Sono passati 60 anni da quel 19 febbraio 1949, data di inizio della pubblicazione del settimanale liberale ‘Il Mondo’, creatura cogitata e diretta da Mario Pannunzio, già direttore di ‘Risorgimento Liberale’, il giornale ‘dissidente’ che più e meglio di ogni altro denunciò le angherie di fascisti prima e di comunisti poi. Il Centro Pannunzio di Torino, fondato da Arrigo Olivetti ed altri collaboratori di Pannunzio nel 1968, è oggi l’unico autentico erede e custode della cultura ‘pannunziana’. Questo sarebbe bene sottolinearlo per chi non ne fosse a conoscenza ed anche a chi parla di Mario Pannunzio a sproposito, attribuendosene la tradizione. E così, a 60 anni dalla storica data di fondazione de ‘Il Mondo’, il prof. Pier Franco Quaglieni - attuale Presidente del Centro Pannunzio - ci regala un raro testo sull’argomento. Il suo ‘Liberali puri e duri – Pannunzio e la sua eredità’, edito da Genesi, è una vera e propria antologia di ricordi senza ‘peli sulla lingua’ e di scritti di autorevoli giornalisti, scrittori ed autori vari che con ‘Il Mondo’ collaborarono. Il libro del professor Quaglieni, amico e discepolo di Pannunzio, traccia dunque un quadro limpido e cristallino del giornalista liberale lucchese, delle sue battaglie e del suo spirito autenticamente schietto e progressista. Il tutto con la prefazione del deputato europeo già eletto con il Partito repubblicano italiano - ed oggi con il PdL - Jas Gawronski. Quaglieni restituisce nuova luce a questa tradizione culturale e politica di liberali ‘duri e puri’ (come la definì il repubblicano Francesco Compagna). Liberali ‘duri e puri’ che certo non sono stati i precursori del Partito radicale di Marco Pannella, come spiega lo stesso Quaglieni, in quanto il Partito radicale dei liberali e dei democratici fondato dagli ‘Amici de Il Mondo’ era ben altra cosa. Così come la tradizione di Pannunzio e dei ‘pannunziani’ si rifaceva in toto a Benedetto Croce e non già a certo ‘azionismo’ vicino agli ambienti giacobini e comunisti. Inoltre, il professor Quaglieni sfata il mito secondo il quale il quotidiano ‘la Repubblica’ sia erede de ‘Il Mondo’, così come lo sia lo stesso direttore storico, Eugenio Scalfari. Quaglieni ricorda quest’ultimo come giovane frequentatore del gruppo dei liberali ‘pannunziani’, ma poco dopo ‘amico’ dei comunisti, al punto che lo stesso Pannunzio – prima di morire – diede disposizione ad un amico di vietare a Scalfari di partecipare al suo funerale. Da sottolineare come molti autorevoli collaboratori de ‘Il Mondo’ avessero infatti scelto, negli anni successivi, di collaborare con il quotidiano ‘Il Giornale’, con una linea editoriale non a caso distante da quella de ‘la Repubblica’. Mario Pannunzio ed i suoi liberali ‘duri e puri’ erano infatti intransigentemente e laicamente antifascisti ed anticomunisti allo stesso tempo e, per questo, invisi al Partito comunista e ai suoi accoliti, da loro definiti con spregio: “Visi pallidi”. Eppur fu questa tradizione, che va da Salvemini ad Ernesto Rossi, passando per Nicolò Carandini, Aldo Garosci, Leo Valiani, Giovanni Spadolini, Ugo La Malfa, Vittorio De Caprariis e molti altri, che combattè contro i monopoli, la speculazione edilizia, l’influenza del dogma ecclesiastico nelle leggi dello Stato, i privilegi delle corporazioni e i ‘poteri forti’: battaglie difficili e combattute da un’esigua minoranza di intellettuali. Una minoranza tuttavia consapevole della situazione dell’Italia di allora, che non è poi diversa da quella di oggi (con la differenza che, oggi, gli intellettuali e la cultura politica vera scarseggiano in ogni dove). Ed ecco che il saggio del professor Quaglieni, oltre a ripercorrere le tappe della vita giornalistica, politica e culturale di Mario Pannunzio, è una vera e propria antologia di figure di liberali che segnarono la vita stessa del giornale ‘Il Mondo’: da Benedetto Croce – padre nobile del Partito liberale italiano – a Carlo Antoni, Vittorio De Caprariis, Rosario Romeo, Ennio Flaiano, Nicolò Carandini, Arrigo Olivetti, Mario Soldati, Giovanni Spadolini e molti altri grandi nomi che fecero - ciascuno nel suo specifico campo – dell’Italia un Paese migliore (oggi, francamente, facciamo assai fatica a scorgerne dello stesso calibro: quelli che ci sono, per la maggior parte, sono emigrati all’estero e non li biasimiamo…). Nella seconda parte del libro di Quaglieni, troviamo una serie di articoli di amici di Pannunzio che lo ricordano. Degni di nota gli interventi di Indro Montanelli, che lo elogia sottolineando anche le grandi differenze fra loro due (fra cui il fatto che Montanelli fu fiero fascista, mente Pannunzio non lo fu mai). Il volume è inoltre impreziosito da moltissime foto d’epoca che ricordano quella stagione, oltreché da foto più recenti con coloro i quali in questi anni hanno ricevuto il premio intitolato a Mario Pannunzio (fra questi lo stesso Montanelli, Giorgio Forattini, Sergio Romano, Antonio Ricci e molti altri). Degne di nota anche le simpatiche vignette satiriche di Mino Maccari, di Amerigo Bartoli e dell’immancabile Forattini (assolutamente caustica quella in cui viene ritratto un Pannunzio che “fa la carità” a Eugenio Scalfari). Da segnalare il lungo articolo di Tiziana Conti ed Anna Ricotti dal titolo ‘Il Centro Pannunzio: quarant’anni fuori dai cori’, che ripercorre la storia del Centro, con la sua cultura saldamente liberaldemocratica e le sue iniziative presenti e future. Questo è decisamente l’anno di Mario Pannunzio e delle sue ‘creature’: dal saggio di Massimo Teodori, a quello della professoressa Mirella Serri e, oggi, a quello di Pier Franco Quaglieni, abbiamo la possibilità di leggere e approfondire una figura assai vilipesa dall’egemonia culturale – proveniente dalle file marxiste e cattoliche - imposta all’Italia dal dopoguerra ad oggi. E’ ora di ricordare la nostra migliore tradizione liberaldemocratica, che è anche quella che ha permesso al nostro Paese di rimanere ancorato all’occidente democratico e di resistere alle tentazioni clericali provenienti dal Vaticano (per mezzo dei partiti laici più vicini alla cultura ‘pannunziana’ come il Pli, il Pri e il Psi di Bettino Craxi, che riprese il concetto di “socialismo liberale”). Se oggi ciò sarà ancora possibile, avverrà anche grazie a tutti coloro i quali avranno il coraggio di continuare questa tradizione di libertà, andando oltre le semplicistiche categorie: ‘destra’ e ‘sinistra’.