Clelia MoscarielloGiovanissimo stilista partenopeo, Luigi Gaglione si è fatto strada nel mondo della moda con abiti realizzati a mano da un’eccellente sartoria napoletana. Convinto sostenitore del ‘Made in Italy’, realizza vere e proprie opere d’arte traendo ispirazione dai colori della sua terra. Un tratto distintivo con il quale di recente, presso il Teatro nazionale di Cluj Napoca (Romania), ha affiancato grandi stilisti come Gai Mattiolo, Tina Arena e Marina Mansanta al ‘Gran Galà della Moda’, rappresentando l’Italia. Grandi consensi ha suscitato l’abito ‘tricolore’, che rappresentava la bandiera italiana, indossato dalla modella salentina diciassettenne Naomy Citthani. Lo abbiamo incontrato alla ‘Città della Scienza’ di Bagnoli (Na) per capire l’evoluzione dell’alta moda, in Italia e non solo.

Luigi Gaglione, lei è uno dei giovani stilisti che hanno rappresentato il nostro Paese al ‘Gran Galà della Moda’ organizzato lo scorso febbraio al Teatro Nazionale di Cluj Napoca. Oggi è un affermato stilista, sia in Italia, sia all’estero: come ci è riuscito?
“Non era nelle mie ambizioni: è capitato per caso. Ho sempre disegnato e ho avuto l'occasione di proporre una produzione per un concorso nazionale. Lì ho incontrato alcuni manager che mi hanno proposto di disegnare degli abiti per una sfilata in Romania e, prima ancora, per il ‘Gran Galà nazionale della Moda’, rappresentando l’Italia. Tutto è successo per caso, non era voluto”.

Com’è nata la sua passione per il design?

“Io sono nato in una famiglia di incisori di corallo, materia prima nell’economia di Torre del Greco. La vena artistica ereditata dai miei genitori ho saputo proiettarla su carta, forse anche per superare con l’arte vicissitudini adolescenziali particolari. Mi è sempre piaciuta l’architettura e avevo la ‘smania’ di disegnare ovunque andassi. In tutta sincerità, con il lavoro che facevo prima guadagnavo più di adesso ed ero molto più tranquillo. Oggi, ho molte preoccupazioni e un’attività che costa grande fatica dirigere, perché l’alta moda è una nicchia di mercato di cui poche persone possono usufruire. Mi sono dovuto proiettare all’estero proprio per avere un mercato più ampio, per ambire a un qualcosa di più e anche per uscire dalla routine. È successo per caso, ma io ci ho messa la mia arte e tanta, tantissima, buona volontà”.

Ha scelto di lavorare con l’alta sartoria partenopea: per quale motivo?
“Dico sempre che si nasce creativi e si diventa sarti e stilisti. La sartoria italiana è un supporto, un qualcosa di indispensabile, una forza. Io desidero con tutte le mie forze che l’alta moda, sia femminile, sia maschile, si concentri al sud, perché è fondamentale dare alle persone la possibilità avere un’occupazione e di emergere nel loro campo. Credo che l’alta moda nasca al sud e che sia necessario dare la possibilità  a qualcuno di creare la moda”.

Le sue creazioni si ispirano ai colori e agli odori della sua terra: sono questi i punti di forza del suo stile?
“Io vivo in un posto per certi versi ‘tremendo’. Eppure, le sensazioni che ti regala la terra del Vesuvio, i profumi, i sapori, gli odori, i colori che ti dona questa parte d’Italia non li trovi ovunque. Anche l’anima ha bisogno di quei profumi. Napoli è una città unica, nel bene e nel male. E possiede profumi inconfondibili”.

Lei ribadisce il valore del ‘Made in Italy’: anche la moda sta vivendo la crisi?
“C’è un grande caos tra gli stilisti. Per me, l’alta moda, lo stilista e gli altri  pseudo-sarti sono coloro che si circondano di persone valide, dalla sarta alla ricamatrice. Lo stilista deve essere in grado di far emergere quello che di meglio sanno fare questi artigiani, rendendo il proprio stile unico, universale. È grazie alla sua creatività se emerge il meglio del potenziale che esiste in loro. E l’opportunità di farlo esiste per tutti. Io sono profondamente convinto che  ‘volere è potere’: è solo una questione di buona volontà”.

