Vittorio LussanaDa laico non mi sono mai sentito disturbato dalla presenza di un crocifisso esposto in un qualsiasi edificio pubblico. Ed è per questo motivo che comprendo e rispetto i sentimenti di quei cittadini di religione cattolica rimasti negativamente colpiti dalla decisione della Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo, anche per il portato valoriale di altissimo sacrificio altruistico rappresentato dal simbolo della croce. Tuttavia, bisogna anche rilevare come, dalla revisione del Concordato del 1984, la religione cattolica abbia ormai perso il proprio ‘status’ di credenza ufficiale della Repubblica italiana e che, giuridicamente, la sentenza di Strasburgo possiede una propria ‘ratio’ tendente ad escludere, soprattutto nei luoghi preposti alle attività didattiche ed educative, ogni forma di condizionamento mistico o moralistico nei confronti di chi possiede impostazioni e valori spirituali diversi. Nei luoghi in cui si insegna la cultura di un Paese, una qualsiasi simbologia religiosa può infatti rappresentare un richiamo generalista verso un’oggettività antiscientifica, poiché la vera ricchezza spirituale di una Nazione, le sue tradizioni e i suoi valori di fondo, in realtà corrispondono alla ‘ponderazione’ di distinte culture storiche, politiche, filosofiche e religiose, ciascuna delle quali dotata di una propria dinamica evolutiva. La cultura complessiva di un Paese, insomma, non corrisponde fotograficamente ad una sola tradizione, per quanto maggioritaria questa possa essere. Ripercorrendo alcune tappe della storia della laicità diviene perciò necessario riconoscere che essa si è via via arricchita di nuovi contenuti, che continua ad estendersi in senso pluralistico attraverso un sotterraneo processo di depurazione ideologica e di trasformazioni sociali. Tale processo riguarda in modo preminente la nuova natura della nostra società e dello Stato. Ma la laicità non deve essere intesa né come una nuova ideologia, né in un senso puramente garantista, anche se il tema del rispetto dei diritti di tutti - gruppi, persone, comunità e religioni - rimane una sua componente fondamentale. Questa nuova ‘laicità europea’ deve saper svolgere innovative funzioni di promozione sociale e culturale. E tale indirizzo dovrà riguardare anche la Chiesa cattolica, in modo da consolidare al suo interno auspicabili fenomeni di declericalizzazione e di liberalizzazione, sia sul piano politico, sia su quello culturale. Affermo ciò per due ordini di motivi: a) per evitare l’illusione che, dopo la sentenza di Strasburgo, i contenuti della laicità possano cominciare ad essere considerati un dato scontato o definitivamente acquisito; b) per esortare tutti a constatare con maggior lucidità come la sola categoria della laicità risulti spesso inadeguata ad affrontare con vigore le grandi questioni imposte dalla modernità, poiché storicamente troppo connessa ad una plurisecolare vicenda di lotte tra Stato e Chiesa e non sempre in grado di rappresentare appieno i problemi emergenti di una realtà sociale in cui tutto viene confuso attraverso subdole metodologie di indifferentismo morale o massicce manipolazioni delle coscienze. La laicità in quanto rispetto per i valori umani di cui tutti siamo portatori non può vivere nelle acque stagnanti del conformismo di massa ed è perennemente minacciata dalle intolleranze ideologiche, demagogiche e populiste: se è vero che molti cattolici starebbero riscoprendo il valore cristiano della laicità, da tali minacce essi devono dunque cominciare a difenderla. Senza ipocrisie o pressappochismi.




(articolo tratto dal web magazine www.periodicoitaliano.info)
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Regina - Fano Italia - Mail - mercoledi 2 dicembre 2009 18.12
La Corte Europea dei diritti dell'uomo ha finalmente stabilito un punto fermo: la rimozione del crocifisso dai luoghi pubblici; infatti, con quest'aria che tira di multiculture, non è il caso di ostentare un simbolo che non rappresenta la totalità della gente ospitata dal nostro Paese, e nemmeno la maggioranza, poiché basta interrogare (anche superficialmente) una persona sedicente cattolica che si scopre immediatamente che non conosce nemmeno i fondamenti della religione che dice di professare!
Ma, se anche di maggioranza si tratta, i simboli religiosi debbono rimanere nelle chiese, se veramente l’Italia è laica, ossia rispettosa di ogni credo ma, proprio per questo, non osannante a nessuno.
Sarebbe, infatti, ridicolo, antieducativo ed antieconomico accogliere sulle pareti tutti i simboli delle varie religioni professate dai possibili utenti di ogni struttura pubblica.
Se, poi, si vuole continuare a parlare di radici della cultura europea, ribadisco che, in un’epoca di così forte globalizzazione,le vere radici sono le antiche civiltà, quali Mesopotamia ed Egitto.
Se, invece, ciascuno vuole fermarsi dove desidera, nel porre limiti a quelle radici, allora credo che tutti possano convenire che la cultura europea, ed in special modo quella italiana, ha perfette radici nella Grecia antica, politeista e di grande tradizione filosofica!
Non so a che punto sia la questione. So solo che non se ne sente più parlare.
I crocifissi sono ancora lì e nessuno osa riporli.
La Corte Europea dovrà aspettare qualche altro millennio, perché le sue decisioni abbiano applicazione, nella nostra bella terra, ambiguamente laica e dubbiosamente libera da condizionamenti?


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