Una domanda agli ex sessantottini che oggi si sono riciclati businessman e lobbisti dell’industria del cibo biologico e che, con qualche conflitto d’interesse, hanno lanciato anatemi contro quei parassiti degli scienziati inglesi che hanno semplicemente ridimostrato quello che si sapeva da dieci anni: cioè che i cosiddetti cibi naturali non sono nutrizionalmente migliori di quelli tradizionali. Non è che gli 8 milioni di italiani che, secondo un sondaggio Coldiretti - Swg, provano almeno una volta all’anno un prodotto naturale, penseranno di avere più diritti o di essere moralmente migliori degli 8 milioni di italiani che secondo l’Istat vivono in povertà? Magari perché questi ultimi non si possono permettere di consumare quello che prescrive il dottor Petrini, dato che costa almeno il 30% in più e loro non ce la fanno neppure ad arrivare alla fine del mese, andando a fare spesa nei discount. Vogliamo dire che gli 8 milioni di italiani poveri prodotti da una classe politica incompetente hanno almeno gli stessi diritti di chi può permettersi i sapori e le atmosfere delle catene di slow food, o una cena nel ristorante di Vissani? Se siamo d’accordo su questo punto, allora diciamo che sulla materia cibo e agricoltura in Italia le cose stanno più o meno come segue. Ci sono prove scientifiche incontrovertibili non solo che i cibi biologici non sono più sani, ma anche che i cosiddetti organismi geneticamente modificati non sono più pericolosi di quelli convenzionali. L’Ue ha pagato 70 milioni di euro per studiare la sicurezza degli ogm. E ha concluso che i rischi per la salute e l’ambiente non sono superiori a quelli normalmente accettati. Ci sono dati epidemiologici da cui si evince che il consumo di cibi biologici aumenta significativamente il rischio di intossicazioni alimentari, da batteri e micotossine. Ma se uno vuole correre il rischio, deve essere libero di farlo. Possibilmente senza che chi crea questo rischio abbia anche il sostegno dello Stato, che dovrebbe in realtà tutelare la salute. Esistono studi economici e agronomici i quali dicono che i coltivatori italiani di mais perdono circa 200 euro per ettaro a causa del fatto che non possono coltivare mais ogm, che in quasi tutto il mondo, tranne alcuni Paesi europei, fanno progredire l’economia. La resa del mais in Italia non è aumentata come nei Paesi in cui è stato coltivato mais ogm e, quest’anno, si ridurrà ulteriormente a causa dell’infestazione da ‘diabrotica’, mentre sono cresciute le infestazioni fungine dei mais tradizionali, che producono micotossine pericolose che, tutti noi, mangiamo. Nessuno, che non sia accecato dall’ideologia e dal pregiudizio, può negare la straordinaria opportunità che gli ogm rappresentano per salvare alcuni prodotti tipici nostrani, che stanno scomparendo perché non resistono più ai parassiti, mentre una banale ingegnerizzazione genetica li salverebbe senza comprometterne le qualità organolettiche e senza rischi per la salute e l’ambiente. In tal senso è scandaloso che il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, abbia finanziato con 400 mila euro la Fondazione Diritti Genetici di Mario Capanna, nonostante una commissione guidata dallo scienziato Ferdinando Aiuti avesse giudicato privi di ragionevolezza i progetti sottoposti dalla Fondazione. Quei soldi saranno spesi per fare propaganda contro gli ogm, quindi per avvantaggiare quell’economia agricola e alimentare di ‘nicchia’, e per snob arricchiti, che è l’agricoltura biologica. Ovvero per metter ancora più in difficoltà un’agricoltura modernizzata che consentirebbe di commerciare cibo di qualità a un prezzo più basso e, quindi, anche più accessibile a chi è povero. Bene, nessun problema che Petrini e Capanna portino avanti le loro stupidaggini se gli agricoltori che non fanno il biologico, che peraltro sono la maggioranza, fossero liberi di coltivare come gli conviene fare, nel rispetto delle leggi di tutela della salute, naturalmente. In altre parole, se la stessa libertà di cui godono gli agricoltori biologici fosse concessa anche a chi vuole coltivare ogm. Infatti, perché mai gli agricoltori che coltivano biologico, che appunto non è più sano, né più sicuro e ha un maggior impatto ambientale, devono godere di protezioni politiche ed economiche? Mentre quelli che vorrebbero produrre di più, con meno impatto ambientale e più sicurezza devono essere penalizzati? Come mai, nonostante tutte le inchieste fatte nel nordest dimostrino che più del 55% degli agricoltori di quelle aree sarebbe pronti a coltivare mais ogm, non si lascia loro libertà di farlo su terreni che sono peraltro di loro proprietà? Forse potrebbe rispondere Coldiretti? O il ministro Zaia? Comunque, mi sembra che la Costituzione dica che se non ci sono prove che un’attività economica è pericolosa, non la si può vietare. Naturalmente i politici italiani non si documentano e non hanno capito che il vento sta girando in varie parti d’Europa per quanto riguarda l’atteggiamento verso gli ogm. Petrini & soci dicono che se si offre ai consumatori la possibilità di scegliere tra naturale e convenzionale, la scelta cadrebbe sui cibi biologici. Ovvero che chi si mettesse a produrre cibo ogm fallirebbe. Ebbene, ciò è falso: esistono diverse indagini finanziate dall’Unione Europea, e anche sondaggi di mercato condotti in Gran Bretagna, che dimostrano come la variabile più significativa nel determinare la scelta sia il prezzo. Il che mi pare anche sensato, dati i tempi che corrono. Di conseguenza, alcune catene di supermercati britannici hanno già deciso offrire sugli scaffali prodotti ogm accanto a quelli naturali. E’ chiaro che con questa classe politica, di destra o di sinistra, l’Italia perderà anche questo treno. E mentre continueranno ad aumentare i poveri, in Italia, presto tornerà ad aumentare anche il prezzo degli alimenti. Con soddisfazione, immagino, per gli ex ‘katanga’ e ‘fricchettoni’ sessantottini e post sessantottini. Alla faccia degli ideali di eguaglianza economica nel nome dei quali volevano incendiare il mondo.
(articolo tratto dal quotidiano 'l'Altro')