Clelia Moscariello“Immaturi, il viaggio”, dal 4 gennaio nei cinema italiani, è una gradevole commedia frizzante e piena di ritmo di Paolo Genovese con un cast d’eccezione: Raoul Bova (Giorgio), Ambra Angiolini, (Francesca) Ricky Memphis (Lorenzo), Luca Bizzarri (Piero) e Paolo Kessisoglu (Virgilio). Il film precedente, “Immaturi”, prendeva spunto da un furbo e surreale escamotage, complice la giornalista del Tg5, Cesara Buonamici, la quale annunciava che per 26 alunni di un liceo romano era stato annullato l’esame di maturità dopo ben 20 anni. I malcapitati si ritrovavano solo a studiare? Dopo il panico iniziale, non sarà proprio così, perché tra nevrosi, insoddisfazioni e insicurezze, i personaggi di questa spassosa pellicola sono costretti a mettere in discussione se stessi, le proprie vite, le proprie sicurezze, a volte false, create solo per mascherare l’incapacità di crescere e di compiere delle scelte. Infine, come pretesto finale, sono costretti nuovamente a superare il fatidico esame di maturità. Si trattò, insomma, di un interessante ‘film-specchio’ di una generazione, la cosiddetta ‘Generazione X’, che non è mai stata ‘messa a fuoco’, sia perché non ha vissuto né le guerre né il ’68, sia per il fatto di essere cresciuta nell’opulenza per poi affrontare la triste realtà della precarietà del lavoro o, peggio ancora, della disoccupazione, che come conseguenza genera incertezze e instabilità che si ripercuotono anche nella vita sentimentale. I protagonisti di questa prova sono insomma messi nelle condizioni di compiere finalmente delle scelte, di far sbocciare amori platonici sopiti sui banchi di scuola, di affrontare l’idea di avere un figlio, oppure di dover scegliere tra la moglie e l’amante. “Immaturi il viaggio” parte, perciò, dal pretesto del vecchio ‘sogno’ del viaggio di maturità in Grecia sempre rimandato e finalmente organizzato con tutto il gruppo di amici ed eventuali partner. Ed è proprio l’elemento del viaggio a dare colore e ulteriori spunti a questo gruppo ben assortito, per rivelare, ancora una volta, tradimenti fino ad allora nascosti, per smascherare bugie, per ammettere con se stessi e con gli altri di avere una malattia per poi combatterla con la grinta necessaria. Infine, per avere il coraggio di crescere e di ammettere che, forse, l’età anagrafica non coincide con quella della maturità personale. C’è anche da dire che, ai suoi personaggi, Genovese concede sempre un’ultima chance, non li guarda mai con severità, bensì con una certa indulgenza, strizzando talvolta l’occhio a questi ‘immaturi’. Ma ciò solo al fine di regalarci un sorriso, poiché probabilmente non si finisce davvero mai di crescere.


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