è solito mascherare la propria superficialità e incapacità di ascolto con le consuete accuse di pietismo, di ricerca speculativa di compassione, in fin dei conti di opportunismo. La verità, caro Farinetti, dev’essere cercata, lo tenga bene a mente: non è il bottone automatico di un giubbotto che ci ripara dal ‘gelo’ della sterilità morale e valoriale. Altrimenti, che gusto ci sarebbe nel vivere la nostra vita? Faccia il suo mestiere, Farinetti. E si limiti a questo, dato che sembra farlo assai bene. Glielo chiediamo con cortesia e per carità di Patria.


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Pier - Torino - Mail - domenica 23 marzo 2014 8.35
Mamma mia che pistolotto...!
Dopo la letturra, non posso che dire evviva Farinetti.


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