Può spiegarci la situazione attuale dal punto di vista degli stilisti, emergenti e non? La moda può servire ad agganciare la ripresa?
“La crisi fa paura a tutti, ma chiudersi in casa e curare i propri interessi non aiuta nessuno: aiuta soltanto se stessi. Come imprenditore penso che trainare la ripresa economica dell’Italia sia un mio dovere, anche se non guadagno niente. È nostra responsabilità, al pari del farsi portavoce nei confronti del Governo, perché è necessaria la sua presenza tra la gente, tra gli artisti. Ci sono molte persone in difficoltà e molte che sperano in un futuro migliore. Io cerco di fare del mio meglio per essere, io per primo, creatore di quel ‘domani’ e garantire loro la sicurezza di un lavoro. La ripresa economica sta nell’orgoglio, nel credere nelle proprie forze: non fa niente se si guadagna poco all’inizio. Per uscire dalla crisi si deve pensare che non tutti possono fare gli stilisti, i sarti, i modelli o gli artisti. Io credo che sia ormai d’obbligo uscire da quel pensiero che ci è stato tramandato dagli anni ’70 del secolo scorso, con l’industrializzazione: esiste nella società il forte bisogno di un ritorno all’artigianato. Oggi, trovare una sarta è un enigma, se non una pazzia. Quelle che ci sono lavorano in ‘nero’ e quelle che trovi in regola sono da valutare: non è più come una volta, è cambiato un po’ tutto. L’alta moda, ricordiamocelo, non è per tutti, questo bisogna farlo capire a certe mamme che vogliono trasformare le proprie figlie in modelle a tutti i costi. Esistono donne belle con una 46: la femminilità non si misura per mezzo di una ‘taglia’. Io spero vivamente che si ritorni a fare dell’artigianato,: è questa la chiave per uscire dalla crisi”.

Ma il costo del lavoro in Italia è un problema: come la mettiamo?
"L’alta moda è più costosa proprio perché richiede una lavorazione accurata. All’estero, la qualità del ‘Made in Italy’ viene percepita e il prezzo non è un problema. L’idea della commercializzazione di un prodotto, venduto per tutti allo stesso prezzo, è una ‘sfalsatura’ del mercato, una deriva del capitalismo. Da noi si dice: quanto spendi, tanto vale”.

E cosa pensa del ‘Made in China’ o dei grandi stilisti che delocalizzano la produzione?
“Per me è giusto che lavorino anche i cinesi, che producano. Non ritengo giusto, però, che l’alta moda produca in Cina per fuggire dai problemi dell’Italia. Il problema vero è il falso prodotto italiano: si tratta di una vera e propria  truffa, perché ci sono persone che lavorano dalla mattina alla sera e poi arrivano stilisti  che producono in Romania o in Polonia e ci mettono il marchio: ‘Made in Italy’. Questo capita, purtroppo. E non è giusto”.

Naomy Citthani è una delle modelle che sfilano per lei: cosa si deve avere per essere selezionata dal suo casting?
“Naomi è una bravissima ragazza, molto intelligente, che ha saputo farsi strada. Ci tengo a parlare anche di Ines Trocchia, una fotomodella che è partita con me e che ha rappresentato una ‘scommessa’, poiché non è molto alta. Io l’ho scelta vedendo una sua foto su Facebook e, dopo, le si è aperto tutto un mondo. Ines Trocchia ha talento, sta bene sullo schermo, non ha l’altezza che l’aiuta, ma attualmente, come fotomodella, è la scoperta del sud ed è un mio ‘orgoglio’. Vederla in alcune pubblicità per me è stata una gioia immensa. Per quanto riguardai i casting, l’altezza mi interessa relativamente: per me sono rilevanti la femminilità di una donna, il modo in cui si muove e si esprime, il portamento, il suo cervello. Il  resto passa inosservato”.

I suoi prossimi progetti?
“Io credo che l’alta moda sia a Napoli, perché la classe è qui. Spero di andare in autunno a Parigi. La capitale francese è il mio sogno: a Roma, finita la sfilata non c’è nessuno che ti aspetta, non ci sono compratori. Parigi, invece, è pazzesca: i buyers ti aspettano, tutto è diverso, si muove l’economia. Parigi è una città come Napoli: in continuo movimento”.




(intervista tratta dal sito www.periodicoitalianomagazine.it)
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