Vittorio Craxi

Sono innanzitutto politiche le ragioni della fine dell’esecutivo Prodi, che aveva l’obiettivo di risanare il Paese dando vita ad un programma di stampo genericamente progressista e ad un governo che battesse le destre. Forze politicamente eterogenee hanno dato vita ad una stagione politica che si è ormai conclusa, sul piano formale, ma che da diverso tempo denunciava tutta la sua precarietà ed instabilità strutturale. A dare il ‘colpo di grazia’ sostanzialmente due eventi, politicamente decisivi: la nascita del Partito Democratico e la conseguente disgregazione dei due maggiori partiti, Ds e Margherita, che hanno prodotto, in particolare al Senato della Repubblica, ‘microformazioni’ decisive per l’abbattimento del governo; l’attivismo politico del neosegretario del Pd su un terreno di riforme elettorali da condividere con il capo dell’opposizione, che ha irritato non poco gli alleati di governo. Un’irritazione culminata con il ritiro del sostegno politico alla maggioranza da parte di Mastella, colpito al cuore dall’ennesima iniziativa giudiziaria a sfondo politico giunta a coronamento di una fase di indebolimento del quadro politico generale e a compimento di una fortissima campagna di delegittimazione della politica, dei politici e dei partiti, i quali hanno trovato nel ‘caso Mastella’ la prova concreta (se mai fosse dovuta servire) che la stagione della corrosione del sistema politico è proseguita anche nella Seconda Repubblica e che, nella debolezza generale, la Magistratura, potere autonomo, a quindici anni dalla cosiddetta “Rivoluzione italiana”, continua ad esercitare un ruolo politico nella vita democratica del Paese. Tralascio, naturalmente, la molteplicità di episodi che, nell’ultimo mese, hanno caratterizzato la vita sociale italiana (la questione cattolica e l’emergenza meridionale, rifiuti e criminalità) indebolendo il quadro politico ed oscurando completamente anche i risultati pratici ottenuti dal governo, che non sono mancati sia nel risanamento parziale dei conti dello Stato, sia nella ripresa di credibilità internazionale e nell’aver incominciato a dar vita ad una seria riflessione ed azione sul welfare. Troppo poco per fornire alla coalizione le condizioni essenziali affinché ci si potesse autodefinire un centrosinistra moderno e riformista. E non è valsa nemmeno la caparbietà, giunta fino all’estremo, di un premier scelto prima dalla coalizione e poi dai cittadini, che ha deciso la ‘parlamentarizzazione’ della crisi scegliendo la via istituzionale migliore per fotografare il quadro politico entro il quale ha vissuto il nostro Paese. Un quadro di crisi di sistema, che ha prodotto una larga maggioranza politica alla Camera dei Deputati ed una sostanziale sconfitta al Senato, dove opportunisti, trasformisti e vittime dei giustizialisti si sono uniti ad una destra fino a ieri divisa e, oggi, pronta a scendere in campo per ereditare il governo del Paese. Fin qui, la mia modesta cronaca. Conscio di aver svolto, fuori dall’Italia e per il Paese, un’azione preziosa di supporto ai nostri ambiziosi obiettivi di politica estera (uno dei quali, l’Expo per Milano nel 2015, resta ancora in piedi, così come resterà, spero, nella memoria, il nostro successo alle Nazioni Unite sulla moratoria della pena di morte a cui ho portato il mio personale contributo), credo che oggi l’impegno dei socialisti che hanno dato vita alla Costituente sia quello di mantenere fede al proprio obiettivo: il rilancio di un’autonoma posizione riformista nella sinistra italiana, che tenga sempre conto degli interessi generali della nazione.




Sottosegretario di Stato agli Affari esteri
(articolo tratto dal blog di comunicazione politica www.bobocraxi.it)
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